«Il made in Italy non si tutela con il sovranismo»

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Il presidente e fondatore della federazione, il cui congresso annuale è in programma il 20 e 21 febbraio a Napoli: «Si tende quasi sempre a sostenere grandi marchi che in realtà di made in Italy non hanno molto. A volte non hanno neanche la sede legale nel nostro Paese, sono possedute da fondi stranieri, producono all’estero. Noi stiamo riportando la narrazione sul made in Italy nella direzione corretta»

«Noi vogliamo tutelare le micro e piccole imprese, spesso ignorate ed escluse da bandi e incentivi», dice con una punta di orgoglio per il lavoro finora svolto, ma anche di critica nei confronti delle scelte governative, il presidente e fondatore di Federitaly, Carlo Verdone.

Istituita nel 2021, la federazione (già 8mila iscritti), il cui congresso annuale è in programma il 20 e 21 febbraio a Napoli, cammina accanto a tutte quelle realtà che ideano e producono interamente in Italia i propri prodotti. «Sono le imprese 100 per cento made in Italy», precisa Verdone con Domani.

Perché? Esistono imprese che tradiscono l’idea del made in Italy?

Certo. Si tende quasi sempre a sostenere grandi marchi che in realtà di made in Italy non hanno molto. A volte non hanno neanche la sede legale nel nostro Paese, sono possedute da fondi stranieri, producono all’estero. Noi stiamo riportando la narrazione sul made in Italy nella direzione corretta, non abbandonando le le reali eccellenze, che sono le micro e piccole imprese.

Crede che nelle politiche ministeriali ci sia una disparità di trattamento tra realtà artigiane, più piccole, e grossi brand?

Se i bandi per poter partecipare alle fiere all’estero o per ottenere degli incentivi chiedono, tra i requisiti, di essere già esportatori, allora sì, si sta tagliando fuori una grande fetta di aziende. Analogo discorso per il recente fondo per le Pmi, rivolto a aziende già strutturate. Motivi per cui noi chiediamo al governo maggiore attenzione nei confronti di queste realtà che racchiudono storia e innovazione.

Sul piano pratico come potrebbe tradursi?

In sostegno economico.

Eppure sono moltissimi gli annunci sul sostegno al made in Italy, esiste anche un ministero che, come indica il nome, è preposto a tutelarlo.

La narrazione è fumosa. Si parla di made in Italy citando marchi che non sono espressione genuina della nostra grande produzione. Anzi, bisognerebbe chiedersi quanta produzione venga realmente fatta sul nostro territorio. Si fanno grandi annunci su provvedimenti introdotti a tutela del made in Italy ma di fatto si escludono le micro e piccole imprese che non hanno la forza da sole di affrontare i mercati internazionali.

In pratica supplite al Mimit con a capo Adolfo Urso?

Noi non ci sostituiamo a nessuno, dialoghiamo col ministero, ma al ministero chiediamo di non lasciare sole queste piccole realtà che hanno bisogno di sostegno e di affacciarsi sui mercati internazionali. Federitalty sta creando dei ponti con i paesi esteri. Collaborazioni, accordi, convenzioni fatti da professionisti e imprenditori che accompagnano le aziende a trovare sbocco anche altrove. Abbiamo anche creato un percorso innovativo e tecnologicamente avanzato per trasportare in modo sicuro le nostre eccellenze in tutto il mondo: siamo stati i primi a usare la blockchain in maniera massiva. Siamo molto soddisfatti. E tra le prossime iniziative organizzate dalla federazione ci sarà l’Expo del made in Italy, che parte a ottobre su una nave da crociera.

Il ministero vi sta aiutando in questa iniziativa?

Al momento col Mimit non abbiamo avuto interlocuzione diretta. Spero però che ci sarà in futuro.

Ha detto che esiste una «narrazione fumosa» sul made in Italy, di cui spesso si parla anche in chiave sovranista. Questa è una strumentalizzazione?

Se si ideologizza il made in Italy lo uccidiamo. Il made in Italy indica un modo di fare le cose e soprattutto non deve avere colore politico. Promuoverlo e valorizzarlo dovrebbe essere la missione di tutti. Se invece la sua tutela la si associa al sovranismo, si commette un errore.

Cosa pensa del nuovo percorso formativo introdotto dal governo, il liceo del made in Italy?

Personalmente non credo che introdurlo sia stata una iniziativa brillante. Sarebbe stato molto più utile sostenere le scuole di formazione già esistenti, nate per costruire e promuovere competenze che servono alle nostre imprese o investire le risorse in altro modo. I numeri parlano chiaro e non mi sembra che il nuovo liceo abbia ottenuto grande successo: non è comunque questo il modo per risolvere la mancanza di maestranze e operai specializzati in Italia.

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