Sulla possibilità di indicare un’impresa estera quale ausiliaria


Consiglio di Stato, sez. V, 2 maggio 2025, n. 3721
 
D.lgs. n. 36/2023 – appalti pubblici –  cause di esclusione – principio di tassatività delle cause di esclusione – requisiti di ordine generale – contratto di avvalimento – appalto di fornitura – requisiti di partecipazione – capacità economica e finanziaria – capacità tecnica e professionale – Unione europea – Accordo sugli appalti pubblici (AAP) – principio di qualificata reciprocità – Corte di Giustizia dell’Unione europea – TFUE –  impresa ausiliaria non europea – Cina – WTO – accesso al mercato – discrezionalità della stazione appaltante – sindacato giurisdizionale – D.lgs. n. 50/2016
 
Facendo applicazione dei principi enunciati dalle richiamate sentenze della Corte di Giustizia – che esimono il Collegio dal formulare l’ulteriore rinvio ex art. 267 TFUE richiesto dalla controinteressata – alla fattispecie in esame il Collegio ritiene che se è vero che un operatore economico – ovvero il suo ausiliario – ubicato in un Paese non firmatario dell’AAP può certamente essere escluso dalla singola stazione appaltante, ciò non può avvenire, a differenza di quanto affermato dal giudice di primo grado, in virtù di una norma di carattere generale né di fonte unionale, né di fonte nazionale.
Infatti, alla luce delle richiamate sentenze della Corte di Giustizia e del tenore letterale dell’art. 69 del d.lgs. n. 36/2023, ad avviso del Collegio, non si può interpretare, a differenza di quanto sostenuto dalla stazione appaltante e condiviso dal giudice di primo grado sula base della giurisprudenza formatasi nella vigenza dei precedenti codici, la detta disposizione come volta a consentire la partecipazione alle gare pubbliche degli operatori economici extra UE, solo a condizione di reciprocità, nei limiti definiti “dagli allegati 1, 2, 4 e 5 e dalle note generali dell’appendice 1 dell’Unione europea dell’Accordo sugli Appalti Pubblici (AAP) e dagli altri accordi internazionali cui l’Unione è vincolata” e limitatamente “agli operatori economici dei Paesi terzi firmatari di tali accordi”.
Il principio evincibile dalla citata disposizione e desumibile dalle linee guida della Commissione europea sulla partecipazione di offerenti e beni di paesi terzi al mercato degli appalti della UE, nonché dalle citate sentenze della Corte di Giustizia, è che l’accesso di tali imprese estere al mercato unionale degli appalti pubblici, lungi dall’essere vietato dalla legge, è ammesso, ma non è garantito, cosicché la stazione appaltante ben può, motivando, escludere tali imprese dalla gara.
 Né sulla detta conclusione rileva il fatto che si tratti dell’impresa ausiliaria e non di quella ausiliata, atteso che la prima non può essere considerata un soggetto terzo rispetto al contratto d’appalto, dovendosi essa impegnare non soltanto nei confronti dell’impresa ausiliata, ma anche nei confronti della stazione appaltante, a mettere a disposizione del concorrente le risorse di cui esso sia carente, cosicché tale impegno finisce per costituire presupposto di legittimità del provvedimento di aggiudicazione (art. 104, comma 7, D. Lgs. 36/2023).
Da tutte le esposte ragioni discende che l’esclusione della società appellante dalla procedura, basata sulla mancanza dei requisiti ex art. 6.2 e 6.3 per essere vietata la partecipazione, anche in veste di ausiliaria, di un’impresa avente sede nella Repubblica Popolare Cinese, non firmataria dell’AAP, non è legittima.
 

Il fatto

L’Agenzia Campana per la Mobilità, le Infrastrutture e le Reti indiceva una gara per l’aggiudicazione – con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – di un Accordo Quadro per la fornitura di autobus destinati al trasporto pubblico di linea regionale.

L’impresa appellante partecipava alla gara dichiarando di avvalersi dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali prestati da un’impresa con sede nella Repubblica Popolare Cinese.

