Regime impatriati, l’effetto della sospensione del contratto di lavoro

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Regime impatriati, la sospensione del contratto di lavoro incide sull’accesso alle agevolazioni fiscali? Le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate

Regime impatriati, qual è l’effetto in caso di sospensione del contratto di lavoro?

A spiegarlo è l’Agenzia delle Entrate, che con la risposta all’interpello n. 142/2025 ha fornito un nuovo interessante chiarimento in merito all’applicazione del nuovo regime agevolato per i lavoratori impatriati, previsto dal decreto legislativo 209/2023.

Il documento risponde a un quesito specifico sollevato da un contribuente che intende trasferire la propria residenza fiscale in Italia a partire dal 2026, dopo un lungo periodo di attività all’estero.

L’Agenzia chiarisce che la presenza di un patto di sospensione del contratto di lavoro con il datore italiano non rappresenta, di per sé, un ostacolo all’accesso al beneficio fiscale, ma bisogna possedere dei requisiti imprescindibili.

Regime impatriati, l’effetto della sospensione del contratto di lavoro estero

Il caso riguarda un cittadino italiano assunto da una società nazionale nel 2007, successivamente distaccato all’estero in varie fasi fino al 2022, con incarichi svolti per una diversa società estera.

Nel gennaio 2023, a seguito del subentro di un nuovo datore di lavoro nel contratto originario, l’interessato ha sottoscritto un patto di sospensione del rapporto di lavoro, con validità fino a dicembre 2025.

Tale accordo, privo di retribuzione e senza obblighi contributivi o assicurativi, è stato finalizzato per consentirgli di accettare un nuovo impiego all’estero presso la stessa società in cui aveva già lavorato fuori dall’Italia.

A maggio 2023 ha trasferito la residenza anagrafica all’estero, e intende rientrare in Italia nel 2026, riprendendo l’attività lavorativa con la società italiana con cui il rapporto era stato sospeso. È in possesso di un titolo di laurea idoneo a soddisfare i requisiti di elevata qualificazione richiesti dal regime agevolativo.

Il dubbio sollevato riguarda la possibilità di accedere al nuovo regime per lavoratori impatriati, introdotto dal decreto legislativo 209/2023, nonostante l’interruzione temporanea del rapporto di lavoro italiano.

La risposta dell’Agenzia delle Entrate per i lavoratori impatriati

A tale quesito dell’Agenzia delle Entrate tramite la Risposta n. 142/2025 ha chiarito che:

In assenza di ulteriori condizioni poste dalla norma, non assume rilievo la circostanza che l’istante abbia sottoscritto un patto di sospensione del rapporto di lavoro con il datore per cui lavorerà in Italia

Il regime agevolato per i lavoratori impatriati può quindi essere applicato anche in presenza di una sospensione contrattuale, a condizione che siano rispettati tutti gli altri requisiti normativi.

I requisiti del regime impatriati

Il regime agevolato consente di tassare solo il 50 per cento dei redditi da lavoro dipendente, assimilato o autonomo prodotti in Italia da soggetti che rientrano, entro un limite annuo di 600.000 euro.

Tra i requisiti principali:

  • trasferimento della residenza fiscale in Italia (ai sensi dell’art. 2 del TUIR);
  • mancata residenza fiscale in Italia nei 3 periodi d’imposta precedenti al rientro;
  • permanenza all’estero per almeno 3, 6 o 7 anni, in base ai rapporti con il datore di lavoro;
  • prestazione lavorativa prevalente sul territorio italiano;
  • titolo di studio con qualificazione o specializzazione elevata, come previsto dai D.lgs. 108/2012 e 206/2007.

Il nodo della durata minima all’estero per gli impatriati

Come indicato dall’Agenzia delle Entrate, anche alla luce del caso specifico presentato, il requisito di permanenza all’estero varia come segue:

  • 3 anni se il lavoratore cambia completamente datore di lavoro al rientro;
  • 6 anni se lavora per lo stesso gruppo estero ma non aveva lavorato per quel gruppo in Italia prima dell’espatrio;
  • 7 anni se aveva già lavorato in Italia per lo stesso gruppo prima del trasferimento all’estero.

L’Agenzia chiarisce che è determinante valutare il legame tra datore estero e italiano, anche in termini di gruppo societario ai sensi dell’art. 2359 del codice civile

Agenzia delle Entrate – risposta all’interpello n. 142/2025



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