A che punto è la Strategia nazionale per l’economia circolare?


A che punto è la Strategia nazionale per l’economia circolare? In breve: siamo solo agli inizi, mancano le riforme più incisive e gli obiettivi completati riguardano solo porzioni preliminari di misure più ampie o sono fasi iniziali di processi normativi e amministrativi che richiedono ancora attuazione piena e concreta. È quello che emerge sfogliando l’aggiornamento pubblicato recentemente sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, “Stato di attuazione e aggiornamento del cronoprogramma della Strategia Nazionale per l’Economia Circolare”, collegato al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

La Strategia nazionale per l’economia circolare, spiega il ministero dell’Ambiente, “è un documento programmatico all’interno del quale sono individuate le azioni, gli obiettivi e le misure che si intendono perseguire nella definizione delle politiche istituzionali volte ad assicurare un’effettiva transizione verso un’economia di tipo circolare”. A leggere la lista degli obiettivi “attivati” o “completati” la situazione sembrerebbe molto positiva: dei 104 target contenuti nel piano, 65 sono stati completati, 24 sono in corso di attuazione e 15 sono ancora da attuare entro le scadenze.

Target completati della Strategia: è davvero così?

La realtà, però, è diversa perché tra i target completati figurano la pubblicazioni di decreti, che richiedono ulteriori misure attuative, la definizioni di criteri e linee guida e l’istituzione di osservatori e piattaforme. Sicuramente sono misure necessarie ma non sufficienti e bisogna vedere, adesso, se il governo riuscirà a rispettare la tabella di marcia sulle misure più impattanti. E la data ultima di attuazione, il 2035, non può certo rassicurare: l’Italia non può aspettare altri dieci anni per la transizione verso l’economia circolare.

Per prima cosa l’economia circolare non è soltanto il riciclo, mentre molti interventi sono stati orientati proprio in quella direzione. E poi, due delle riforme strutturali più attese per la transizione verso l’economia circolare richiedono ancora tempo: la responsabilità estesa del produttore (fondamentale per fare pagare i costi del fine vita dei prodotti a chi li immette sul mercato) e il diritto alla riparazione (che richiede incentivi, infrastrutture e una cultura diffusa tra i consumatori). Quello che si può valutare, intanto, sono i target della Strategia nazionale per l’economia circolare raggiunti e cosa manca rispetto alle prossime scadenze dal 2025 al 2027.

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Fonte: Canva

Riuso e riparazione: cosa è stato fatto nella Strategia?

Il diritto al riutilizzo e alla riparazione ha l’obiettivo di incentivare i cittadini a riparare gli oggetti, in modo da ridurre i consumi ed evitare sprechi di materiali. Per il momento, tra i target raggiunti dalla Strategia figurano alcuni regolamenti specifici come la “Definizione delle condizioni per l’esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo in forma semplificata”, “Adozione del regolamento previsto per incentivare il riutilizzo e la riparazione” o interventi programmatici come la “Definizione di un Tavolo Ecodesign che includa un gruppo di lavoro su riutilizzo e riparazione”.

Nell’attuale sistema economico lineare, acquistare un prodotto nuovo è spesso più conveniente che ripararlo: dunque per incoraggiare i cittadini verso comportamenti virtuosi servono incentivi economici, e l’apertura di nuovi centri specializzati sul territorio. Da questo punto di vista nel 2024 sono stati introdotti “incentivi per l’apertura di nuovi centri di preparazione per il riutilizzo”, mentre sono in fase di attuazione “incentivi in favore di chi promuova comportamenti individuali tesi alla riduzione dei rifiuti, ivi compresi i consumatori” (realizzazione entro il 2025) e “finanziamento della realizzazione di centri per il riuso e la riparazione dei beni, di proprietà pubblica” (entro il 2026).

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Responsabilità estesa del produttore ancora in costruzione

I sistemi EPR (Extended producer responsibility) sono uno degli strumenti organizzativi largamente impiegati per passare da un modello lineare ad uno circolare. In sostanza, si tratta di obbligare chi immette prodotti sul mercato a farsi carico anche della loro gestione a fine vita. La Strategia prevede una disciplina per nuovi settori (come il tessile o le plastiche non da imballaggio), una riforma complessiva del sistema dei consorzi e l’istituzione di un nuovo organismo di vigilanza.

Nel 2024 è stato istituito il Registro nazionale dei produttori e degli importatori di pneumatici al fine di facilitare e garantire la gestione degli pneumatici fuori uso, mentre entro il 2026 andranno definiti di schemi di decreto per l’istituzione di EPR per le filiere strategiche del tessile e della plastica, che poi sono il cuore della strategia italiana sulla responsabilità estesa del produttore.

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Aggiornamento end of waste e definizione CAM

Un punto sostanzioso della Strategia è il capitolo “Supporto agli strumenti normativi esistenti: normativa sui rifiuti (nazionale e regionale), Criteri ambientali minimi (CAM) nell’ambito degli appalti pubblici verdi”. Lo sviluppo/aggiornamento di end of waste e CAM riguarderà in particolare l’edilizia, il tessile, la plastica, i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee). 

