Lo Spid diventa a pagamento, la mossa dei gestori e i fondi bloccati: le tariffe, le date e chi non deve pagare l’identità digitale

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I fondi pubblici previsti dal 2023 non sarebbero ancora stati sbloccati. E a luglio scadono le convenzioni tra lo Stato e i privati che forniscono il sistema ormai indispensabile per accedere ai servizi della Pubblica amministrazione

Rischia di allungarsi la lista dei gestori che impongono una tariffa per il mantenimento dello Spid. Sarebbero ancora bloccati i 40 milioni di euro di finanziamenti pubblici destinati ai privati per il Sistema Pubblico di Identità Digitale. Come riporta Alessandro Longo su Repubblica, si tratta di fondi previsti in un decreto del 2023. Ma i soldi non sono ancora arrivati ai gestori, che iniziano a fornire a pagamento il servizio ormai indispensabile per cittadini e imprese utile per accedere ai servizi della Pubblica amministrazione.

Chi impone lo Spid a pagamento

Dal 28 luglio 2025, i clienti di Infocert dovranno pagare un canone annuale di 5,98 euro. E non si tratta del primo identity provider ad adottare questa strategia. Una decisione che arriva dopo 10 anni di gratuità. Anche Aruba, nei mesi scorsi, ha abbandonato la gratuità del servizio dal secondo anno di abbonamento.

InfoCert spiega la decisione: «Dieci anni di investimenti»

L’azienda, parte del gruppo Tinexta, ha comunicato la novità agli utenti tramite email, sottolineando di aver offerto gratuitamente il servizio per un decennio. «Per dieci anni abbiamo promosso l’accesso digitale ai servizi pubblici», si legge nella comunicazione ufficiale. «La decisione si rende necessaria per garantire la sostenibilità economica di un servizio che, pur essendo diventato essenziale per il Paese, presenta da anni un forte squilibrio tra costi sostenuti e ricavi generati», spiegano dall’azienda. InfoCert ha investito negli anni «tra i 20 e i 30 milioni di euro» per lo SPID, operando in perdita come gli altri gestori del servizio.

Come disdire il servizio InfoCert

I cittadini non subiranno addebiti automatici, ma chi non intende pagare perderà l’accesso al servizio SPID fornito da InfoCert. Gli utenti che vogliono rinunciare possono farlo in due modi: inviando una PEC all’indirizzo revoca.spid@legalmail.it, oppure tramite raccomandata A/R all’indirizzo della sede amministrativa dell’azienda, a Roma. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito ufficiale InfoCert, accedere alla chat online o contattare il call center al numero 049 78 49 360.

Poste Italiane mantiene la gratuità

In Italia si contano oltre 39 milioni di identità digitali attive. Più del 70% è gestito da PosteID, il provider collegato a Poste Italiane, che al momento continua a offrire il servizio gratuitamente. Poste rimane infatti il principale fornitore per numero di identità attivate. Gran parte dei gestori SPID mantiene ancora la gratuità del servizio. Tuttavia, tra gli utenti cresce il timore che possa scatenarsi un effetto domino che porterà anche gli altri operatori ad adottare un modello a pagamento, trasformando quello che era nato come un servizio pubblico in un prodotto commerciale.

I numeri di un servizio ormai indispensabile

Lo SPID gestisce oltre il 90% degli accessi ai servizi digitali della pubblica amministrazione, con ben 1,2 miliardi di accessi registrati nel 2024. Resta ancora marginale il ruolo della Carta di identità elettronica (CIE) per gli accessi online alla Pa. Come ricorda Repubblica, Nel 2024 con Cie sono stai effettuati appena 52 milioni di accesso, a fronte di 48,2 milioni di carte distribuite.

Scadenza cruciale: a luglio la resa dei conti

Il tempo stringe per trovare una soluzione. A luglio scade infatti la convenzione tra lo Stato e i fornitori di SPID, che dovranno decidere se rinnovarla per altri due anni o interrompere definitivamente il servizio. Una decisione che potrebbe avere conseguenze significative per milioni di utenti che quotidianamente utilizzano l’identità digitale per interagire con la Pubblica Amministrazione, mentre i 40 milioni di euro di finanziamenti pubblici previsti dal decreto del 2023 restano ancora apparentemente bloccati.



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