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Essere più sostenibili significa essere più competitivi. Lo mostrano i numeri: le PMI con un tasso di adeguatezza elevato ai criteri Green presentano un tasso di default inferiore del 34% rispetto alla media (Fonte: CRIF). Un fattore di solidità che si riflette anche in sede di erogazione di prestiti e finanziamenti. La sostenibilità è ormai a tutti gli effetti un parametro per valutare la solvibilità, riconosciuto e utilizzato dagli operatori.

«Gli istituti finanziari integrano in modo sempre più strutturato i criteri ESG nei processi di valutazione del merito creditizio» dice Raffaella Bruzzone, Responsabile dei Progetti UE per la Camera di Commercio di Genova. «Non si tratta più solo di un elemento accessorio: oggi, la capacità di un’impresa di gestire i rischi ambientali, sociali e di governance è vista come un indicatore concreto di solidità e visione a lungo termine. In alcuni casi, le banche prevedono condizioni più favorevoli per chi dimostra impegni documentati sul fronte della sostenibilità. È un cambiamento che premia chi è trasparente e orientato alla transizione».

Questa attenzione alla sostenibilità dell’impresa si riscontra solo nelle banche o si registra anche da parte di altre categorie?

«Anche gli investitori privati (Business Angels, Fondi di Venture Capital) sono sempre più attenti ai criteri di sostenibilità, per due ordini di motivi. In primo luogo, perché è un indicatore di resilienza e visione strategica. Un’azienda che sa gestire i rischi climatici, che tutela il capitale umano e che ha una governance trasparente è, nei fatti, meno esposta a controversie, interruzioni operative o sorprese regolamentari. E questo, per chi investe, significa proteggere il valore nel tempo. Il secondo risiede nella capacità di rappresentare l’impatto del proprio capitale investito. Cresce la domanda di investimenti responsabili, che uniscano rendimento e impatto positivo. Per molte Startup, soprattutto nei settori tech, energia o agrifood, mostrare un chiaro impegno ESG è diventato un prerequisito per attrarre finanziamenti privati».

Quali altri vantaggi finanziari e incentivi esistono per le imprese che intendano diventare più sostenibili?

«Il panorama degli strumenti finanziari a supporto degli investimenti di impresa in sostenibilità è nutrito, sia a livello di finanziamenti diretti sia di programmi a gestione decentrata. Tra questi ultimi, le iniziative supportate dal FESR – il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale – giocano un ruolo strategico. I Programmi Operativi Regionali sono una risorsa fondamentale per le micro, piccole e medie imprese che necessitano di investire per garantire una maggiore sostenibilità, intesa tanto come efficienza energetica quato come economia circolare o digitalizzazione sostenibile. I Programmi di Cooperazione Territoriale – la cosiddetta “famiglia Interreg” – sostengono invece gli enti che, come il sistema camerale, vogliono mettere a disposizione delle MPMI servizi di supporto alla transizione ecologica. La nostra Camera di Commercio, a questo riguardo, è molto attiva e gestisce attualmente alcuni Progetti finanziati da Interreg IT FR Marittimo e Interreg Central Europe che intendono aiutare le imprese nell’adottare modelli di business circolare (Progetto Open Circular), supportando la partecipazione delle imprese ai bandi “verdi” (Progetto PRINCE)».

Voi lavorate a stretto contatto con le aziende nello sviluppo di percorsi di sostenibilità: quali sono le difficoltà più comuni?

«L’ostacolo principale è spesso culturale. In molte imprese, soprattutto di piccole dimensioni, la sostenibilità viene ancora percepita come un adempimento formale o, peggio, come un costo. Serve un cambio di mentalità per comprendere il suo valore di leva strategica. Un altro ostacolo frequente è la complessità normativa, che può scoraggiare chi non ha risorse interne dedicate. Proprio per questo, Camera di Commercio di Genova investe in servizi a valore aggiunto per le nostre imprese che consentano loro di comprendere meglio i principi di sostenibilità, di misurare la propria performance in materia e di prepararsi ad accedere a forme di finanziamento utili a sostenerne gli investimenti necessari. Ne sono esempio i servizi “PID – Punto Impresa Digitale” e la Rete “Enterprise Europe Network”».

Quali invece gli strumenti indispensabili?

«Il primo strumento è un buon sistema di governance interna, che includa la sostenibilità nei processi decisionali. Poi servono strumenti di misurazione: carbon footprint, bilancio di sostenibilità, analisi di materialità, indicatori ESG. Senza dati, non si può migliorare né comunicare con efficacia. Anche le certificazioni — come ISO 14001, EMAS o SA8000 — possono essere utili, soprattutto per rendere più credibile il percorso intrapreso. Non da ultimo, il dialogo con gli stakeholder: clienti, fornitori, dipendenti. La sostenibilità non si fa da soli, è un processo condiviso. Tuttavia, ogni strumento va calibrato a seconda della realtà della singola azienda e dei relativi fabbisogni».

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Articolo tratto dal numero del 1 giugno 2025 de Il BollettinoAbbonati!

📸 Credits: canva.com





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