La situazione e le prospettive delle Pmi italiane secondo il report Movimprese 2025


La fotografia del primo trimestre 2025, scattata dal report Movimprese di Unioncamere e InfoCamere, mostra un sistema imprenditoriale in mutamento. Il saldo tra nuove iscrizioni e cessazioni d’impresa è quasi neutro: -3.061 unità, pari a un tasso di variazione dello stock dello -0,05%.

Numericamente può sembrare un dato trascurabile, ma è in realtà il terzo miglior risultato degli ultimi dieci anni. Dietro a questa apparente stabilità si cela una dinamica complessa, stratificata e a doppia velocità. Da un lato, cresce l’universo delle società di capitali, dall’altro si restringe il perimetro delle imprese individuali e delle forme societarie tradizionali. Entriamo nei dettagli:


  • La metamorfosi delle imprese, meno partite Iva, più Srl

  • Crollano le attività tradizionali, volano i servizi avanzati

  • Roma traina il Centro, il Mezzogiorno frena

La metamorfosi delle imprese, meno partite Iva, più Srl

L’indicazione più chiara che emerge dal report è il successo delle società di capitali. Nel primo trimestre 2025, le Srl e forme simili hanno fatto registrare un saldo positivo di 13.358 unità, pari a una crescita dello 0,7% rispetto a dicembre 2024. In un contesto generale piuttosto piatto, si tratta di una vera e propria marcia di espansione. Questo trend segnala una maggiore consapevolezza da parte degli imprenditori sull’importanza di strutture più robuste, dotate di personalità giuridica distinta e maggiore capacità di accesso al credito.

A fare da contraltare a questa crescita ci sono le forme giuridiche più leggere, a partire dalle imprese individuali, in calo di 11.597 unità nel trimestre, e dalle società di persone, che perdono altre 4.316 posizioni. Anche le cooperative, pur con numeri più contenuti, sono in contrazione. La conclusione è inequivocabile: il modello di impresa personale, spesso basato sull’autosfruttamento e vulnerabile a shock esterni, sta lasciando spazio a strutture più articolate e collaborative.

Questa tendenza è accompagnata da un cambio di mentalità, incentivato da una burocrazia sempre più digitalizzata, da obblighi fiscali crescenti e da una crescente pressione del mercato verso forme di impresa che garantiscano maggior trasparenza e accountability. È un passaggio generazionale e culturale che, pur lento, sembra inarrestabile.

Crollano le attività tradizionali, volano i servizi avanzati

Il report Movimprese 2025 racconta anche un’altra verità, forse ancora più profonda: quella della trasformazione settoriale. I comparti tradizionali, come agricoltura, manifattura e soprattutto commercio al dettaglio, continuano a perdere terreno. In particolare, il settore agricolo vede sparire 5.809 aziende in soli tre mesi, mentre la manifattura cede 2.747 unità. Ma è il commercio a registrare la contrazione più netta: 7.627 chiusure, con una variazione negativa dello 0,56% dello stock. Sono numeri che non sorprendono, alla luce della crescente digitalizzazione dei consumi, dell’inflazione logistica e della competizione da parte delle piattaforme e-commerce globali.

In netto contrasto c’è la crescita delle imprese che operano nei servizi professionali, scientifici e tecnici. Questo macro-settore, che prevede studi di consulenza, attività legate all’innovazione, al design, all’IT e alla progettazione tecnica, ha segnato un saldo attivo di 2.795 imprese, pari a una crescita dell’1,10% nel trimestre. Un dato che conferma come le pmi italiane si stiano spostando verso segmenti a maggiore contenuto intellettuale, dove il valore è legato alla competenza, alla personalizzazione dei servizi e all’alta qualificazione.

Roma traina il Centro, il Mezzogiorno frena

Il dato nazionale, seppur negativo, è compensato da una dinamica territoriale molto interessante. Il Centro Italia si conferma l’unica macroarea con un saldo positivo nel primo trimestre 2025, trainata in particolare dalla performance del Lazio. Roma da sola ha registrato 8.626 nuove iscrizioni contro 6.859 cessazioni, portando il saldo a +1.767 imprese, un tasso di crescita dello 0,4% in netta controtendenza rispetto al dato nazionale. La Capitale è oggi circa il 7,5% del totale delle imprese italiane, con 437.649 unità registrate a fine marzo.

Il merito di questa performance risiede anche nel mix settoriale romano, caratterizzato da una base di servizi avanzati, turismo, edilizia e cultura. L’effetto dei fondi Pnrr, degli investimenti infrastrutturali e dell’indotto legato al Giubileo 2025 sta producendo un impatto positivo sull’economia locale, stimolando nuove aperture e rafforzando le attività preesistenti. A beneficiare sono soprattutto le micro e piccole imprese in grado di inserirsi nelle filiere attivate da questi grandi eventi.

Altrove, però, la situazione è più difficile. Il Sud e il Nord Ovest continuano a registrare saldi negativi, anche se con tassi di contrazione più contenuti rispetto al passato. Il dato suggerisce che, pur in un contesto di maggiore stabilità, il divario territoriale non accenna a ridursi, e anzi rischia di ampliarsi con l’aumentare della selettività competitiva richiesta dalle nuove sfide del mercato.

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