Dazi di Trump, scossa alle banche europee. Allarme BCE


La Banca Centrale Europea: instabilità finanziaria e rischio stretta al credito.

(Foto: la presidente della Bce, Christine Lagarde)

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L’Eurozona sotto pressione: le banche nel mirino dei dazi

Le barriere commerciali non colpiscono solo container e fatture. Adesso puntano dritte al cuore del sistema bancario europeo. Lo dice chiaramente la Banca Centrale Europea nella sua ultima Financial Stability Review: le tensioni protezionistiche innescate dagli Stati Uniti non sono più una minaccia generica, ma un pericolo concreto per la tenuta del credito, dei mercati e, in ultima istanza, della crescita nell’Eurozona.

Le politiche commerciali incerte, anche in assenza di misure effettive, stanno già impattando negativamente le banche dell’area euro”, si legge nel rapporto. La causa? Un circolo vizioso che parte dalla frenata dell’economia, attraversa la contrazione della domanda di credito, arriva all’aumento delle insolvenze e finisce per logorare la qualità degli attivi bancari. È una catena di reazioni che, se non affrontata in tempo, rischia di esplodere in una stretta creditizia generalizzata.

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Mercati nervosi, investitori più cauti: ecco i numeri

I numeri snocciolati dalla BCE sono tutt’altro che trascurabili. Un semplice aumento “standard” dell’incertezza commerciale può produrre nell’immediato un calo dell’1,9% dei titoli bancari europei. Se l’instabilità perdura, dopo sei mesi si arriva a un crollo medio del 10,4%. Non solo: i credit default swap (gli strumenti che misurano il rischio di insolvenza) si allargano di 12 punti base, e i rendimenti delle obbligazioni bancarie salgono di 7 punti. In pratica: il denaro per le banche costa di più, perché il mercato pretende premi maggiori per il rischio.

Ne consegue una riduzione dell’attività di credito dello 0,6% dopo sei mesi e dell’1,9% su base annua. Un colpo secco alla possibilità di finanziare famiglie, imprese e investimenti produttivi. “Questo tipo di instabilità non si può più considerare marginale”, spiega l’economista tedesco Marcel Fratzscher su Handelsblatt, “perché mina la fiducia degli investitori e costringe le banche a irrigidire i criteri di concessione dei prestiti”.

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Gli anelli deboli della catena: automotive, tech e manifattura

A essere maggiormente esposte sono le banche con forti legami con i settori industriali più vulnerabili alla guerra commerciale in corso: automotive, tecnologia, manifattura avanzata. È proprio qui che le nuove tariffe di Trump – ormai dirette non solo contro la Cina, ma anche contro le produzioni europee – stanno creando un effetto domino.

Gli smartphone, ad esempio, sono frutto di catene di fornitura altamente frammentate tra Asia, Europa e Nord America. Ogni barriera imposta a una parte della catena si riflette a cascata su tutto il sistema. La BCE avverte: “Se le tariffe si estendessero alle cosiddette catene del valore complesse, si potrebbero innescare rischi ancora più gravi per la stabilità finanziaria”.

Il Centro Studi Bruegel, con sede a Bruxelles, ha confermato questa tesi in una recentissima analisi: “Le banche europee sono profondamente integrate nei flussi internazionali di capitale e credito. Colpire l’industria significa colpire la finanza. E se cade la finanza, cade l’impalcatura dell’intera economia reale”.

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La BCE alza il tono: rafforzare le difese, subito

In risposta, l’Eurotower invita le banche a rafforzare le proprie linee difensive. Non si tratta solo di aumentare capitale e liquidità, ma anche di diversificare i portafogli e prepararsi a shock sistemici con stress test mirati. “Serve una mappatura aggiornata dei rischi”, ammonisce il vicepresidente della BCE, Luis de Guindos, in conferenza stampa a Madrid. “L’illusione che l’Europa sia protetta dal protezionismo è finita. Adesso occorre agire con anticipo, non inseguire i problemi quando esplodono”.

L’avvertimento non è isolato. Anche l’Autorità bancaria europea (EBA) ha pubblicato un technical note in cui invita i principali istituti a simulare l’impatto di una crisi da de-globalizzazione, mettendo sotto stress i bilanci secondo tre scenari: rallentamento USA-Europa, collasso della domanda esterna e crisi di fiducia nei mercati emergenti. Tutte ipotesi oggi più che plausibili.

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Gli effetti macroeconomici si fanno già sentire

Nel frattempo, la Commissione europea ha già corretto al ribasso le stime di crescita per il 2025: l’Eurozona è attesa a un misero +0,9%, mentre il 2026 – salvo nuove crisi – potrebbe registrare un rimbalzo fino all’1,4%. La locomotiva tedesca è ferma al palo: zero crescita prevista nel 2025, frenata da costi energetici alti, domanda interna debole e caduta delle esportazioni verso Cina e Stati Uniti.

Il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, ha dichiarato a Bruxelles: “I dazi sono un colpo diretto alla competitività europea. Le risposte devono essere rapide e coordinate, anche a livello finanziario”.

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L’Unione bancaria alla prova della geopolitica

Questa nuova crisi rischia di mettere a nudo i limiti strutturali dell’Unione bancaria europea. L’assenza di un fondo di garanzia comune sui depositi e il permanere di forti differenze nei livelli di rischio percepito tra i paesi dell’Eurozona rendono il sistema vulnerabile agli shock esterni. “Il sistema bancario europeo è più robusto rispetto al 2008”, spiega Guntram Wolff, direttore del Consiglio di politica finanziaria tedesco, “ma non è ancora sufficientemente integrato per assorbire scosse sistemiche senza frammentazioni”.

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Serve una strategia finanziaria europea

L’offensiva protezionistica di Trump non è una fiammata passeggera, ma l’inizio di una strategia che punta a rimescolare gli equilibri globali. Le banche europee, troppo spesso considerate “a valle” rispetto ai grandi eventi geopolitici, sono in realtà tra le prime vittime di questa ondata. La BCE suona l’allarme: o l’Europa costruisce una vera strategia finanziaria comune, oppure sarà costretta a difendersi, banca per banca, shock dopo shock.

Una cosa è certa: nel mondo di Trump, anche il credito diventa terreno di scontro.



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