Nuovi licenziamenti a Portovesme, in crisi le ditte appalatrici: «Lavora solo il 20% degli occupati»

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Nuovi licenziamenti nelle ditte appaltatrici che lavorano nello stabilimento della Portovesme srl, di proprietà del gruppo Glencore.

Riesplode la protesta dei sindacati, per lunedì alle 8 è stato convocato «con carattere d’urgenza» il coordinamento appalti dei metalmeccanici.

Ieri le segreterie territoriali Fiom, Fsm, Ullm Sardegna Sud-Occidentale Sulcis Iglesiente e le Rsu dei metalmeccanici hanno incontrato i rappresentanti delle ditte d’appalto, che hanno comunicato le decisioni prese in merito alle nuove procedure di licenziamento.

Le attuali ditte appaltatrici nel cantiere della Portovesme srl attualmente comprendono 111 unità (quasi dimezzate dispetto alle 200 di un anno e mezzo fa) e «sono costrette a impegnare costantemente solo il 20% della forza lavoro», spiegano i sindacati. Per questo si fa ricorso in maniera massiccia alla cassa integrazione, cosa «non sostenibile» per i lavoratori coinvolti.

Alla FM Grigliati, ad esempio, è stata aperta la cassa integrazione per 30 lavoratori al giorno sui 41 totali. Stessa situazione per Skv, Gsmi, Socher, Isc, SEGesa, CQ Nol, tutte imprese che per via dell’imponente perdita di commesse sono costrette a un utilizzo sempre più massiccio della cig. E i lavoratori della Nuova Icom, Elastomeccanica, Mi.Da. Charter, Jap, Anticorrosione Sardegna, sono spariti dalle presenze nello stabilimento, mentre la maggior parte dei dipendenti della Gsmi è costretta ad accettare trasferimenti anche fuori dall’Isola per evitare il licenziamento.

Per le ditte appaltatrici, insomma, la gravissima crisi che si sta affrontando nel cantiere Glencore rende la situazione ingestibile e costringe a decisioni drastiche e dolorose. «La pace sociale più volte annunciata dalla direzione aziendale si scontra con la realtà dei fatti, in cui la forza lavoro degli appalti è ridotta ai minimi termini», denunciano i sindacati.

«Chi è in grado di garantire la pace sociale in una situazione simile?», attaccano i sindacati. «Una crisi infinita, che si identifica con la mancanza di politica industriale e che ancora una volta vede sul banco degli imputati le multinazionali, che delocalizzano abbandonando il territorio. Sullo stesso banco – incalzano i sindacati – ci vanno le istituzioni politiche, incapaci di fornire gli strumenti utili a contrastare una concorrenza sempre più forte, in cui il costo energetico ha sempre una rilevanza assoluta».

Le segreterie territoriali chiedono il rispetto di quanto dichiarato dai ministri Urso e Calderone, insieme alla presidente della Regione e agli assessori all’industria e al lavoro il 27 dicembre 2024, data in cui dichiararono «strategiche le produzioni che Glencore si apprestava a fermare, nonostante la contrarietà di sindacati e istituzioni»

(Unioneonline)

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