Il vicepremier Tajani promette: “L’Italia non userà i fondi di coesione per comprare armi. Sono destinati ad altri progetti”

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Tocca al vicepremier Antonio Tajani rompere il silenzio del governo, già diviso sulla proposta di riarmo da 800 miliardi presentata in questi giorni da Ursula von der Leyen, sulla possibilità di mettere a disposizione anche i fondi di coesione per finanziare la produzione e l’acquisto di nuove armi. È uno dei punti più controversi del piano della Commissione europea, fortemente criticato in patria anche da Elly Schlein e dal Movimento 5 Stelle. Ma mentre i leader dei 27 Stati membri si stanno riunendo per il Consiglio europeo “speciale” a Bruxelles, il ministro degli Esteri rassicura: “Per quanto riguarda la questione dei fondi di coesione, noi non li useremo perché devono essere destinati a fare altre cose e quindi non c’è alcuna preoccupazione su questo”.

Mercoledì, il commissario europeo per la Coesione e le Riforme, Raffaele Fitto, titolare del portafoglio, aveva dichiarato che la proposta di von der Leyen non doveva essere letta come un’imposizione, ma come “un’ulteriore opportunità per quei Paesi che hanno esigenze diverse rispetto ad altri”. Tradotto: se alcuni Stati hanno meno bisogno di accedere ai fondi di coesione per, ad esempio, favorire lo sviluppo di determinate regioni, possono comunque farne richiesta per incrementare le proprie capacità militari. Una posizione condivisa anche da Tajani che plaude alla proposta della Commissione: “Ribadirò che noi siamo sempre stati a favore della difesa europea, era il grande sogno di De Gasperi e poi di Berlusconi e se adesso si concretizza questo sogno non può che essere un fatto positivo”, ha detto entrando al vertice del Ppe nella capitale belga. La questione è più legata, semmai, alle capacità di spesa dell’Italia che, secondo l’ultimo bilancio di spesa redatto dagli uffici della Ragioneria dello Stato, per il settennio 2021-27 ha utilizzato solo il 4,6% dei soldi a essa destinati.

Nel governo, in attesa di una presa di posizione della presidente del Consiglio, emergono comunque le divisioni. Già nel giorno dell’annuncio, il vicepremier Matteo Salvini aveva dichiarato: “Spero che sia sbagliato quello che ho letto. In questi anni non abbiamo potuto investire in sanità, in educazione e sostegno alle imprese e alle famiglie”. Mentre mercoledì il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha precisato che è necessario “un programma ragionato meditato di investimenti in infrastrutture militari e non uno fatto in fretta e furia senza una logica. Ricordo che per comprare un drone o un missile supersonico non si va al supermercato, ci vogliono investimenti pluriennali”. Tajani ignora le lamentele interne e sottolinea che “non ci sono divisioni per quel che riguarda il Consiglio di oggi, siamo tutti favorevoli a un strategia che rafforzi la sicurezza. Poi bisognerà vedere nel concreto, discutere non è mai sbagliato. Noi come Forza Italia siamo favorevoli a rafforzare la nostra sicurezza”.

Le dichiarazioni del ministro arrivano prima di un incontro fuori programma con von der Leyen, che oggi riceverà il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, prima di prendere parte al vertice europeo. Tanto che le posizioni del vicepremier sembrano essere allineate a quelle della leader di Palazzo Berlaymont che chiede agli Stati di accrescere la propria spesa per la Difesa, nonostante le critiche di mancata uniformità e programmazione della spesa a livello europeo in favore di decisioni esclusivamente nazionali. “Certamente dobbiamo arrivare alla spesa del 2% del Pil rispettando gli impegni presi con la Nato – ha detto il ministro – Dobbiamo lavorare per garantire la sicurezza e la sicurezza è un concetto ampio sia sul fronte interno che esterno. Non bisogna pensare che siamo un’armata di guerrafondai. Difesa è garantire la sicurezza degli italiani e degli europei”.

Un modo per cercare maggiore indipendenza dagli Stati Uniti? Non proprio. Perché nel gioco di equilibri, Tajani ricorda l’importanza del “solido rapporto transatlantico” che non può essere messo in discussione. Così, a conclusione del suo intervento, precisa che è “assolutamente impossibile pensare di garantire la sicurezza dell’Ucraina e dell’Europa senza un solido rapporto transatlantico, senza la Nato. È fondamentale, senza gli Stati Uniti non si può fare – sostiene mantenendosi pienamente in linea con le posizioni della presidente del Consiglio – Detto questo, significa anche che noi dobbiamo fare la nostra parte, cioè spendere più per la nostra sicurezza. Sicurezza non è guerra”.



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