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Roma, 3 giugno 2025 – Nuova mossa in arrivo dalla Banca centrale europea, che giovedì 5 giugno dovrebbe tagliare ancora i tassi. L’istituto guidato da Christine Lagarde dovrebbe portare il tasso sui depositi dal 2,25% al 2%, procedendo quindi con un taglio di 25 punti base. Una decisione largamente attesa dalla quasi totalità degli analisti e già prezzata dagli operatori di mercato, soprattutto alla luce dei dati sull’inflazione pubblicati questa settimana. Per la prima volta da sette mesi, infatti, l’indice dei prezzi nell’Eurozona è tornato sotto il livello obiettivo del 2%, attestandosi a maggio all’1,9%. La riunione di giovedì non sarà probabilmente priva di tensioni. All’interno del Consiglio direttivo resta infatti una certa eterogeneità di vedute sulla direzione e sull’intensità del futuro percorso di allentamento. I ‘falchi’ invocano cautela, sottolineando la resilienza dell’economia europea, mentre le ‘colombe’ puntano sul venir meno delle pressioni inflazionistiche e sull’incertezza globale.
Sommario
Gli analisti scommettono su un nuovo taglio dei tassi di interesse da parte della Bce guidata da Christine Lagarde
L’impatto più immediato di un taglio dei tassi si farà sentire sui mutui a tasso variabile, che potrebbero registrare un leggero calo nei prossimi mesi, in funzione dell’adeguamento dell’Euribor. La Bce non controlla direttamente i tassi dei prestiti, ma ne influenza l’andamento: un taglio da parte dell’Eurotower contribuisce a rendere più conveniente il credito, con effetti anche sui prestiti al consumo e sulle condizioni di finanziamento per le imprese. È probabile però che i benefici concreti per famiglie e aziende si vedranno soprattutto nel medio termine, qualora il ciclo di allentamento prosegua. I nuovi mutui a tasso fisso potrebbero tornare su livelli più competitivi nella seconda metà dell’anno, a patto che il mercato continui a prezzare ulteriori interventi. Intanto, chi ha già un mutuo a tasso fisso non beneficerà direttamente del taglio.
Il ritorno dell’inflazione al di sotto del 2% rappresenta un passaggio simbolico per la politica monetaria della Bce. Dopo mesi di segnali misti, la lettura di maggio ha mostrato un dato armonizzato all’1,9%, al di sotto delle attese del mercato. A trainare il rallentamento sono stati soprattutto i prezzi dell’energia e una dinamica salariale in fase di normalizzazione. Anche l’apprezzamento dell’euro ha contribuito ad allentare le pressioni sui prezzi importati. Gli analisti vedono in questa combinazione un segnale di disinflazione diffusa, che giustifica un primo taglio dei tassi come misura precauzionale. Resta però da capire se il dato rappresenti una tendenza duratura o solo una pausa temporanea, legata a fattori esogeni come la tregua commerciale tra Stati Uniti e Cina o la recente discesa dei prezzi del petrolio.
Con il tasso di riferimento al 2,25%, la politica monetaria della Bce si trova già nella parte alta del cosiddetto corridoio neutrale, individuato tra l’1,75% e il 2,25%. Il taglio previsto per giovedì porterebbe i tassi in una fascia più espansiva, ma senza varcare la soglia di allarme. L’obiettivo è quello di garantire un sostegno all’economia in una fase di crescita debole, senza innescare nuove fiammate inflazionistiche. Secondo gli analisti di Mfs Investment Management, la Bce adotterà un approccio prudente, lasciando la porta aperta a futuri interventi ma senza sbilanciarsi troppo. Il mantra della “dipendenza dai dati” di Francoforte continuerà a dominare la comunicazione ufficiale, con un’enfasi sul monitoraggio dei rischi geopolitici e delle dinamiche interne al mercato del lavoro.
Se il taglio di giugno appare ormai certo, più incerto è il cammino dei prossimi mesi. Secondo gli analisti di Goldman Sachs, un secondo taglio a luglio sarebbe auspicabile per consolidare il processo disinflazionistico. Tuttavia, altri istituti come Ing o Mfs Im prevedono una pausa estiva, con la possibilità di tornare ad allentare la politica monetaria a settembre. La Bce si troverà a fare i conti con alcune variabili ancora attuali: dall’effettiva tenuta dell’economia europea, alle conseguenze delle tensioni commerciali globali, fino all’impatto delle politiche fiscali nazionali. A complicare il quadro c’è poi la posizione della Federal Reserve: se la banca centrale statunitense dovesse mantenere i tassi invariati più a lungo, un eccessivo disallineamento con la Bce potrebbe avere effetti sul cambio euro-dollaro e sulle esportazioni europee.
Al di là della decisione sui tassi, l’attenzione dei mercati sarà tutta sulla conferenza stampa della presidente Christine Lagarde. Con un’inflazione ancora sostenuta ma un’attività economica ancora debole, la comunicazione della Bce dovrà bilanciare cautela e apertura. Gli analisti si aspettano che Lagarde ribadisca l‘approccio ‘data-dependent’ e lasci aperta la porta a ulteriori interventi, ma senza sbilanciarsi su un calendario preciso. Il recente gossip su una sua possibile uscita anticipata verso il World Economic Forum potrebbe inoltre alimentare domande fuori copione, ma ciò che i mercati vorranno davvero sapere è quale direzione intende prendere la Bce nel secondo semestre. La Bce si muove su un sentiero stretto: troppo poco stimolo potrebbe frenare la ripresa, troppo stimolo potrebbe riaccendere l’inflazione. Per ora i mercati scommettono su due tagli entro la fine del 2025, con tassi terminali attesi attorno all’1,5-1,65%. Ma tutto dipenderà dall’evoluzione dei dati.
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