mancano 260mila professionisti nel terziario


C’è un dato che suona come un vero e proprio campanello d’allarme per il futuro del mercato del lavoro italiano: secondo l’ultima analisi di Confcommercio, il nostro Paese rischia di trovarsi di fronte a una vera e propria carenza di manodopera specializzata, una questione che – se non affrontata con decisione – potrebbe avere ripercussioni serie sulla crescita economica e sulla competitività delle nostre imprese.

Le cifre parlano chiaro: entro il 2025 potrebbero mancare all’appello ben 260.000 lavoratori qualificati nel settore terziario, con un aumento del 4% rispetto all’anno precedente. Una prospettiva che mette in evidenza quanto sia urgente intervenire per non lasciare indietro comparti strategici come il commercio, la ristorazione e le strutture ricettive.

Perché mancano le competenze nei settori chiave?

Se si guarda nel dettaglio, la situazione si fa ancora più delicata. Nel mondo del commercio, ad esempio, si fa fatica a trovare commessi specializzati nell’abbigliamento e personale qualificato nel settore alimentare. Nei ristoranti, la ricerca di camerieri, barman e cuochi sembra diventata una vera e propria impresa, mentre nelle strutture ricettive la mancanza di personale di sala e addetti alle pulizie rischia di mettere in difficoltà l’intero sistema dell’accoglienza.

Le ragioni di questa emergenza sono molteplici e affondano le radici in cambiamenti demografici e sociali profondi. Il drammatico calo della popolazione nella fascia d’età 15-39 anni, con una perdita di quasi 5 milioni di persone dal 1982 a oggi, si somma alla crescente difficoltà nel reperire personale dotato delle giuste competenze.

A tutto questo si aggiungono il cambiamento nelle preferenze dei giovani – sempre meno attratti da alcuni mestieri tradizionali – e una scarsa disponibilità alla mobilità territoriale, che rende ancora più difficile coprire i posti vacanti laddove servirebbero di più.

Confcommercio, serve investire sulla formazione

In questo scenario, Confcommercio non si limita a lanciare l’allarme, ma mette sul tavolo un vero e proprio piano d’azione per invertire la rotta. L’obiettivo è chiaro: potenziare le politiche attive del lavoro, offrendo incentivi alle imprese che investono nella formazione sul lavoro e rafforzando il legame tra scuola e mondo produttivo attraverso stage e apprendistati mirati. Una strategia che punta a valorizzare il capitale umano e a garantire che le aziende possano contare su risorse qualificate e motivate, pronte a raccogliere le sfide di un mercato sempre più competitivo.

Il rischio, se non si agisce subito, è quello di vedere rallentare la crescita e perdere terreno sui mercati internazionali. È il momento di guardare avanti e investire con decisione sulle competenze, sulla formazione e sull’incontro tra domanda e offerta di lavoro, per assicurare al nostro Paese un futuro di sviluppo e benessere diffuso.



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