Il ministro Foti: “Le risorse per Transizione 5.0 saranno ridotte a 3 miliardi”

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Saranno sostanzialmente dimezzate, passando da sei a tre miliardi di euro, le risorse che il piano Transizione 5.0 mette a disposizione delle imprese per incentivare la doppia transizione digitale e green. Ad annunciarlo è il ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e per il PNRR, Tommaso Foti, intervenuto il 7 marzo al convegno “Il ruolo del PNRR per il rilancio della manifattura italiana” organizzato a Brescia nell’ambito della manifestazione Futura Expo.

Il dimezzamento della provvista non sottrarrà però preziose risorse alle imprese: a oggi infatti i crediti d’imposta richiesti ammontano ad appena 502 milioni di euro sui 6,23 miliardi disponibili (ricordiamo infatti che dei 6,3 miliardi l’1%, pari a 63 milioni, è servito per finanziare lo sviluppo delle varie piattaforme e del personale che se ne sta occupando al Mimit e al GSE) e gli investimenti devono essere completati entro il 31/12/2025. Non c’è il tempo materiale perché le risorse attualmente appostate vengano utilizzate.

Si tratta dunque di un “semplice” bagno di realismo: la spesa integrale delle risorse assegnate al piano Transizione 5.o nell’ambito della Missione 7 del PNRR è infatti uno degli obiettivi da raggiungere. Di qui la decisione del Governo di negoziare con Bruxelles una revisione di quei capitoli di spesa che non hanno speranza di raggiungere il risultato originariamente prefissato.

Foti: “Transizione 5.0 partita male, non c’è più tempo per spendere tutti i 6 miliardi”

Foti ha spiegato che il Governo, dopo un’analisi del possibile tiraggio della misura, destinerà ad altri scopi circa la metà dei fondi prenotabili con questo strumento, equivalenti a circa tre miliardi di euro.

La decisione, come accennavamo poco sopra, rientra in una riprogrammazione più ampia volta a valutare la fattibilità dei progetti entro la scadenza fissata da Bruxelles. Foti ha specificato che, a seguito di un lavoro di ricognizione svolto con i diversi ministeri coinvolti, il 90% dei fondi riprogrammati rimarrà all’interno dello stesso capitolo. Nel caso del piano Transizione 5.0 quindi i tre miliardi andranno sempre a favore delle imprese per misure che hanno la capacità di metterle a terra in tempo utile.

Foti ha anche spiegato perché, a suo avviso, il piano sta funzionando molto meno del previsto: le difficoltà incontrate dal piano Transizione 5.0 – ha detto – sono in gran parte dovute a “rigidi vincoli che solo di recente sono stati in buona parte rimossi dopo una lunga trattativa a livello europeo”, lasciando però poco tempo residuo a disposizione delle imprese. Foti ha anche voluto sottolineare, infatti, che la scadenza per l’installazione degli impianti è fissata al 31 dicembre 2025 e che al momento non è ipotizzabile una proroga.

Dove andranno i tre miliardi che saranno scalati da Transizione 5.0? Foti ha lasciato più tracce. Da un lato a citato il successo dei contratti di sviluppo, dall’altro ha più genericamente sottolineato che le misure più semplici, orientate all’innovazione, alla digitalizzazione e alla competitività, “tendono a funzionare meglio”.

Il vero problema nell’assegnazione delle risorse è che l’origine della provvista della Missione 7 del PNRR è il piano RePower EU che pone in ogni caso obiettivi in termini di riduzione di consumi energetici. In parole più semplici, non sarà possibile destinarle, per esempio, al piano Transizione 4.0 che ha un focus solo sulla digitalizzazione.

Nocivelli (Confindustria): “Alle imprese serve più visibilità sul futuro”

Presente al tavolo con il ministro Foti era anche Marco Nocivelli, vicepresidente di Confindustria con delega alle politiche industriali.

La stima di Confindustria sull’utilizzo dei fondi del piano di Transizione 5.0 è di circa 2-2,5 miliardi di euro, ha detto Nocivelli, che si è quindi detto d’accordo a dirottare altrove le risorse inutilizzabili, a patto che destinarli “a supporto dell’innovazione dell’intero sistema industriale”.

L’idea di orientare parte di questi fondi verso i contratti di sviluppo non trova il plauso degli industriali perché, come ha spiegato Nocivelli, “coinvolgerebbe una platea ristretta di imprese”.

La vera questione posta Nocivelli è però un’altra: la preoccupazione delle imprese per il periodo successivo al 2025. Il vicepresidente ha infatti sottolineato che mentre le imprese hanno bisogno di una visione a lungo termine (il riferimento è al piano triennale per il 4.0 proposto da Confindustria), la “visibilità oggi è ridotta a 10 mesi: terminato Transizione 5.0 non c’è altro all’orizzonte”.




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