Sedotti e abbandonati dal Conte II.
Sarebbero state quelle piccole aziende che, fiutato l’affare (cioè quello di sopravvivere) convertirono la loro produzione madre per passare al mercato delle mascherine nel 2020. Ma la beffa era dietro l’angolo.
Molte piccole e medie aziende italiane videro nell’emergenza sanitaria una possibilità di riconversione e di sopravvivenza in quell’inizio così travagliato tra chiusure e ristori insufficienti a respirare. Tra queste, anche l’azienda di Antonio Lombardi, che si è ritrovata improvvisamente al centro di una tempesta perfetta, fatta di aspettative, investimenti e, purtroppo, di promesse mancate.
La parabola delle aziende delle mascherine
All’inizio della pandemia, quando il fabbisogno nazionale di dispositivi di protezione era altissimo e l’Italia non era mai stata produttrice su larga scala di mascherine, il governo decise di coinvolgere decine di piccole e medie imprese, tra cui quella di Antonio Lombardi, per avviare una produzione nazionale. Grazie anche a finanziamenti pubblici, molte di queste aziende investirono rapidamente in macchinari e materie prime, convinte che la domanda sarebbe rimasta elevata almeno per diversi mesi.
Così non fu. Dopo una breve fase iniziale di grande richiesta, la situazione cambiò radicalmente. L’arrivo delle mascherine prodotte da FCA (Fiat Chrysler Automobiles) su commissione statale saturò il mercato, azzerando di fatto la domanda per i produttori privati italiani. Come racconta uno degli imprenditori coinvolti, “a maggio abbiamo iniziato a produrre e commercializzare ma a settembre si è bloccato tutto. FCA ci ha saturato il mercato e quindi 3 milioni e mezzo di mascherine, già finanziate da Invitalia, rimangono ferme qua”. In magazzino, pallet su pallet di mascherine invendute, materie prime acquistate e mai utilizzate, investimenti che non sarebbero mai stati recuperati.
Magazzini pieni, aziende ferme
Il blocco improvviso della domanda ha lasciato le aziende come quella di Antonio Lombardi con enormi quantitativi di mascherine inutilizzate e una produzione ormai ferma. La saturazione del mercato da parte della produzione statale, unita a decisioni di approvvigionamento centralizzate e spesso poco trasparenti, ha impedito a molte imprese di rientrare degli investimenti fatti in fretta e furia nei mesi più drammatici dell’emergenza.
Ma il grillino Colucci non ci sta, dopo aver ascoltato la sua storia in Commissione Covid, a Palazzo San Macuto. “Quindi non abbiamo un’azione (giudiziaria, ndr) nei confronti della struttura commissariale per il mancato acquisto?”.
Lombardi risponde che la farà, “perché siamo ora in situazione di difficoltà finanziaria, derivante anche da questa scelta a cui la mia azienda è stata indotta da false informazioni divulgate sul mercato”.
Nel video l’audizione in commissione covid.
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