Management al femminile: la sfida culturale per nuove leadership – Il paese delle donne on line


I dati li ha ricordati Diletta Capissi introducendo l’incontro: le donne rappresentano il 36% dei manager, un dato in crescita, se confrontato con i livelli del 2011, della presenza delle donne nei consigli di amministrazione, il 7%; le imprese femminili in Italia sono circa il 19% del totale. Quanto in questi progressi è da attribuire alla legge che dal 2011 promuove l’equilibrio di genere nei board delle aziende? La Legge Golfo-Mosca (n. 120 del 2011) ha introdotto l’obbligo di quote di genere nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle società quotate in mercati regolamentati e di quelle controllate da pubbliche amministrazioni. Sicuramente la rappresentanza femminile si è avvantaggiata, grazie alla legge, ma sono ancora molti i motivi che frenano il raggiungimento della parità nella direzione delle aziende. 

I motivi del gap sono soprattutto di ordine culturale e sociale, su questo l’accordo è stato unanime, mentre sulla qualità della leadership femminile, sui suoi connotati e sul suo valore di differenza la spaccatura è netta tra chi, per età, tende a sottolineare l’utilità delle politiche di riequilibrio e chi, più giovane, pur ribadendo l’utilità di politiche inclusive, tende a sottolineare il valore “neutro” della leadership. Più volte, sia Rosanna Spanò (ricercatrice di economia e coautrice con Roberto Vona del libro Imprese visionarie che narra esempi di best practice in Campania) che Claudia Perillo, giovane imprenditrice e amministratrice di Biotech – Gruppo SVAS hanno sottolineato la trasversalità del valore della leadership: si è o non si è leader, hanno detto, indipendentemente dal genere.

Eppure, se crescita del numero delle donne manager c’è stata, sicuramente la formazione universitaria che ha puntato sulla valorizzazione del talento delle donne ha avuto un ruolo non trascurabile. Esempi concreti di donne che ce l’hanno fatta sono il cuore della formazione che, ad esempio, caratterizza il progetto  “Make IT a Case” illustrato da Arabella Mocciaro Li Destri, docente di economia e presidente di SIMA (Società Italiana di Management). Si tratta di una competizione nazionale della SIMA rivolta e studenti e studentesse dei corsi universitari di management che coinvolge 62 università all’anno. L’edizione 2024-2025 del contest si svolge in collaborazione con Invitalia, l’Agenzia Nazionale per l’attrazione degli Investimenti ed è finanziata dal PNRR e punta a innalzare il livello di partecipazione delle donne nel mercato del lavoro e sostenerne la partecipazione ad attività imprenditoriali.  Le carenze concrete del welfare, in Italia, restano un fattore decisivo, però, per frenare la spinta della crescita femminile nei ruoli direzionali. 

Di esperienze concrete ha anche parlato Maria Colurcio, docente di economia nell’Università Magna Grecia di Catanzaro. Uno studio recente, ha raccontato, ha focalizzato l’attenzione sull’influenza delle donne nelle decisioni. Non si tratta solo di presenza, quindi. La ricerca condotta ha dimostrato che una maggiore presenza femminile nei luoghi decisionali delle aziende esaminate ha portato a un incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo, segno che l’equilibrio di genere può essere anche una leva strategica per l’intero Paese.  Le quote rosa sono state necessarie per aprire una breccia, responsabilità attuale è di garantire la breccia si apra sempre di più e che grazie anche a una cultura inclusiva tante e tanti giovani riescano ad accedere ai ruoli apicali.

 

 



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