Negli ultimi dieci anni, il tessuto produttivo torinese ha vissuto una trasformazione profonda: mentre 30.749 imprese locali hanno chiuso i battenti, nello stesso periodo sono nate 9.313 nuove attività a guida straniera. A rivelarlo è il dossier “Ad aprire le imprese sono rimasti solo gli stranieri. O quasi”, realizzato dalla CGIA di Mestre e rilanciato da Confartigianato Torino.
Con 34.777 aziende straniere attive, Torino si posiziona al quarto posto nella classifica nazionale per presenza imprenditoriale straniera, dopo Milano (92.168), Roma (69.343) e Napoli (51.302). Secondo Dino De Santis, presidente di Confartigianato Torino, “si tratta di un movimento in progressiva espansione che non si limita a un dato numerico, ma riflette una trasformazione settoriale rilevante. L’impresa è uno strumento di integrazione economica e sociale, ma serve anche governare i flussi e non subirli”.
Per De Santis, è cruciale investire su formazione e supporto all’avvio d’impresa, con un ruolo attivo delle associazioni di categoria. “Valorizzare le imprese straniere – sottolinea – significa anche far emergere le sacche di illegalità, combattere il lavoro nero e la contraffazione, che danneggiano tutti, a partire dalle imprese regolari torinesi, italiane o straniere”.
Secondo l’analisi settoriale nazionale di Confartigianato, nel 2024 i cittadini stranieri rappresentano l’8,9% della popolazione residente italiana, con 2,3 milioni di occupati tra i 15 e i 64 anni (pari al 10,1% del totale). Le imprese prevedono che quasi il 20% delle nuove entrate sarà coperto da lavoratori immigrati, ma con una difficoltà di reperimento del 54,8%. Nei prossimi quattro anni, oltre il 21% del fabbisogno occupazionale sarà colmato da lavoratori stranieri.
A livello imprenditoriale, il 6,5% dei lavoratori indipendenti in Italia è straniero, con una quota extra UE pari al 4,9%, superiore alla media UE del 4,5%. I principali paesi d’origine sono Romania (10,1%), Cina (10%), Marocco (8,4%), Albania (8,2%) e Bangladesh (4,8%).
Nel settore privato non agricolo, i dipendenti stranieri costituiscono il 14,7% del totale, con valori simili anche tra gli apprendisti. Nei sei contratti di lavoro maggiori siglati da Confartigianato, la quota di dipendenti stranieri raggiunge il 24,8%, a fronte del 16% medio dei 27 contratti principali.
Dati che, secondo Confartigianato, evidenziano la necessità di politiche inclusive e una gestione ordinata dei flussi migratori, per rispondere alla carenza di manodopera e contrastare il declino demografico. “La vera sfida – conclude De Santis – è non sprecare questo potenziale, promuovendo legalità, formazione e integrazione”.
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