CREMONA – «Il punto è che non ci sono contromisure. Il nostro sistema agricolo e agroalimentare è fortemente in crisi: i dazi sono stati sospesi, ma è il clima di incertezza che da un lato ha creato un’enorme speculazione finanziaria e dall’altro non consente alle aziende di investire, di posizionarsi sui mercati». A denunciare quello che definisce «immobilismo del Governo» in tema di sostegni alle imprese di fronte alla crisi dei dazi è l’onorevole di Italia Viva Maria Chiara Gadda.
I fronti di azione per reagire al cambio di politica commerciale statunitense sono due: «Noi non possiamo fare a meno del mercato statunitense e quindi dobbiamo lavorare di concerto con un’Unione Europea che si deve dare una svegliata, però allo stesso tempo le aziende, le filiere hanno chiesto al governo di avere delle misure anche nel breve termine a partire da interventi sui costi di produzione». E nell’attesa di segnali concreti e decisi «l’incertezza generata dai dazi statunitensi sui prodotti agroalimentari italiani sta mettendo in ginocchio intere filiere, dal vino ai formaggi DOP. Siamo di fronte a una crisi senza precedenti, ma le istituzioni continuano a perdere tempo».
La situazione è aggravata dai costi energetici, che in Italia «restano il triplo rispetto a quelli di Francia e Germania, e dalla burocrazia che blocca l’accesso ai fondi europei. I finanziamenti Ue sono inutilizzabili a causa di regole farraginose – denuncia Gadda – mentre le aziende agricole non riescono più a sostenere le spese per luce e gas». Problemi tutti italiani, anche se l’Europa non appare meno inadeguata. «La Commissione von der Leyen ha gestito il Green Deal in modo ideologico, imponendo divieti senza offrire alternative valide e tagliando i sussidi proprio quando servirebbero maggiori risorse». Intanto, la mancanza di una strategia comune contro i dazi Usa lascia l’Italia esposta, senza possibilità di negoziare direttamente con Washington.
«Gli agricoltori chiedono da mesi un piano nazionale per contrastare i dazi, sgravi fiscali per l’energia e una revisione della PAC – conclude Gadda – ma finora hanno ricevuto solo promesse. Se non si interviene subito, il Made in Italy agroalimentare rischia di essere spazzato via dai competitor internazionali». L’attenzione di Gadda è volta agli «effetti di medio lungo termine, non tanto ai numeri che vengono raccontati con qualche tweet. Le nostre aziende hanno bisogno di uno shock anti-burocrazia e hanno bisogno di pagare meno i costi dell’energia».
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