Come il Proposito Guida le Performance Aziendali

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La traduzione più adeguata di questo termine è probabilmente “proposito”, nell’accezione latina proposĭtum, ossia “ciò che è posto innanzi”. Il purpose è ciò che viene deliberatamente anteposto a tutto, una bussola che orienta le azioni, anche a livello morale, e crea un senso condiviso tra le persone. Un esempio emblematico è Disney, il cui purpose – “diffondere la felicità” – rappresenta un ideale estremamente espansivo, capace di ispirare un processo di innovazione continua.

Un principio nobile che rischia di rimanere in una dimensione astratta se non declinato operativamente. È il “purpose-washing”, uno slogan vuoto sul sito aziendale a decantare una ragion d’essere tanto illuminante quanto priva di reale impatto. Le vere aziende purpose-driven non si limitano a definire il loro proposito, ma costruiscono una congruenza tra cosa, come e perché.

Il cosa riguarda ciò che l’impresa offre ai clienti. Talvolta riconoscere e scoprire un nuovo purpose può portare a un’innovazione dei prodotti o servizi offerti. È il caso di Moleskine, che da tempo si identifica non in un’impresa che produce taccuini, ma in un’organizzazione che contribuisce alla diffusione di cultura, conoscenza e creatività. Un purpose che l’ha portata a innovare la sua offerta nell’ambito delle app digitali, dei cafè, e degli accessori per il viaggio. Analogamente, se il purpose di Microsoft non si fosse evoluto nell’ambizione di “aiutare ogni individuo e ogni organizzazione a raggiungere il meglio di sé”, difficilmente avrebbe innovato il proprio modello di business creando una piattaforma in grado di democratizzare l’accesso all’IA.

Il come si riferisce al modo in cui un’organizzazione opera: dai modelli di leadership ai criteri di valutazione delle performance fino all’organizzazione interna dei processi. Se il perché rimanda alla dimensione etica – la morale su cui si fondano le azioni – il come si avvicina all’estetica, ossia al modo in cui le azioni vengono gestite e quindi percepite verso l’esterno.

Gary Lubner, ex CEO di Belron (presente in Italia con il marchio Carglass), ha saputo trasformare un servizio apparentemente semplice – la riparazione dei vetri dell’auto – in un gesto di cura verso il cliente in una situazione di stress. Un’attenzione all’estetica che ha portato a raddoppiare il fatturato nell’arco di un decennio.



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