Senato approva legge per coinvolgere i lavoratori nella gestione e utili delle imprese

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La partecipazione attiva dei lavoratori alla vita e ai profitti delle imprese è diventata legge dopo l’ok definitivo del Senato. La normativa nasce da una proposta popolare promossa dalla Cisl, che aveva raccolto circa 400mila firme, e punta a tradurre in pratica l’articolo 46 della Costituzione. La legge introduce diverse misure che favoriscono l’ingresso dei dipendenti non solo nella gestione aziendale, ma anche nella distribuzione degli utili e nella partecipazione finanziaria.

Incentivi fiscali per la partecipazione economica e finanziaria dei lavoratori

Il provvedimento prevede modifiche significative per la tassazione degli emolumenti collegati a premi di risultato e alla partecipazione agli utili d’impresa, esclusivamente per i lavoratori dipendenti del settore privato. Nel 2025 il tetto dell’importo lordo su cui si applica l’imposta sostitutiva passa da 3mila a 5mila euro, a patto che la quota destinata ai dipendenti rappresenti almeno il 10% degli utili complessivi, secondo accordi collettivi aziendali o territoriali. Il reddito da lavoro dipendente, per usufruire dell’aliquota agevolata, non deve superare gli 80mila euro nell’anno precedente.

L’aliquota dell’imposta sostitutiva resta al 5% fino al 2027, ma salirà al 10% negli anni successivi. Questi cambiamenti rendono più conveniente per le aziende distribuire parte degli utili direttamente ai lavoratori. Le società possono adottare piani di partecipazione finanziaria, utilizzando strumenti disciplinati dal Codice Civile come azioni o altri titoli riservati ai dipendenti. Queste azioni possono pure sostituire i premi di risultato.

Nel 2025, i dividendi corrisposti dai titoli assegnati in sostituzione ai premi di risultato sono esenti al 50% fino a un massimo di 1.500 euro annui, favorendo così un reddito aggiuntivo più vantaggioso per i dipendenti coinvolti.

La partecipazione gestionale dei lavoratori attraverso gli statuti aziendali

Introdurre i lavoratori nei consigli di sorveglianza

Sotto il profilo gestionale, la legge introduce due possibili soluzioni per garantire la presenza dei lavoratori nella governance aziendale. La prima si rivolge alle società per azioni e a quelle in accomandita per azioni che adottano il modello dualistico di amministrazione. In queste società esiste un consiglio di gestione che si occupa giorno per giorno dell’impresa e un consiglio di sorveglianza con compiti di indirizzo e controllo.

Gli statuti societari potranno prevedere, qualora previsto dai contratti collettivi, la presenza nel consiglio di sorveglianza di uno o più rappresentanti dei lavoratori dipendenti. Questi rappresentanti saranno scelti con modalità stabilite dagli stessi contratti e dovranno rispettare requisiti di professionalità e onorabilità, oltre a non incorrere in cause di esclusione previste dalla normativa. Potrà inoltre essere previsto un rappresentante dei lavoratori che aderiscono ai piani di partecipazione finanziaria.

Questa novità punta a coinvolgere i lavoratori nel processo decisionale a livello strategico, consentendo loro di avere voce su molte scelte aziendali e di portare all’interno del consiglio di sorveglianza la prospettiva del lavoro e della partecipazione economica.

Gli aspetti organizzativi e consultivi della partecipazione dei lavoratori

Oltre alla sfera economica e gestionale, la nuova legge disciplina anche aspetti organizzativi e consultivi della partecipazione. Ciò significa che le imprese sono chiamate a riconoscere ruoli e forme di partecipazione che favoriscano il confronto con i lavoratori su temi che riguardano la vita aziendale e le condizioni di lavoro. Questa forma di coinvolgimento può tradursi in consultazioni periodiche o nella partecipazione a comitati interni per questioni specifiche.

Nel dettaglio, la normativa mira a riconoscere e rafforzare la capacità dei dipendenti di intervenire in modo chiaro e strutturato su scelte che possono avere conseguenze dirette su organici, sicurezza, organizzazione e sviluppo. Sarà così possibile costruire un dialogo più stabile e progressivo, sia per prevenire problemi che per promuovere un clima più collaborativo. Il riconoscimento formale della partecipazione consultiva passa spesso da accordi aziendali o contrattazioni sindacali.

Questa parte della legge valorizza il contributo dei lavoratori non solo come semplici esecutori, ma come soggetti in grado di fornire indicazioni utili alla gestione, rafforzando tutela e confronto.

Ruolo della politica e sostegno finanziario per promuovere la partecipazione

Il percorso legislativo che ha portato all’approvazione della legge è stato sostenuto da un dibattito politico intenso. La premier giorgia meloni ha partecipato all’assemblea nazionale della Cisl, rivendicando “l’impegno del governo nel finanziare gli incentivi per la partecipazione finanziaria con 72 milioni stanziati nella legge di Bilancio 2025”. Questi fondi serviranno a coprire gli sgravi fiscali e altre agevolazioni previste per rilanciare questo modello.

La decisione del Parlamento conferma un cambio di passo nell’approccio alle relazioni industriali, che passa dal puro rapporto di lavoro al riconoscimento di un ruolo più attivo dei dipendenti nella gestione e nella condivisione dei risultati economici. Il sostegno economico del governo rappresenta uno strumento cruciale per far superare alle imprese diffidenze o barriere tecnologiche che potevano frenare la diffusione di queste pratiche.

Il quadro normativo ora offre alle aziende e ai sindacati una traccia più precisa per incentivare forme di lavoro partecipato e per costruire nuove dinamiche di collaborazione in fase di contrattazione. Il provvedimento punta a ridisegnare il rapporto con il capitale e il lavoro, coinvolgendo in misura maggiore chi contribuisce concretamente alla produzione del valore aziendale.





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