La stazione appaltante, a fronte della richiesta di chiarimenti sulla legittimità dell’avvalimento con un operatore cinese, rispondeva in senso negativo, richiamando sul punto quanto affermato dall’Avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione europea nelle proprie conclusioni per la causa C-266/22.  
Il seggio di gara, esaminata la documentazione amministrativa, procedeva poi all’esclusione dell’impresa appellante, motivando il provvedimento in ragione della sussistenza di un divieto generale e assoluto di partecipazione alle gare di appalto a carico di imprese cinesi – divieto, quindi, di portata tale da coprire anche i casi di partecipazione nella veste di ausiliaria.

L’impresa esclusa deduceva in primo grado l’illegittimità del provvedimento per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, nonché per violazione della lex di gara nella parte in cui non avrebbe previsto limiti all’avvalimento con imprese aventi sede in Paesi estranei agli accordi internazionali sull’accesso reciproco alle gare pubbliche.

L’Amministrazione sosteneva, invece, l’assenza in capo all’impresa ausiliaria dei requisiti generali di partecipazione, alla luce della mancata firma da parte della Repubblica Popolare Cinese dell’Accordo sugli Appalti Pubblici (AAP) contenuto all’Allegato IV di cui all’accordo istitutivo del WTO.

Inoltre, secondo la resistente, la lex di gara avrebbe inteso escludere dalla partecipazione alla gara anche le imprese con sede in Paesi extra UE firmatari dell’AAP, da cui discenderebbe, a fortiori, l’illegittimità dell’avvalimento con un operatore avente sede in un Paese extra UE non firmatario dell’AAP.
Il Tar Campania, sez. I, con sentenza n. 5876 del 4 novembre 2024 affermava la legittimità dell’esclusione, accogliendo in pieno la tesi dell’Amministrazione resistente.

Nel dettaglio, il Tar delineava i caratteri della disciplina in tema di partecipazione degli operatori extra UE alle gare di appalto, e rilevava la subordinazione del principio di apertura alla concorrenza internazionale del mercato degli appalti “al rispetto del principio di qualificata reciprocità”, in conformità con quanto sostenuto in alcune pronunce giurisprudenziali emanate sotto la vigenza dei precedenti Codici dei contratti pubblici. 
Pertanto, il Tar riteneva irrilevante la mancata previsione nella lex specialis di un’espressa causa escludente a carico delle imprese aventi sede in Paesi non europei e non firmatari degli accordi internazionali sugli appalti pubblici, sostenendo l’eterointegrazione del bando da parte della normativa nazionale (con particolare riferimento all’art. 69 del d.lgs. n. 36/2023) e sovranazionale, normativa di cui ne rilevava la contrarietà all’accesso alle gare per tali operatori esteri.

La ricorrente appellava la sentenza del Tar deducendo l’assenza, sia nell’ordinamento interno, sia in quello europeo, di divieti assoluti di partecipazione alle gare pubbliche per le imprese con sede in Paesi extra UE estranei all’Accordo sugli Appalti Pubblici. Per supportare la propria tesi l’impresa faceva riferimento ai principi sanciti dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella causa C-652/22.  

L’appellante sosteneva, inoltre, l’assenza nel nuovo Codice dei contratti pubblici di un generale divieto di indicazione di un operatore estero quale ausiliario.

La decisione del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato accoglieva l’appello e rilevava l’illegittimità dell’esclusione disposta dall’Amministrazione.

