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A dodici anni dalla sua introduzione, la disciplina delle start-up innovative – contenuta nel DL 179/2012 – è stata oggetto di una profonda revisione. Le novità sono state introdotte con due interventi legislativi approvati a fine 2024: la Legge n. 162/2024, nota come “Legge Centemero”, e la Legge n. 193/2024, denominata “Legge per il mercato e la concorrenza 2023”.
Purtroppo, l’assenza di un coordinamento tra i due provvedimenti – approvati a distanza di un mese – ha generato una sovrapposizione di norme che, come vedremo, risultano prive di una visione organica.
Le modifiche più rilevanti riguardano, oltre ai requisiti per ottenere la qualifica di start-up innovativa (che non approfondiremo in questa sede), le agevolazioni fiscali per chi investe nel capitale sociale di tali imprese, in particolare la detrazione IRPEF in regime “de minimis” (articolo 29-bis, D.L. 179/2012). Questa misura, alternativa alla detrazione ordinaria del 30% (articolo 29), è riconosciuta solo in caso di aumento di capitale, per un investimento massimo agevolabile di 100.000 euro annui.
Potenziamento e nuovi limiti
Un primo elemento positivo introdotto dalla L. 193/2024 è l’innalzamento dell’aliquota della detrazione “de minimis” dal 50% al 65% per gli investimenti effettuati dal 2025 (art. 31, c. 2). Tuttavia, questo beneficio è accompagnato da una nuova limitazione temporale: l’agevolazione è ora riconosciuta solo nei primi tre anni di iscrizione della start-up nella sezione speciale del Registro delle imprese. Una misura chiaramente pensata per contenere l’impatto finanziario dell’incentivo.
È stata inoltre introdotta un’ulteriore restrizione: vengono esclusi dalla detrazione “de minimis” gli investimenti che generano una partecipazione superiore al 25% del capitale sociale o dei diritti di governance. Tale regola, tra l’altro, si applica anche alla detrazione ordinaria (art. 31, comma 1). Pertanto, a titolo esemplificativo, un socio che detiene già il 20% del capitale sociale e investe fino a superare il 25% non potrà beneficiare né della detrazione “de minimis” né di quella ordinaria. Si tratta di una misura fortemente penalizzante, che rischia di disincentivare l’afflusso di capitali verso le start-up innovative. Un’esclusione analoga è prevista per gli investitori che siano anche fornitori della start-up, se l’investimento supera il 25% dell’importo fatturato alla società.
Aspetti positivi e chiarimenti necessari
Tra le novità favorevoli introdotte dalla L. 193/2024 (articolo 31, comma 2, lettera d), si segnalano due disposizioni che, seppur positive, necessitano di chiarimenti.
La prima riguarda gli “investimenti in convertendo”: la norma ora stabilisce che la detrazione fiscale matura alla data del bonifico effettuato a favore della start-up, purché la somma sia versata con causale “versamento in conto aumento di capitale” e iscritta in una riserva patrimoniale. È senz’altro apprezzabile che il beneficio fiscale venga anticipato rispetto al momento della conversione in equity. Tuttavia, permangono rilevanti incertezze interpretative. In particolare, la norma non fornisce una definizione giuridica di “investimento in convertendo”, lasciando spazio a dubbi applicativi. Inoltre, come chiarito nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-03296 dell’8 gennaio 2025, la disposizione non sembrerebbe applicabile ai cosiddetti SAFE (Simple Agreement for Future Equity), strumenti ampiamente utilizzati nella prassi internazionale ma non espressamente disciplinati dal diritto societario italiano.
La seconda novità riguarda le cause di decadenza dall’agevolazione: non si decade più dal beneficio se la cessione della partecipazione avviene per cause indipendenti dalla volontà dell’investitore. È ragionevole ritenere che ciò avvenga, ad esempio, nel caso in cui un socio di minoranza sia obbligato a vendere per effetto del “diritto di trascinamento” esercitato dal socio di controllo. Questa disposizione sembra superare l’interpretazione restrittiva dell’Agenzia delle Entrate (interpello n. 390/2023), che equiparava tali cessioni alle ipotesi di recesso o esclusione.
La novità per gli investitori “incapienti”
Un’ulteriore modifica di rilievo è stata introdotta dalla Legge n. 162/2024 (art. 2), la quale prevede la possibilità di convertire la quota di detrazione “de minimis” non fruita per incapienza dell’IRPEF in un credito d’imposta. Tale credito è utilizzabile, a decorrere dal periodo d’imposta in cui è presentata la dichiarazione dei redditi, sia in compensazione ai sensi dell’articolo 17, D.Lgs. n. 241/1997, sia in sede di dichiarazione, senza alcun limite temporale di utilizzo.
Questa disposizione introduce un importante elemento di flessibilità, in quanto consente di superare il problema dell’incapienza fiscale, garantendo la piena fruibilità dell’incentivo anche in assenza di un’imposta lorda sufficiente a consentire l’immediata detrazione.
Infine, la Legge n. 162/2024 (art. 4) ha reso pienamente operativo il regime di esenzione delle plusvalenze realizzate da persone fisiche in occasione della cessione di partecipazioni in start-up e PMI innovative. Tale regime, originariamente introdotto dall’articolo 14, D.L. 73/2021, era rimasto inapplicabile in assenza della necessaria autorizzazione da parte della Commissione europea.
La nuova disciplina ha superato tale impasse riconducendo la misura nell’ambito del Regolamento (UE) n. 651/2014 (GBER), che consente la concessione di determinati aiuti di Stato in esenzione dall’obbligo di notifica preventiva alla Commissione. In tal modo, l’esenzione fiscale è divenuta compatibile con il quadro normativo europeo sugli aiuti di Stato, consentendone l’effettiva applicazione.
Conclusioni
La detrazione IRPEF “de minimis” per gli investimenti in start-up innovative è stata oggetto di una profonda revisione, con luci e ombre. Da un lato, l’innalzamento dell’aliquota e l’introduzione di nuove flessibilità rappresentano segnali positivi; dall’altro, le restrizioni introdotte – in particolare quelle legate alla soglia del 25% e alla durata dell’agevolazione – rischiano di limitarne l’efficacia e di scoraggiare gli investimenti.
Sarebbe stato auspicabile un intervento normativo organico e coerente, piuttosto che due provvedimenti distinti, non coordinati tra loro e approvati a distanza di poche settimane. Questa frammentazione normativa ha generato incertezza interpretativa e applicativa, proprio in un ambito che richiederebbe chiarezza e stabilità per attrarre capitali privati.
In questo senso, l’avvio dell’iter parlamentare del disegno di legge sulle PMI – che prevede l’adozione di un Testo Unico delle norme su start-up e PMI innovative – rappresenta un’opportunità importante. L’auspicio è che questo codice unico possa finalmente razionalizzare e armonizzare la disciplina, offrendo un quadro normativo chiaro, stabile e favorevole allo sviluppo dell’ecosistema dell’innovazione in Italia.
Solo attraverso una regolamentazione ben strutturata sarà possibile sostenere con efficacia la crescita delle start-up innovative e valorizzare il loro ruolo strategico per l’economia del Paese.
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