baratto dati-dazi nelle trattative Usa-Europa


Nel documento finale dell’incontro Meloni-Trump c’è un segnale rivelatore dell’importanza del capitolo digitale della complessa trattativa in corso tra Usa e Ue. Nelle righe finali del comunicato congiunto infatti si legge: “mentre ci muoviamo verso le tecnologie del futuro, come il 6G, l’intelligenza artificiale, il calcolo quantistico e la biotecnologia, ci impegniamo anche a esplorare opportunità per partnership più solide in questi settori critici, per proteggere i nostri dati da chi vorrebbe sfruttarli”.

Non solo ma in un precedente paragrafo viene sottolineata anche la necessità di “un ambiente non discriminatorio in termini di tassazione dei servizi digitali” per consentire investimenti da parte delle tech-company.

Le due affermazioni permettono di definire abbastanza efficacemente quale è l’obiettivo “digitale” che l’amministrazione USA vuole raggiungere con l’Europa nell’ambito della trattativa sui dazi.

Di fatto Trump sta proponendo all’Europa un baratto tra i dazi e i dati.

La sovranità digitale europea nella battaglia globale per i dati

Siccome nel nuovo scenario determinato dallo sviluppo dell’IA, più dati si posseggono più informazioni si hanno, e più potere si detiene, gli Usa hanno ingaggiato con la Cina una lotta senza quartiere per il predominio dello spazio digitale e sui dati. E per ottenere questa superiorità vogliono che le Big Tech americane continuino a usare come hanno fatto in questi anni, gratuitamente e senza pagare le tasse, i dati di 450 milioni di europei, in modo da accrescere a dismisura la potenza dei propri strumenti tecnologici, e in particolare l’Intelligenza Artificiale.

Questa battaglia ha un enorme importanza non solamente per i futuri servizi digitali civili ma anche per i sempre più numerosi utilizzi militari dell’IA, come ampiamente dimostrato dalle guerre in corso in Ucraina e in Palestina.  Con la potenza di questi strumenti si sta però anche accrescendo il potere politico di una “oligarchia” di tecnocapitalisti autoreferenziali decisi a dare una spallata alla democrazia che, come ha dichiarato Peter Thiel cofondatore di Pay Pal e uno degli ideologi delle Big Tech americane, “non è più compatibile con la libertà”.

Difendere la sovranità digitale Ue attraverso il quadro normativo

L’Europa in questo negoziato, dovrebbe quindi ribadire prima di tutto la sovranità digitale dei suoi cittadini, facendo leva sull’importante patrimonio normativo e regolamentare messo in campo negli ultimi anni dalle istituzioni di Bruxelles, che definisce lo spazio digitale europeo e i suoi principi in armonia con i valori e i diritti sanciti nei trattati dell’Unione. 

L’Europa dovrebbe inoltre usare come arma negoziale la restituzione di una copia dei dati generati dai cittadini europei e immagazzinati nei server delle Big Tech, sulla base di quanto previsto e normato dall’art 20 del GDPR, dal Digital Governance Act e dal Data Act.

Verso una sovranità digitale orientata al benessere sociale

Cercare di contenere il fenomeno della trasformazione digitale, soprattutto negli effetti sulla società e sulla vita delle persone non basta più, c’è bisogno anche di proporre qualcosa per dare un segno diverso a quello che sta accadendo, con la nostra colpevole indifferenza. Per questo è necessario che il dibattito politico, scientifico, culturale e sociale sull’IA si arricchisca anche di un altro punto di vista che comprenda aspetti diversi del benessere oltre ai soli valori economici e soprattutto tenga conto del contesto delle comunità entro cui l’IA si andrà a posizionare.

C’è bisogno di affiancare alla richiesta di regolamentazione e controlli anche una richiesta di partecipazione attiva della società nella realizzazione di forme diversificate e alternative di IA, con finalità sociali che rispondano prioritariamente ai bisogni dei cittadini/utenti e producano beni comuni digitali.

La sovranità digitale europea e gli obiettivi dell’agenda 2030

Nel settembre 2024, in un sussulto del multilateralismo, è stato approvato dalle 193 nazioni aderenti alle Nazioni Unite, il Patto per il futuro e il Global Digital Compact, nel quale viene esplicitamente riconosciuto “l’immenso potenziale dei sistemi di intelligenza artificiale per accelerare il progresso di tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile”. Sempre nel 2024  McKinsey ha pubblicato un survey nel quale ha identificato 160 applicazioni di IA che sono potenzialmente idonee ad aiutare a raggiungere alcuni SDGS.

Un modello di sovranità digitale alternativo a quello delle Big Tech

Questo obiettivo potrà essere raggiunto però, solo se la tecnologia dell’IA verrà governata in maniera differente da come oggi le Big Tech, e il governo americano, stanno cercando di imporre al mondo, a loro esclusivo beneficio e in totale disaccordo con l’Agenda 2030.

L’IA per essere uno strumento utile per determinare e aiutare le strategie politiche atte a raggiungere gli obiettivi della Agenda 2030, deve però essere arricchita dai principi e dai valori, oltre che dei dati di qualità di tutti gli stakeholder necessari al raggiungimento della sostenibilità.

Deve quindi essere un’IA dedicata al sociale e alla creazione di beni comuni digitali e non al profitto delle Big Tech e ai sogni di potere dei tecnocapitalisti.

Questo obiettivo è possibile grazie alle nuove IA “small” o small language model che operano a una frazione di costo degli LLM, e in Italia è facilitato perché i principali supercomputers sono di proprietà delle Università (Cineca). Così come nelle università sono i ricercatori e gli ingegneri e gli statistici e i matematici che realizzano gli algoritmi. E infine perché i dati, che sono l’alimento indispensabile delle IA, possono essere riutilizzati e condivisi da tutti, grazie a una normativa europea (DGA e Data Act) adeguata alla loro libera circolazione, e quindi anche messi a disposizione per il raggiungimento di obiettivi sociali.

Una sovranità condivisa per un futuro digitale democratico

Se veramente gli Usa vogliono sviluppare un futuro digitale comune, i dati devono essere liberi di circolare in sicurezza all’interno di uno spazio digitale che sia multilaterale, con regole condivise che non possono essere solo quelle determinate dalle logiche del profitto e dal potere monopolistico di poche imprese capitalistiche, ma anche quelle della difesa dei valori occidentali della democrazia, e del pluralismo economico. In questo modo l’IA potrà essere utilizzata anche per la creazione di beni comuni digitali, contribuendo al benessere delle persone



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