In particolare, il giudice di secondo grado richiamava quanto espresso dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nelle cause C-652/22 e C-266/22; in quest’ultima pronuncia, i giudici di Lussemburgo affermavano che:

“- l’Unione è vincolata, nei confronti di taluni paesi terzi, da accordi internazionali, segnatamente l’AAP, che garantiscono, in modo reciproco e paritario, l’accesso degli operatori economici dell’Unione agli appalti pubblici in tali paesi terzi e quello degli operatori economici di detti paesi terzi agli appalti pubblici nell’Unione;
l’articolo 25 della direttiva 2014/24 riflette tali impegni internazionali dell’Unione disponendo che, nella misura in cui sono contemplati dall’AAP e dagli altri accordi internazionali cui l’Unione è vincolata, gli enti aggiudicatori degli Stati membri devono accordare agli operatori economici dei paesi terzi che sono parti di un siffatto accordo un trattamento non meno favorevole di quello concesso agli operatori economici dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2024, Kolin Inşaat Turizm Sanayi ve Ticaret, C‑652/22, EU:C:2024:910, punti 41 e 42);
– la direttiva 2014/24 deve essere intesa nel senso che l’accesso degli operatori economici dei paesi terzi di cui al punto 57 – cioè quelli che non hanno sottoscritto l’AAP – della presente sentenza alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nell’Unione non è garantito. Ciò implica che tali operatori possono o essere esclusi da tali procedure o esservi ammessi pur non potendo avvalersi di tale direttiva ed esigere pari trattamento della loro offerta rispetto a quelle presentate dagli offerenti degli Stati membri e dagli offerenti dei paesi terzi di cui all’articolo 25 di detta direttiva (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2024, Kolin Inşaat Turizm Sanayi ve Ticaret, C‑652/22, EU:C:2024:910, punti 45 e 47);
– solo l’Unione è competente ad adottare un atto di portata generale riguardante l’accesso, al suo interno, alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici degli operatori economici di un paese terzo che non abbia concluso con l’Unione un accordo internazionale che garantisca l’accesso paritario e reciproco agli appalti pubblici, istituendo o un regime di accesso garantito a tali procedure in favore di detti operatori economici, o un regime che li escluda o che preveda un adeguamento del punteggio risultante dal confronto delle loro offerte con quelle presentate da altri operatori economici (sentenza del 22 ottobre 2024, Kolin Inşaat Turizm Sanayi ve Ticaret, C‑652/22, EU:C:2024:910, punto 61);
– in assenza di atti adottati dall’Unione, spetta all’ente aggiudicatore valutare se debbano essere ammessi a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico gli operatori economici di un paese terzo che non abbia concluso con l’Unione un accordo internazionale tale da garantire l’accesso paritario e reciproco agli appalti pubblici e, qualora ne decida l’ammissione, se si debba prevedere un adeguamento del punteggio risultante dal confronto tra le offerte presentate dagli operatori in parola e quelle presentate da altri operatori (sentenza del 22 ottobre 2024, Kolin Inşaat Turizm Sanayi ve Ticaret, C‑652/22, EU:C:2024:910, punto 63);
– l’ente aggiudicatore ha la facoltà di indicare, nei documenti di gara, modalità di trattamento intese a riflettere la differenza oggettiva tra la situazione giuridica di detti operatori, da un lato, e quella degli operatori economici dell’Unione e dei paesi terzi che hanno concluso con l’Unione un siffatto accordo, ai sensi del citato articolo 25, dall’altro. Pur essendo concepibile che tali modalità di trattamento debbano essere conformi a taluni principi e requisiti, come quelli di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, un ricorso volto a denunciare la violazione di siffatti principi da parte dell’amministrazione aggiudicatrice può essere esaminato solo alla luce del diritto nazionale e non alla luce del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2024, Kolin Inşaat Turizm Sanayi ve Ticaret, C‑652/22, EU:C:2024:910, punti 64 e 66)”.
Pertanto, il Consiglio di Stato affermava che “se è vero che un operatore economico – ovvero il suo ausiliario – ubicato in un Paese non firmatario dell’AAP può certamente essere escluso dalla singola stazione appaltante, ciò non può avvenire, a differenza di quanto affermato dal giudice di primo grado, in virtù di una norma di carattere generale né di fonte unionale, né di fonte nazionale”.

