“Cresce la voglia di lavoro stabile”

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Oltre ventiquattro milioni di occupati. Un livello mai raggiunto nella storia repubblicana. Nonostante i venti d’incertezza che attraversano l’economia globale, il mercato del lavoro italiano segna un record non solo numerico. “Cresce la voglia di stabilità”, ha detto la ministra del Lavoro Marina Calderone, aprendo ieri a Genova il XVI Festival del Lavoro. Dopo anni di flessibilità esasperata, a dominare oggi è la domanda di contratti duraturi. E, secondo la ministra, le imprese rispondono: “Se assumono a tempo indeterminato è perché vedono prospettive. Questo è un segnale di fiducia nel futuro”. Un cambio di passo confermato dagli indicatori: la propensione a investire in rapporti stabili aumenta, segno che le aziende vedono nella stabilità un asset, non un rischio. “Quando un’impresa sceglie di assumere a tempo indeterminato, sta dicendo che crede nella tenuta del sistema e in una crescita sostenibile”, ha osservato Calderone. La stabilità, dunque, diventa leva competitiva.

Ma stabilità non significa automaticamente qualità. “C’è ancora molto da fare” ha aggiunto la ministra. A cominciare dalle scuole, dove — grazie a una norma del 2025 — la sicurezza sul lavoro entra nei programmi di educazione civica, trasformando gli studenti in “ambasciatori del lavoro sicuro”.

Un’altra leva importante è quella degli incentivi occupazionali. La ministra ha annunciato che sono già arrivate oltre 60mila domande per il bonus giovani e donne, misura che sostiene l’inserimento di categorie penalizzate dal mercato. Sul versante delle politiche attive, il governo punta sulla piattaforma Siisl, per l’inclusione lavorativa e sociale dei Neet (i giovani che non lavorano né studiano, ndr): un web coach virtuale aiuta i ragazzi a orientarsi, aggiornare i curricula e costruire percorsi formativi mirati.

Non si ferma neanche il sostegno alla riqualificazione del capitale umano: esauriti i 731 milioni del Fondo nuove competenze, la misura è stata rifinanziata con altri 320 milioni. Ma Calderone si spinge oltre: “Voglio raddoppiare le risorse. Le imprese rispondono, e il fabbisogno di competenze è altissimo”. La ministra ha ricordato anche come i territori vadano ascoltati, specie in un Paese fatto di distretti produttivi, microimprese e competenze locali da valorizzare. “Il lavoro – ha detto – non è un concetto astratto: nasce nelle città, nei laboratori, nelle officine, e dobbiamo essere capaci di intercettare quelle esigenze”.

Infine una riflessione personale: “Ho lasciato la presidenza dei consulenti del lavoro non senza critiche – ha concluso la ministra – perché credo nel compito che mi è stato affidato: non possiamo regalare ai nostri figli solo debito pubblico. Dobbiamo, invece, accompagnarli a costruire una dimensione di vita che sia migliore di quella, già buona, che abbiamo potuto vivere noi”.



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