La Gen Z cerca guide «gentili» nelle aziende

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CAPITALE UMANO. «La leadership deve essere porosa: se non ascolti la linfa nuova, perdi il futuro». Con dialogo autentico, Guido Stratta racconta la rivoluzione culturale che serve per non perdere il treno della nuova generazione

«La gentilezza in azienda non è bontà: è una scelta strategica». Così Guido Stratta, voce fuori dal coro nel panorama della leadership aziendale italiana, comincia il suo racconto. E lo fa con un’immagine quotidiana. «Faccio un esempio: se io entro in un bar e chiedo sempre un caffè con un tono seccato, magari anche maleducato, chi mi serve finirà per considerarmi una persona fastidiosa. Ma se invece entro e dico con un sorriso: “Buongiorno, signorina, che buon caffè che fate qui!”. E lei risponde magari: “Sa, sono di Reggio Calabria, studio Giurisprudenza a Bergamo e mi mantengo con questo lavoro…”, “Veramente buono il vostro caffè, grazie”, si crea un’onda lunga di positività. È potentissima e contagiosa: berrò un caffè sempre buono».

Un modo di leggere il lavoro

L’onda lunga della gentilezza. Un’immagine che Stratta ha trasformato in metodo, in filosofia, in progetto sociale e professionale. Dopo anni al vertice delle risorse umane del Gruppo Enel, oggi lavora con il Comune di Bergamo per creare un «assessorato alla gentilezza»: un’idea che può sembrare poetica, ma che in realtà ha basi solidissime nella cultura organizzativa e nei dati aziendali. «La gentilezza è un sistema. È un modo di leggere il lavoro, la leadership, la performance. È tutto fuorché debolezza. È ciò che serve per rompere il paradigma del cinismo. Perché il cinismo ha avvelenato le relazioni professionali. Ma non è una condanna: possiamo disattivarlo».

Guidare il cambiamento

Stratta ha anche fondato l’Accademia della Gentilezza, un laboratorio permanente di formazione, cultura e contaminazione positiva. L’obiettivo è ambizioso: formare persone in grado di guidare il cambiamento non solo nelle aziende, ma in ogni contesto organizzativo e sociale. L’Accademia lavora su competenze relazionali, comunicative ed emotive, ma soprattutto sull’ascolto profondo, il vero motore del cambiamento. È qui che il «metodo Stratta» prende forma concreta, tra workshop, esperienze immersive e percorsi personalizzati. Al centro del suo approccio c’è il dialogo autentico, soprattutto con i giovani. «Una relazione forte – spiega – si basa su tre elementi: chiarezza di direzione, gestione delle emozioni e creazione di senso. Se un giovane capisce cosa fare, sente che sei con lui, e comprende il senso, allora si attiverà. Non serve spingerlo, lo farà da solo». È una leadership che non dirige dall’alto, ma affianca, sostiene e incoraggia a prendersi responsabilità vere. Perché solo chi si sente visto e valorizzato può davvero diventare protagonista. Per il consulente, le aziende hanno bisogno di una nuova grammatica della leadership.

Il rischio del comando-controllo

Per troppo tempo abbiamo confuso la forza con il comando, l’efficienza con il controllo, il rispetto con il timore. Ma la vera leadership è quella che porta le persone dove da sole non riuscirebbero ad arrivare. E questo si chiama gentilezza. Stratta non è un idealista. Le sue teorie sono il frutto di un lavoro pragmatico di misurazione del costo del disimpegno, dell’assenteismo, della sfiducia. «Il leader comando-controllo può ottenere obbedienza, sì. Ma mai eccellenza. E soprattutto, non ottiene mai fedeltà. Le persone restano dove c’è cultura, non dove c’è paura».

Alla leadership gerarchica, che pure riconosce necessaria, Stratta contrappone una leadership condivisa, contenutistica, emozionale. «Le idee non hanno gerarchia. Può capitare che una mattina il miglior contributo venga da un giovane con un’intuizione brillante. Io devo essere pronto a coglierla. Nella gerarchia poi darò ordini, certo. Ma nell’innovazione, nella motivazione, nel confronto, anche il “padrone delle ferriere” dovrebbe dire: “Stiamo facendo questo. Contributi?” Chi dà il contributo migliore è leader in quel momento. Questo non attacca i poteri. Promuove benessere e partecipazione». E il merito emergerà da sé. «Dopo dieci riunioni, se Francesca Lai dà sempre i contributi migliori nel marketing, tutta l’azienda saprà chi è Francesca Lai. Il merito nasce quando si abilita la partecipazione».