Alcuni target, come l’adozione del Piano di Azione Nazionale (PAN GPP) per la sostenibilità negli acquisti pubblici o l’aggiornamento di decreti preesistenti (come il D. lgs. 116/2020 e 197/2021), sono stati formalmente raggiunti. Altri sono ancora in fase di definizione o completamente da attuare. Sul fronte CAM erano previsti nuovi criteri per settori strategici: ICT, trasporto pubblico locale, disinfestazione, infrastrutture stradali, servizi energetici, edilizia, arredo urbano, tessile, arredi per interni, ristorazione e aggiornamenti di CAM già esistenti: edilizia, verde pubblico, calzature, illuminazione, stampanti. Tuttavia molti presentano scadenze che si spingono dal 2025 fino al 2027.

Sul fronte end of waste, cioè la definizione normativa delle condizioni per cui un rifiuto può cessare di essere tale e tornare a essere una materia prima – un passaggio fondamentale per la transizione verso l’economia circolare – i target sono ancora in gran parte da raggiungere. Secondo il cronoprogramma, entro il 2026 dovrebbero essere approvati nuovi decreti per terre di spazzamento, plastiche miste, tessile, pile/accumulatori, membrane bituminose, legno, gesso, rifiuti accidentalmente pescati e aggiornamenti su materiali già trattati come la gomma vulcanizzata da pneumatici fuori uso.

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Misure nella Strategia per il suolo e gestione riserve idriche

In un Paese sempre più colpito dalla crisi idrica e gli effetti del cambiamento climatico, le misure per l’uso del suolo e sulla gestione delle risorse idriche sono una priorità. Per quanto riguarda l’uso del suolo, i target raggiunti sono l’adozione del decreto ministeriale sui criteri per il riparto del Fondo per il contrasto al consumo di suolo, semplificazioni per la normativa della bonifica dei siti orfani, come previsto dal Pnrr, e una serie di prime misure per semplificare le procedure nei siti contaminati, mentre mancano ancora modifiche normative in materia di bonifiche dei siti inquinati.

Sul fronte idrico, la situazione è ancora incompleta: è stata solamente avviata una campagna di informazione sul risparmio idrico e sono state proposte norme per l’incremento delle sanzioni per i prelievi abusivi di acqua, per il rafforzamento delle Autorità di Distretto in ottica di monitoraggio degli usi e prevenzione delle crisi idriche per la semplificazione delle autorizzazioni per la realizzazione di impianti di dissalazione delle acque, mentre si attendono norme per il riuso delle acque (compresi bandi di finanziamento per i progetti di riutilizzo) e per la definizione di criteri di indirizzo nazionale sull’analisi dei rischi ambientali e sanitari correlati agli impianti di desalinizzazione.

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Simbiosi industriale al centro della Strategia per l’economia circolare

La simbiosi industriale ridefinisce in termini circolari le catene di fornitura. Quello che è stato fatto finora è lo sviluppo di progetti e/o schemi di incentivazione finanziaria e semplificazione delle reti di impresa con finalità circolari, di rigenerazione di brown areas (siti inquinati) in ecodistretti circolari in ottica di simbiosi industriale, in collaborazione con MiSE, centri di ricerca, sistemi di istruzione/formazione e associazioni di categoria. Tra i criteri di valutazione premianti inseriti negli avvisi pubblicati per la graduatoria “Progetti Faro di economia circolare” è stata inserita la creazione di distretti circolari. È in fase di attuazione una piattaforma digitale per favorire l’incontro di domanda e offerta di materie prime seconde in ottica di simbiosi industriale.

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Revisione del sistema di tassazione ambientale e incentivi al riciclo

Gli incentivi fiscali a sostegno delle attività di riciclo e utilizzo di materie prime secondarie sono il punto del cronoprogramma della Strategia in cui sono stati raggiunti più target, anche sostanziali, come un fondo da circa 800 milioni di euro, pensati per aiutare le imprese a ridurre l’impatto ambientale e migliorare l’efficienza energetica, un fondo per la transizione industriale, da 450 milioni di euro, che sostiene le aziende che riducono l’uso di risorse attraverso il riuso, il riciclo o l’uso di materie prime riciclate e un fondo con dotazione da 300 milioni con agevolazioni destinate alle imprese del Mezzogiorno per investimenti che riguardano anche il settore delle tecnologie pulite ed efficienti sotto il profilo delle risorse.

Dove, invece, il cronoprogramma della Strategia è ancora in fase di stallo è per una più ampia revisione del sistema di tassazione ambientale dei rifiuti al fine di rendere più conveniente il riciclo rispetto al conferimento in discarica e all’incenerimento sul territorio nazionale. È stato proposta uno schema normativo nella scorsa Legge di Bilancio volta a sopprimere i “sussidi ambientalmente dannosi”, come l’Iva agevolata al 10% relativamente alle prestazioni di gestione, stoccaggio e deposito temporaneo di rifiuti urbani e speciali, che include lo smaltimento in discarica o il tributo ridotto al 20% della tariffa ordinaria per i rifiuti smaltiti in impianti di incenerimento senza recupero di energia: due sussidi evidentemente in contrasto con gli obiettivi dell’economia circolare. È rimasta ancora inattuata la proposta di innalzamento dei tributi speciali previsti per il conferimento in discarica dei rifiuti urbani di almeno il 50% della soglia minima stabilita per legge.

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