Pnrr bocciato dalla Corte europea: troppi soldi per obiettivi non raggiunti


La Corte dei Conti europea critica gli impieghi di fondi del Pnrr da parte degli Stati membri.

Come e perchè il Pnrr non è una misura che ha centrato l’obiettivo

La fotografia è impietosa: il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, approvato il 13 luglio 2021 dal Consiglio dell’Unione europea per ridare sprint alle economie dei Paesi europei fiaccati dalla pandemia e non solo, a metà percorso subisce pesanti critiche della Corte dei Conti europea: “L’attuazione procede con ritardi”, i risultati sono “limitati” sulla “risposta alle sfide strutturali e al contributo agli obiettivi dell’Ue”; non solo, ci sono anche “debolezze” nei controlli che i singoli Stati, sin dall’inizio, avrebbero dovuto organizzare e garantire.

Le Corte dei Conti traccia la linea per il futuro

Per i controllori europei bisognerà evitare “che in futuro strumenti simili siano gestiti senza disporre di informazioni sui costi effettivi e sui beneficiari finali” o su “cosa si ottiene realmente”, in una parola, sugli obiettivi. E proprio su questi la Corte si sofferma: “Dovranno essere meglio collegati ai risultati e disciplinati da regole chiare” altrimenti  il “sistema non andrebbe utilizzato”. In poche parole il vecchio proverbio “la spesa non vale l’impresa” è valido anche per il Pnrr. E questo, sostengono i controllori della Corte, è un avvertimento valido per il futuro. La Corte europea esplicita dunque che “il recupero dei fondi è possibile solo in casi specifici”, che “le misure non sempre affrontano le sfide chiave”, che “i finanziamenti non sempre sono proporzionati ai progressi” e che comunque, “l’assunzione di prestiti comporta sempre dei rischi”.

I fondi in campo in Europa

La dotazione iniziale del Recovery era di 723,8 miliardi di euro; di questi, a fine 2024,  erano stati impegnati 650 miliardi. Secondo l’analisi, però, l’assorbimento reale dei fondi da parte degli Stati membri si è rivelato irregolare. “Alla fine del 2024 erano state presentate 128 delle 151 richieste di pagamento previste (85%), con differenze significative da uno Stato membro all’altro“. Oltre alla metodologia di verifica con gli scostamenti anche minimi e i conseguenti costi, uno degli aspetti più critici, un altro punto dolente è la gestione nazionale: “Alla fine del 2024 erano state apportate 1.092 modifiche alle misure incluse nei Pnrr in ragione di circostanze oggettive”, tra cui inflazione e difficoltà tecniche. “Tali modifiche consistono principalmente nel ridurre gli obiettivi, rinviare il completamento delle misure o eliminarle”.  Insomma, alla fine, molte delle riforme finanziate “non hanno ancora prodotto effetti tangibili o misurabili”.  

La reazione dell’Unione europea

Puntualizza Bruxelles secondo cui “esistono alcuni disaccordi sul Pnrr tra la Corte e la Commissione, che derivano principalmente da diverse interpretazioni di concetti giuridici”. Così l’esecutivo comunitario in una nota sull’analisi pubblicata oggi dagli auditor europei. Il Berlaymont afferma di non condividere l’idea che il Pnrr non sia basato sulla performance: “Non sembra basato su alcun riscontro”. I pagamenti “sono collegati a indicatori di performance, ovvero traguardi e obiettivi descritti in ogni Piano nazionale di ripresa e resilienza”. Il Recovery è “quindi chiaramente uno strumento finanziario basato sulla performance”. “La Corte sembra non distinguere tra questo concetto e il ‘quadro di monitoraggio della performance’, che è un altro concetto e si riferisce al sistema di dati e reporting disponibile per qualsiasi programma dell’Ue”.  



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