art. 94 bis, concorsualità dei contratti e disciplina di vigilanza bancaria*

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L’applicazione della disciplina di vigilanza bancaria alla procedura di concordato, quindi, non pare più così scontata.[49] 

Anzi, come cercheremo di argomentare, ci sembra sia probabilmente il contrario. 

Difatti, a parte i predetti criteri esegetici (letterali ed a contrariis, indubbiamente già di per sé eloquenti),[50] militano per la tesi dell’inapplicabilità di tale disciplina durante la procedura di concordato preventivo, ragioni sistematiche e di rapporti tra fonti normative. 

Sistematiche, anzitutto perché il favor per il salvataggio della continuità dell’impresa in crisi trova nel concordato preventivo lo strumento elettivo prescelto dal legislatore domestico alla luce della Direttiva Insolvency.[51] 

Tanto da dar vita, con il citato art. 94 bis CCII (oltre che con i richiamati artt. 95 e 97, commi 1, CCII), ad un reticolato di guarentigie pro imprenditore in crisi o insolvente, afferente anche la sfera del contratto, che, come visto, solo attraverso gli strumenti della votazione e dell’eventuale opposizione all’omologazione (anche) da parte dei contraenti in bonis (banche e non) può essere tutelata. 

Come ovviamente potrà avvenire per il tramite degli strumenti anticipatori dell’arresto della procedura concordataria di cui agli artt. 44, comma 2 e 106, comma 2, CCII, che soprattutto il creditore banca può ben attivare, ove abbia controllato a dovere – in quel caso sì facendo buon uso degli alert imposti dal rispetto della disciplina di vigilanza bancaria[52] (e finanche dal rispetto dei precetti di cui all’art. 2086 c.c., specifici per l’impresa “banca”) – le dinamiche del proprio cliente debitore in odor di crisi. 

Tanto così da poterne anche prevenire le scelte (e quindi i predetti vincolanti limiti negoziali), effettuando, pertanto, ogni segnalazione e classificazione di rito, sino a giungere alla risoluzione /revoca del/dal rapporto creditizio ante procedura concordataria. 

Così come la banca potrà anche (provare ad) anticipare gli effetti di una ragionevolmente sicura revoca dell’ammissione del concordato (o del concesso termine ex art. 44 CCII), invocando, come misura cautelare ex art. 54 CCII a proprio favore, la sterilizzazione delle limitazioni contrattuali in esame. 

Senza, però, poter invocare quelle (mai richiamate, a differenza che in caso di composizione) disposizioni della vigilanza bancaria, che verosimilmente potevano essere attivate prima con successo.[53] 

D’altra parte la scelta legislativa di valorizzare pro banche – e sin dal primo momento – la disciplina di vigilanza solo in sede di composizione negoziata trova giustificazione nel fatto che ivi non sussistono i diffusi sistemi di controllo (del giudice e del commissario, oltre che i predetti in mano ai singoli contraenti bancari in bonis), esistenti, invece, in sede concordataria, in cui gli istituti di credito fruisco anche dell’automatica prededuzione ex lege di cui all’art. 97, comma 11, CCII. 

Ma vi sono anche ragioni di rapporti tra fonti normative, come accennavamo. 

Anzitutto unionali. 

Nel caso di specie segnatamente quelle dell’art. 7, paragrafi 4 e 5 Dir. n. 1023/2019, di cui l’italico art. 94 bis risulta essere diretta promanazione. 

E tali paragrafi – come invero l’intera direttiva (che pur si preoccupa di tutelare istituti di credito e nuovi finanziamenti all’art. 17) – nulla precisano sulle pur preesistenti disposizioni di pari rango di cui all’art. 178 del Reg. n. 575/2013 (rivolta la prima agli Stati ed il secondo a determinati soggetti), germinante anche le (secondarie ed attuative) fonti costituenti le discipline comunitarie[54] ed italiane[55] di vigilanza prudenziale bancaria. 

Tutto ciò, nonostante la Dir. n. 1023/2019 sia costellata dal rinvio ad altre specifiche normative unionali, compreso il predetto Reg. n. 575/2013 (v. art. 1), inequivocabilmente, però, richiamato ad altri fini. 

E intuitivamente, se in un tale contesto una fonte di pari grado (art. 7, Dir. n. 1023/2019) viene emanata dopo un’altra regolante per alcuni aspetti intersecati la stessa fattispecie (art. 178 del Reg. n. 575/2013), è evidente che, a prescindere da quelle che potrebbero essere state le intenzioni del legislatore,[56] quella successiva assorbe sul punto quella antecedente. 

Ma anche sul piano domestico c’è le necessità di un inequivocabile quanto incontestabile rispetto della gerarchia tra fonti. 

Difatti, in assenza di qualsiasi richiamo alla disciplina di vigilanza bancaria in sede concordataria (peraltro, a differenza di quanto avviene nello scenario della composizione negoziata), le disposizioni del Codice della Crisi, generate dal D.Lgs. n. 14/2019 e successive modifiche, prevalgono su quelle meramente regolamentari emanate dalla Banca d’Italia (Circ. n. 139/1991, – Centrale Rischi – ventunesimo agg., 11/02/2025, cap. II, sez. VI, n. 20; Circ. n. 272/2008 – Matrice dei Conti -, diciassettesimo agg., 28/11/2023, sez. B), cap. 2, Qualità del credito, paragrafo 2.1 “Esposizioni creditizie deteriorate”). 

Dunque – e per provare così a tirare delle prime (ipotesi di) conclusioni sul tema – in caso di crisi d’impresa, e di ricorso a quadri di ristrutturazione/strumenti di risoluzione della crisi e dell’ insolvenza, come è il concordato preventivo (ma non la composizione negoziata),[57] o la normativa di vigilanza bancaria risulta diligentemente[58] invocata dall’istituto di credito, prima che il cliente/debitore acceda al quadro di ristrutturazione/strumento di risoluzione oppure, sino all’arresto della procedura (ovvero di una concessa misura cautelare basata sul verosimile fondamento di tale arresto anticipato), anche la banca – come ogni altro contraente in bonis – sarà soggetta alle limitazioni negoziali di cui agli artt. 94 bis, 95, comma 1, e 97, comma 1, CCII.



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