Dunque, i giudici di Palazzo Spada rilevavano l’assenza, tanto nella normativa nazionale, quanto in quella europea, di una regola generale volta a consentire la partecipazione alle gare di operatori extra UE soltanto se aventi sede in Paesi firmatari dell’AAP e in caso di rispetto delle condizioni di reciprocità.
Sotto un ulteriore profilo, il giudice di appello riteneva illegittimo il comportamento dell’Amministrazione anche laddove aveva cercato di sostenere in giudizio la correttezza del proprio provvedimento introducendo solo in tale fase un nuovo e diverso profilo motivazionale “che non trova alcun riscontro nel provvedimento di esclusione”, così violando i principi di trasparenza, del legittimo affidamento e della buona fede. 

Il Consiglio di Stato riconosceva, perciò, l’illegittimità del provvedimento di esclusione originariamente impugnato per tutte le ragioni sopra evidenziate, e concludeva per il riconoscimento della facoltà in capo alla stazione appaltante di rideterminarsi successivamente per l’esclusione dalla gara degli operatori extra UE ed estranei all’AAP, previa motivazione della propria scelta.

Brevi considerazioni conclusive

Dalla pronuncia in esame emerge un quadro che appare meritevole di approfondimento sotto diversi aspetti.

In particolare, l’assetto delineato dalla sentenza del Consiglio di Stato (e dai principi enunciati dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea sopracitati) vede l’Amministrazione come soggetto al quale è riconosciuto un margine di discrezionalità sull’ “apertura” o la “chiusura” della singola gara alla concorrenza internazionale.

Sebbene la giurisprudenza abbia ammesso, in linea di principio, la partecipazione alle gare pubbliche di imprese con sede in Paesi extra UE ed estranei all’AAP, il loro concreto ed effettivo accesso risulta non garantito, in quanto condizionato dalla mancata decisione della stazione appaltante di escludere tali imprese dalla competizione.

E infatti il Consiglio di Stato ha rilevato l’illegittimità dell’esclusione disposta dalla SA poiché, in sostanza, fondata su una motivazione illegittima – quella che vedeva la presenza nell’ordinamento interno ed europeo di un divieto generale e assoluto di partecipazione alle gare a carico di operatori con sede in Cina – aprendo, al contempo, alla possibile successiva rideterminazione dell’Amministrazione in senso escludente, ma stavolta sulla base di una motivazione diversa da quella originariamente enucleata.

Per i giudici di Palazzo Spada è, quindi, l’esclusione automatica di tali operatori esteri ad essere illegittima, non la loro esclusione in sé considerata.  
Certo è che tale discrezionalità in senso escludente dovrebbe esercitarsi in sede di predisposizione della lex di gara, così da soddisfare i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento (in accordo con quanto affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella causa C-266/22), e ritenersi perciò esaurita una volta elaborata la lex specialis senza che in essa possa riscontrarsi una clausola espressamente ostativa per la partecipazione di imprese extra UE ed extra AAP.

In tal senso, a parere di chi scrive il Consiglio di Stato sembra contraddirsi laddove dapprima rileva che in sede giudiziale l’Amministrazione aveva provato ad articolare un ulteriore profilo motivazionale che non trovava però alcun riscontro nel provvedimento di esclusione (e che perciò doveva ritenersi contrario ai principi della certezza del diritto, della trasparenza, del clare loqui e del legittimo affidamento), e conclude, poi, per la possibilità per la stazione appaltante di escludere comunque successivamente l’operatore in virtù di una diversa motivazione.

Inoltre, la pronuncia del Consiglio di Stato non appare delineare i parametri di un possibile futuro sindacato sulle nuove motivazioni di esclusione – motivazioni di cui richiede soltanto che siano non più fondate sull’ormai illegittimo riferimento a “divieti di partecipazione generali e assoluti posti dalla normativa”, bensì su altre ragioni.

Occorrerà quindi attendere la rideterminazione della stazione appaltante – e la sua eventuale nuova censura da parte dell’impresa, ad oggi ri-ammessa ma potenzialmente suscettibile di essere ri-esclusa – ovvero la censura di altre decisioni in senso escludente per le imprese estere ed estranee all’AAP, così da verificare e valutare i margini effettivi del sindacato giurisdizionale su tali decisioni dell’Amministrazione.



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