Meno prestiti dalle banche, le imprese sarde che possono mettono mano al “salvadanaio”

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Difficoltà nell’accesso al credito – soprattutto per le piccole imprese – ma anche buoni accantonamenti effettuati negli anni della ripresa post Covid, senza effettuare investimenti.

Anche le imprese sarde ricorrono sempre meno alle banche per avere denaro, preferendo autofinanziarsi. Se nel 2011 i prestiti alle imprese umbre ammontavano a 13,7 miliardi di euro, nel 2024 tale somma è scesa a 8,4 miliardi, con un calo in valore assoluto di 5,3 miliardi e di oltre un terzo (-38,9 punti) in percentuale.

I depositi bancari delle imprese sarde, in questo stesso periodo, sono aumentati del 161,1%, passando da 3 a 7,8 miliardi.

In Italia

Una dinamica simile a quella osservata a livello nazionale, dove il calo dei prestiti bancari, dal 2011 al 2024, ha sfiorato il 35%. A fine dicembre del 2011 (inizio della crisi dei debiti sovrani) – evidenzia la Cgia nella sua indagine – i prestiti bancari alle imprese italiane ammontavano a 995 miliardi di euro, verso la fine del 2024, invece, la quota è scesa a 666 (-329 miliardi di euro pari a una contrazione del 33%). Per contro, nello stesso arco temporale i depositi bancari delle aziende sono passati da 219 miliardi a 519 (+300 miliardi pari a un incremento del 137%).

Le imprese più strutturate hanno fatto ricordo all’apporto di capitali propri (di imprenditori e soci) o di terzi (attraverso il mercato dei capitali e l’azionariato diffuso). A sostegno di questa chiave di lettura, la Cgia evidenzia anche la decisa diminuzione della domanda di credito avvenuta in questi anni da parte delle imprese, poiché, a seguito anche dei buoni risultati economici ottenuti, molte attività rimaste sul mercato hanno aumentato i risparmi e conseguentemente il loro utilizzo per far fronte alle spese correnti e agli investimenti.

Ma per molte micro imprese, alla contrazione dei prestiti non sia seguita alcuna forma di autofinanziamento, bensì un progressivo deterioramento economico/finanziario che le avrebbe fatte scivolare nell’area grigia dell’insolvenza o, peggio ancora, a rivolgersi al mercato del credito illegale.  





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