Cambio radicale di paradigma

In un contesto in cui cinque generazioni lavorano fianco a fianco, Stratta invita a un cambio radicale di paradigma: «Non possiamo pensare con un solo occhiale. Dobbiamo allenarci all’inclusività intellettuale. Un giovane non deve arrivare sul lavoro aspettandosi l’omogeneizzato. Deve entrare come un cercatore: di leader, di modelli, di esperienze». Il dialogo con i giovani deve essere autentico. Stratta lo sintetizza in tre elementi fondamentali per costruire una relazione solida: chiarezza di direzione – sapere dove si sta andando; gestione delle emozioni – essere presenti per affrontare ciò che il cambiamento suscita; creazione di senso – far comprendere il perché. «Se un giovane capisce cosa fare, sente che sei con lui, e comprende il senso, allora si attiverà».

Guidare la Gen Z

Stratta è convinto che la Generazione Z non vada guidata, ma accolta, ascoltata e possa essere contaminante. «La leadership deve essere porosa, capace di processare la linfa nuova. Se non lo fa, l’azienda diventa un dinosauro. I giovani non portano solo nuove competenze, ma nuovi linguaggi, nuove istanze. Se non le ascolti, le perdi. E perdi il futuro». E per attrarre giovani in una piccola azienda «serve una narrazione vera. Non devi raccontarti come il miglior produttore di viti del mondo se non lo sei. Devi dire: “Sappiamo che non ti fermerai da noi, ma mentre ci sei vogliamo che dai il massimo. In cambio ti offriamo una storia imprenditoriale, autentica, e ti pagheremo bene”. È una questione di verità narrativa. Se invece vendi fumo e imponi giacca e cravatta, ti restano solo i settantenni».

«Trasformo persone»

Stratta ha una visione chiara del cambiamento organizzativo. E usa un’immagine potente per descriverlo: «Come le piante trasformano CO₂ in zuccheri e ossigeno, così le persone – se unite – possono trasformare la tossicità in energia. È un patto. Una scelta. Non trasformo più aziende, trasformo persone. E quando cambiano le persone, cambia un reparto. E poi l’azienda».

Resistenza emotiva

Come esempio concreto Stratta condivide la propria esperienza in ambito sanitario. «Era un contesto ipertossico. Siamo partiti con piccoli gruppi, lavorando sulla condivisione, trasformando i conflitti da personali a contenutistici. Un reparto ha iniziato a cambiare, poi un altro, poi un altro. Il cambiamento non va atteso dall’alto. Parte dalle persone». In fin dei conti, Stratta non è un guru. Lo si può definire, piuttosto, un allenatore di resistenza emotiva. «Se ti alleni a pensare anche quando nessuno ti ascolta, a proporre anche quando ti ignorano, a regalare le idee anche al capo più cinico… vinci. Magari proprio quel capo un giorno ti affida un progetto. E lì, con umiltà, glielo regali. Non dici: “Finalmente ho convinto il deficiente”. No. Procedi per il bene comune. E se proprio non funziona, te ne vai. Ma integro, allenato, lucido, e pronto per un nuovo terreno».

LA SCHEDA: CHI E’ GUIDO STRATTA

Guido Stratta è fondatore dell’Accademia della Gentilezza, progetto nato per promuovere un modello di sviluppo umano, economico e sociale. La gentilezza viene intesa come leva per una trasformazione profonda del sistema Paese, in cui risultato, benessere e motivazione coesistono in equilibrio. Professionista con oltre 30 anni di esperienza nelle risorse umane, ha ricoperto il ruolo di Direttore People and Organization del Gruppo Enel dal 1° ottobre 2020. In precedenza è stato Responsabile People Development and Senior Executives Business Partner, con focus su compensation, formazione e recruiting. Entrato in Enel nel 2003, ha seguito l’area HRO fino a diventare Responsabile HR di Enel Green Power nel 2008. Ha poi guidato Enel.SI e 3SUN, società chiave per lo sviluppo del fotovoltaico e dell’efficienza energetica. Ha iniziato la carriera nel 1988 nel Gruppo Italgas, con incarichi nelle relazioni industriali e compensation. Nel 2001 è entrato in Wind, dove ha guidato sviluppo e gestione HR. È laureato con lode in Giurisprudenza all’Università di Torino e ha conseguito un master, sempre con lode, in biologia marina all’Università Politecnica delle Marche.

Per approfondire il tema del rapporto tra AZIENDE e GENERAZIONE Z collegarsi al sito dell’Osservatorio Delta Index

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