Panetta sul risiko bancario: “ok solo se finalizzato a migliorare i prestiti verso famiglie e imprese”

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Il credito alle imprese continua a contrarsi. E anche se il fenomeno ha rallentato nell’ultimo anno, resta una dinamica da non sottovalutare, soprattutto per le piccole aziende. Ecco perché, riferendosi alle operazioni di aggregazione bancaria attualmente in corso, il governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, ha sottolineato ieri nelle Considerazioni finali che esse sono potenzialmente utili a rendere il sistema più solido e meno frammentato. Le fusioni però «devono servire a rafforzare gli intermediari e a questo scopo è necessario che siano ben concepite e volte unicamente alla creazione di valore». Questo significa, innanzitutto, «offrire a imprese e famiglie finanziamenti adeguati per quantità e costi; strumenti di impiego del risparmio efficaci, trasparenti e a condizioni eque; servizi qualificati e innovativi, coerenti con le esigenze di sviluppo del Paese». D’altronde, «tre anni di forti profitti hanno messo a disposizione delle banche risorse significative, , oggi impiegate per avviare iniziative che ridurrebbero la frammentazione del mercato creditizio italiano». Un’adeguata disponibilità di credito è, infatti, essenziale «per sostenere gli investimenti e favorire la ripresa produttiva ha avvertito Panetta soprattutto per le aziende più piccole, che incontrano più difficoltà di accesso a fonti alternative di finanziamento».

La stretta sui prestiti, ha spiegato il numero uno di Via Nazionale, dipende più dalla debolezza della domanda che da un irrigidimento dell’offerta: le imprese, in molti casi, non chiedono credito perché non investono. «I sondaggi mostrano che la quota di società che segnalano difficoltà di accesso al credito è in calo in tutti i settori e per tutte le classi dimensionali», ha specificato. Anche i bilanci aziendali confermano la tendenza: l’autofinanziamento è cresciuto più degli investimenti, «riducendo fino ad azzerare il fabbisogno di risorse esterne». Molte aziende, inoltre, hanno rafforzato il capitale e accumulato riserve finanziarie, migliorando la leva. Ma l’attenzione resta alta, soprattutto per le piccole imprese. «La Banca d’Italia continuerà a seguire l’evoluzione dei prestiti», ha rimarcato.

Per rafforzare la competitività europea serve però una risposta più ampia, che non può arrivare solo dai singoli Stati. Panetta ha rilanciato la proposta di un grande patto comune per la produttività basato sugli eurobond, come già accaduto col Next Generation Eu. «Un mercato dei capitali integrato, con al centro un titolo comune europeo, ridurrebbe i costi di finanziamento per le imprese, attivando investimenti aggiuntivi per 150 miliardi di euro all’anno e innalzando, a regime, il prodotto dell’1,5 per cento». Tradotto: circa 450 miliardi di euro in più di Pil. E se i fondi venissero destinati a progetti tecnologici, il potenziale sarebbe ancora più alto. Per farlo, secondo Panetta, «è cruciale introdurre un titolo pubblico

europeo» con una duplice funzione: finanziare investimenti comuni e offrire al sistema finanziario un parametro stabile.

Il contesto globale, però, rema contro. L’ascesa del protezionismo commerciale, soprattutto dagli Stati Uniti, è per Panetta uno dei maggiori rischi sistemici. «L’inasprimento delle barriere doganali potrebbe sottrarre quasi un punto percentuale alla crescita mondiale nell’arco di un biennio», con effetti doppi per gli Usa, e ricadute su occupazione e inflazione.

Il rischio è più ampio. «Le politiche protezionistiche adottate dagli Usa rischiano di ridurre il commercio internazionale di circa il 5 per cento», spingendo verso «un sistema di scambi meno integrato e meno efficiente».

Panetta avverte di una «crisi profonda degli equilibri che hanno sorretto l’economia globale negli ultimi decenni». La stessa architettura monetaria, «oggi incentrata sul dollaro», è sotto pressione. Il commercio, da motore di integrazione, rischia di diventare «fonte di divisione», minando fiducia, cooperazione e pace.



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