Unimpresa: verso la revisione al ribasso delle previsioni economiche Ue


Saranno pubblicate venerdì 16 maggio le Previsioni macroeconomiche di primavera 2025 della Commissione europea, attese con particolare interesse per l’aggiornamento su crescita, download e finanza pubblica nell’Ue. Dopo le stime di novembre scorso, che indicavano una crescita dell’1,3% per l’area euro nel 2025 e dell’1,6% nel 2026, gli analisti prevedono una significativa revisione al ribasso: il consenso di mercato si attesta intorno allo 0,8% per l’anno in corso. Pesano la debolezza della domanda interna, l’instabilità geopolitica legata all’Ucraina e al Medio Oriente, e i timori per l’effetto dei nuovi dazi americani sull’economia globale.

È quanto si legge in un documento del Centro studi di Unimpresa, secondo cui sull’inflazione, Bruxelles dovrebbe confermare la previsione di un graduale rallentamento, con un tasso al 2,2% nel 2025. Tuttavia, restano rischi al rialzo legati a possibili shock energetici e rincari delle azioni. La Bce, dopo i primi tagli dei tassi nel 2024, potrebbe frenare nel 2025 se l’inflazione globale dovesse riaccendersi. Per l’Italia, le stime Ue dovrebbero confermare quelle del governo nel Def 2025: deficit al 4% e debito in lieve aumento verso il 141,7% del Pil. Il rispetto delle nuove regole del Patto di Stabilità e delle raccomandazioni Ue sarà cruciale, mentre eventuali ritardi sul Pnrr potrebbero aumentare i rischi.

«Le previsioni economiche della Commissione europea che saranno pubblicate venerdì rischiano, ancora una volta, di raccontare un’Europa più ottimista di quella reale. Le nostre imprese, soprattutto le piccole e medie, vivono ogni giorno sulla propria pelle un contesto molto più incerto: la domanda interna non riparte, l’export è sotto pressione per via dei nuovi dazi e dei conflitti internazionali, e il costo del denaro resta elevato nonostante i primi tagli della BCE. Se la crescita dell’area euro sarà inferiore all’1%, come prevedono molti analisti, bisognerà avere il coraggio politico di prenderne atto, senza rifugiarsi in tempi di comodo. Per l’Italia, è positivo che Bruxelles non si discosti dalle cifre del Def, ma non basta allinearsi sui numeri. Servono misure concrete per sostenere le nostre imprese: il nuovo Patto di Stabilità rischia di costringerci a manovre correttive dannose proprio mentre servirebbero investimenti e stimoli. L’Europa deve dimostrare flessibilità, valorizzando gli sforzi fatti finora sul Pnrr e riconoscendo che la sostenibilità del debito passa anche per la crescita, non solo per i tagli. A Bruxelles serve più realismo. Le PMI italiane non chiedono assistenzialismo, ma condizioni favorevoli per lavorare, assumere e investire. Le nuove previsioni Ue devono essere un’occasione per correggere la rotta e rimettere al centro l’economia reale, non solo i parametri contabili» commenta il direttore generale di Unimpresa, Mariagrazia Lupo Albore.

Secondo il Centro studi di Unimpresa, le Previsioni macroeconomiche di primavera 2025, che la Commissione Europea pubblicherà venerdì 16 maggio, rappresentano un momento chiave per aggiornare le tempi su crescita economica, affare e finanza pubblica nell’Unione Europea, offrendo un quadro dettagliato delle prospettive a medio termine in un contesto globale complesso.

Rispetto al documento dello scorso novembre 2024, che proiettava una crescita dell’1,3% per il 2025 e dell’1,6% per il 2026 nell’area euro, ci si assiste ad una significativa revisione al ribasso. Questo aggiustamento riflette un deterioramento delle aspettative economiche, influenzato da molteplici fattori: l’incertezza geopolitica (con i conflitti in Ucraina e Medio Oriente che continuano a pesare su energia e commercio), l’impatto potenziale di nuovi dazi commerciali annunciati dall’amministrazione USA, e una domanda interna più debole del previsto in alcuni Stati membri.

Tuttavia, le stime di Bruxelles potrebbero mantenere un tono relativamente ottimistico rispetto alle tue previsioni, che indicano una crescita più modesta dello 0,8% nel 2025 e dell’1% nel 2026, e quelle del consenso di mercato, che si attestano su valori simili. Questa divergenza potrebbe derivare dalla tendenza della Commissione a incorporare ipotesi più favorevoli sul recupero della produttività o sull’efficacia delle politiche nazionali, come gli investimenti legati ai fondi del Next Generation EU. Inoltre, le proiezioni di crescita potrebbero essere influenzate da una valutazione più positiva dell’impatto delle riforme strutturali nei paesi membri, anche se i ritardi nell’attuazione del Pnrr in alcune economie, tra cui l’Italia, rappresentano un rischio non trascurabile.

Sul versante dell’inflazione, le previsioni di primavera 2025 dovrebbero confermare un trend di graduale decelerazione nell’area euro, con un tasso atteso intorno al 2,2% nel 2025 (in linea con le tempi di primavera 2024), grazie a una normalizzazione dei prezzi energetici e una politica monetaria ancora restrittiva da parte della Bce. Tuttavia, non si possono escludere pressioni al rialzo, specialmente se i costi delle materie prime dovessero risentire di ulteriori shock geopolitici o se i dazi americani, come quelli recentemente ventilati da Donald Trump, generassero un aumento dei prezzi delle importazioni.

La Bce, che ha già avviato un ciclo di tagli dei tassi nel 2024, potrebbe adottare un approccio più cauto nel 2025 qualora l’acquisto negli Stati Uniti, attualmente più persistente, dovesse alimentare aspettative di prezzi più elevati a livello globale. Per quanto riguarda la finanza pubblica, con particolare riferimento all’Italia, non si prevedono grandi sorprese nelle stime della Commissione. Le previsioni di Bruxelles dovrebbero sostanzialmente allinearsi a quelle del governo italiano, come delineate nel Documento di Economia e Finanza (Def) 2025, con un disavanzo pubblico in graduale riduzione (atteso intorno al 4% del PIL nel 2025, dopo il 4,4% stimato per il 2024) e un rapporto debito/PIL in lieve aumento (da 137,3% nel 2023 a circa 141,7% nel 2025, secondo le proiezioni di primavera 2024).

Questa convergenza riflette una visione condivisa sull’evoluzione del ciclo economico, pur con alcune differenze legate alle valutazioni sull’efficacia delle misure di politica fiscale e sull’impatto degli investimenti del Pnrr. Le nuove regole del Patto di Stabilità e Crescita, entrate in vigore nel 2024, imporranno però una maggiore disciplina fiscale, chiedendo all’Italia un aggiustamento strutturale del bilancio più marcato, il che potrebbe complicare la definizione della prossima legge di bilancio, in attesa per l’autunno 2025.

Un elemento di attenzione sarà la valutazione della Commissione sul rispetto delle specifiche specifiche per paese (Raccomandazioni specifiche per paese), che potrebbero evidenziare la necessità di ulteriori riforme strutturali per garantire la sostenibilità del debito italiano a medio termine. In questo contesto, la capacità del governo di accelerare l’attuazione del Pnrr e di migliorare l’efficienza della spesa pubblica sarà cruciale per evitare procedure di infrazione o correzioni fiscali più severe.



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