Frodi fiscali, elaborati gli indici per smascherare le società filtro

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Indici Uif per smascherare le società di comodo nelle frodi Iva

Società di comodo nelle frodi Iva, ora la Uif ha elaborato gli indici per smascherarle. Sono più grandi della media, spesso operano nel commercio all’ingrosso, mostrano una produttività elevata ma un valore aggiunto operativo molto basso.

E, soprattutto, si collocano al centro di complesse catene di frode fiscale, dove il loro compito è uno: fare da schermo.

Sono le cosiddette imprese filtro, o buffer companies, analizzate per la prima volta in modo strutturato dallo studio condotto per l’Unità di informazione finanziaria (Uif), presentato con il titolo “Not a dog. Not a wolf. All he knows is what he’s not”.

Le imprese filtro nella catena delle frodi fiscali complesse

Il lavoro individua la posizione strategica delle imprese filtro all’interno delle frodi fiscali complesse: si collocano tra le imprese cartiere (soggetti formalmente attivi ma privi di una struttura produttiva) e quelle reali, operative e spesso beneficiarie degli illeciti. La loro funzione è quella di allungare e articolare la catena fraudolenta, rendendo più difficile ricostruire i flussi sospetti.

Uno strumento più indispensabile che mai. Le frodi Iva complesse continuano a rappresentare uno dei principali canali di drenaggio di risorse pubbliche in Europa. Solo nel 2023, secondo l’Ufficio del Procuratore europeo (Eppo), queste hanno causato danni per oltre 11,5 miliardi di euro, in aumento del 71% rispetto all’anno precedente. In Italia, il “gap Iva” stimato dalla Commissione europea per il 2021 supera i 14 miliardi, più del doppio della Germania, pur avendo un Pil inferiore.

Finora, il concetto di impresa filtro era noto agli inquirenti e agli operatori antiriciclaggio, ma non esistevano studi sistematici sulle sue caratteristiche strutturali, né indicatori quantitativi in grado di supportarne l’identificazione.

Un nuovo studio rivela le caratteristiche delle imprese filtro

Il nuovo studio si propone proprio di colmare questa lacuna, incrociando i dati di due fonti: le sentenze della Corte di cassazione tra il 2018 e il 2023 e le segnalazioni di operazioni sospette (Sos) per riciclaggio trasmesse alla Uif tra il 2013 e il 2023.

Il campione individuato comprende 39 imprese filtro, tutte con almeno un bilancio depositato negli anni in cui è stato accertato un comportamento illecito.

Per comprendere meglio le loro caratteristiche, gli autori le confrontano con due gruppi: un campione di controllo di imprese “normali”, selezionate per somiglianza strutturale (dimensione, settore, età), e un gruppo di imprese cartiere già identificate in uno studio precedente.

Dal confronto emergono tratti ibridi: le imprese filtro condividono alcuni comportamenti con le cartiere, ma mostrano anche elementi tipici delle aziende operative.

Come le cartiere, hanno un basso valore aggiunto operativo, un ciclo del capitale circolante molto rapido (pochi giorni medi per incassare crediti, pagare debiti o gestire le scorte) e una bassa incidenza del capitale circolante sui ricavi.

Ma, a differenza delle cartiere, le imprese filtro risultano spesso finanziate dal sistema bancario e presentano livelli di produttività superiori alla media, misurati in termini di ricavi per dipendente.

È in questa zona grigia che le imprese filtro si muovono: non completamente fittizie, ma nemmeno autenticamente produttive. In grado di superare controlli superficiali, ma con dinamiche interne atipiche.

Un profilo che rende difficile il lavoro degli operatori obbligati alla segnalazione, come banche, commercialisti, revisori e professionisti.

I risultati sono incoraggianti: l’indicatore ha identificato correttamente il 76% delle imprese filtro presenti nel campione, con un tasso di errore accettabile sul gruppo di controllo.

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Si tratta, precisano gli autori, di uno strumento di primo livello, pensato per affiancare i red flag già previsti dalla UIF e gli altri elementi oggettivi e soggettivi di anomalia indicati negli schemi operativi del 2020.

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