Millantavano accesso a finanziamenti agevolati Ue, sei arresti


Sono oltre cento gli imprenditori finiti in trappola per mano di una banda di truffatori che attirava le sue vittime millantando di poter accedere ai finanziamenti agevolati dell’Unione Europea e di poter monetizzare i crediti d’imposta acquisiti con Ecobonus e superbonus 110%.
 

A scoprire la maxi truffa sono stati i militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli (Sezione Frodi Comunitarie) che, coordinati dalla Procura di Napoli Nord (pm Cesare Sirignano), hanno notificato tre arresti in carcere e tre ai domiciliari. I reati contestati a vario titolo sono associazione e delinquere, abusiva attività finanziaria, truffa e autoriciclaggio.
 

Agli indagati sono stati sequestrati beni per oltre un milione di euro e, durante le indagini, anche conti correnti all’estero e orologi di pregio per altri 60mila euro. La banda – che aveva basi in Campania e nel Lazio ma anche ramificazioni all’estero – induceva le vittime a eseguire bonifici su conti esteri, in Irlanda e Lituania, per acquistare false polizze fideiussorie emesse da una società irlandese che, sostenevano gli indagati, era accreditata presso la Banca
Europea per gli Investimenti (BEI), ente che avrebbe, sempre secondo i truffatori, erogato finanziamenti agevolati.
 

La truffa consisteva nel promettere bassi tassi d’interesse e rapidi tempi di definizione dell’istruttoria agli imprenditori a cui venivano anche consegnate brochure e documentazione contrattuale recante intestazione e loghi della Commissione Europea.
 

I pagamenti ottenuti indebitamente sui conti esteri, pari a circa l’1% delle operazioni proposte, rientravano in Italia per finire nelle tasche degli indagati attraverso bonifici e prelievi in contanti, compiti delegati a un corriere che, per questo, percepiva una provvigione.
 

Dalle indagini è emerso, tra l’altro, che gli indagati avrebbero elargito denaro a funzionari pubblici, al momento non meglio identificati, in servizio negli uffici giudiziari, per inquinare il quadro probatorio e quindi assicurarsi l’impunità.
 



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