di Massimiliano Sfregola
Photo: Rete Donne Paesi Bassi
Difficile capire se l’Ambasciata italiana nei Paesi Bassi sia ancora un ente pubblico o si sia ormai trasformata in una società per azioni dedita alla promozione di imprese e alle partnership commerciali. A parte eventi istituzionali di scarso interesse per la maggior parte dei concittadini residenti, l’unica ossessione del governo italiano (di cui l’Ambasciata è espressione diretta) sembra essere il business. Il “Made in Italy” – evocato più spesso dei santi – viene spremuto come un limone.
Oggi, 2 giugno, l’Ambasciata all’Aia non si è degnata nemmeno di porgere un augurio ai connazionali: ha semplicemente ricondiviso una storia dal profilo della NATO. Eppure, in ogni occasione pubblica in cui il “Made in Italy” serve a vendere qualcosa, i connazionali vengono evocati a ciclo continuo.
Secondo quanto scritto sul loro sito, anche quest’anno si terrà la solita fiera annuale con amici e sponsor da qualche parte in giro per l’Olanda. Ma l’Ambasciata, talmente dissociata dal suo ruolo istituzionale e ormai totalmente identificata con l’impresa privata, non ha neanche comunicato dove e come si svolgeranno questi festeggiamenti privati per una ricorrenza pubblica. Sappiamo che avverranno solo perché, almeno, uno straccio di bando è comparso sul sito ufficiale.
Ma trattandosi di un evento organizzato da un ente pubblico, sarebbe quantomeno doveroso – nel rispetto del principio di trasparenza – sapere come e dove si svolge. Che poi vi partecipino solo amici intimi o aziende gradite alla linea sovranista del governo Meloni è un’altra storia. L’Ambasciata, tuttavia, rappresenta tutti: anche chi mai voterebbe i partiti che compongono l’attuale coalizione di estrema destra.
Dunque sì: che paghino i privati o il pubblico, si tratta comunque della Festa della Repubblica, non di un evento organizzato da Eataly. Sono le basi. E purtroppo è proprio lì che si comincia a scricchiolare. Se la politica si riduce a tartine e salumi, allora siamo messi davvero male.
Per fortuna anche nei Paesi Bassi esiste un’Italia che non si è arresa allo scivolamento delle istituzioni nel ruolo di incubatori d’impresa. Ieri, davanti alla Corte Penale Internazionale dell’Aia, un gruppo eterogeneo di donne e uomini ha raccolto l’appello lanciato da 31mag, trasformandolo – senza il sostegno di alcun gruppo o partito – nel modo più sano di celebrare il 2 giugno: niente sponsor, niente salumi, niente stand, niente retorica, solo un appello a sostegno della Corte che il governo italiano vorrebbe piegare agli “interessi nazionali”.
Motore economico, imprese, eccellenze e retoriche varie non esisterebbero se la Repubblica non fosse stata fondata sui diritti umani – risposta diretta alla catastrofe a cui l’Italia ha contribuito con la Seconda guerra mondiale. Pensavamo di aver imparato la lezione. E invece, quasi ottant’anni dopo, rieccoci a sventolare divisioni, autoritarismo e opportunismo.
Eppure, l’esito lo conosciamo già. È per evitarlo che abbiamo contribuito alla nascita dell’ICC proprio a Roma. Ed è per questo che l’Italia continua a finanziare in modo sostanziale il suo bilancio. Il governo Meloni, e l’ambasciatore Massari che lo rappresenta nei Paesi Bassi, sono solo inquilini temporanei: non hanno né il potere né la legittimazione per allontanarci dalla giustizia internazionale e dalla cooperazione tra i popoli.
In questi giorni, in cui si sta perpetrando un genocidio a Gaza, l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che l’istituzione rappresentativa di tutti, nel paese che ospita la Corte Penale Internazionale, celebri il 2 giugno con banchetti e fiere enogastronomiche come se nulla stesse accadendo. L’Italia è tra i paesi più vicini e amichevoli con quello identificato dal tribunale come seriali perpetratori di crimini contro l’umanità. Ma da parte nostra: nessuna condanna, nessuna azione concreta.
E così, il 2 giugno, invece di osservare un silenzio rispettoso per le vittime di Gaza, si va a banchettare. E si alzano i calici per il fatturato estero delle imprese italiane.
Per fortuna, non tutti sono assuefatti a questa realtà distopica. La manifestazione di ieri dimostra chiaramente che, anche con scarso preavviso e senza grandi risorse, lo spirito critico tra gli italiani nei Paesi Bassi esiste ancora.
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