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La Regione non sa spendere i fondi europei, ma manda i burocrati a spiegare a imprese ed enti locali come fare

Coi fondi europei è un po’ come con le promozioni porta a porta: se il cliente non bussa, tocca al venditore andare a cercarlo. E così la Regione Siciliana ha deciso di mandare in giro, provincia per provincia, i propri dirigenti con cataloghi, slide e opuscoli per illustrare agli enti locali, alle imprese e al terzo settore le “straordinarie opportunità” dei bandi europei. Un roadshow dal titolo accattivante – Opportunità coesione – che ha preso il via da Siracusa e Ragusa e toccherà tutte e nove le province dell’Isola. Obiettivo: stimolare la partecipazione, convincere i potenziali beneficiari a candidarsi e, soprattutto, dimostrare che la Regione c’è. Anche se, per ora, più come promoter che come regista.

A Ragusa il debutto dell’iniziativa è stato accompagnato da una passerella di dirigenti e funzionari regionali, impegnati a spiegare i bandi del PR FESR 2021-2027 e del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC). In totale, una dotazione di 810 milioni di euro, destinata per lo più alle imprese (513 milioni) e in parte ad enti locali e terzo settore (297 milioni). Si parla di digitalizzazione, innovazione tecnologica, efficienza energetica, turismo, impiantistica sportiva, servizi sociali. Si parla tanto, forse troppo.

Eppure, alla prova dei fatti, i numeri sono desolanti. Il PR FESR 2021-2027, che è il capitolo più ricco tra i programmi europei, assegna alla Sicilia oltre 5,8 miliardi di euro. Ma, secondo i dati aggiornati al 28 febbraio dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, la Regione ha speso appena lo 0,93 per cento delle risorse disponibili. Peggio hanno fatto soltanto Molise e Basilicata. La Calabria, per dire, ha raggiunto una percentuale tripla. Ancora più allarmante la situazione del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione: la Sicilia non ha speso nemmeno un euro dei quasi 5 miliardi previsti dall’Accordo di coesione firmato oltre un anno fa da Giorgia Meloni e Renato Schifani. Altro che opportunità: qui siamo al punto di partenza.

Non è un caso se, lo scorso marzo, il presidente Schifani ha convocato a Palazzo d’Orléans i nove assessori e i quindici dirigenti generali dei dipartimenti coinvolti nell’attuazione degli interventi finanziati dal PNRR e dal Piano Nazionale Complementare. L’incontro è stato motivato dalle criticità emerse nel monitoraggio condotto dalla Cabina di regia regionale per il PNRR, coordinata dal segretario generale Margherita Rizza, che ha evidenziato ritardi nell’implementazione della piattaforma Regis, disallineamenti contabili tra i sistemi di gestione e una bassa percentuale di spesa. In particolare, tredici misure specifiche, afferenti a dieci dipartimenti, presentavano difficoltà significative nel raggiungimento dei target previsti per l’anno in corso. Schifani ha sottolineato che l’eventuale mancato adempimento degli obblighi sarebbe stato rilevante ai fini della valutazione dirigenziale.

Un altro esempio emblematico dell’inefficienza burocratica è rappresentato dalla clamorosa bocciatura, nel 2021, di tutti i 31 progetti presentati dai Consorzi di Bonifica siciliani per l’ammodernamento dei sistemi irrigui, con una perdita complessiva di circa 400 milioni di euro. Il Ministero delle Politiche Agricole ha dichiarato inammissibili tutte le proposte a causa di gravi carenze progettuali. La Sicilia è stata l’unica regione d’Italia a non ottenere alcun finanziamento in quella tornata, evidenziando una debolezza strutturale della pubblica amministrazione regionale.

Il paradosso è che oggi, per spiegare come funzionano i bandi, la Regione è costretta a ricorrere agli stessi apparati che, fino a ieri, faticavano a scriverli. I dirigenti che oggi salgono sul palco sono gli stessi a cui il governo regionale ha dovuto chiedere conto delle disfunzioni e dei pasticci accumulati nella programmazione.

E se qualcuno ha ancora dubbi sulla capacità della Regione di gestire efficacemente i fondi europei, basta ricordare l’esperienza – finita nel mirino della magistratura e della Commissione Europea – del progetto SeeSicily, il piano di promozione turistica da decine di milioni di euro gestito durante l’assessorato di Manlio Messina. L’unico, paradossalmente, ad avere avuto una linea chiara e un disegno preciso su come spendere i fondi. Peccato che quella chiarezza abbia generato più ombre che luci: affidamenti diretti, procedure poco trasparenti, comunicazione ‘gonfiata’, controlli assenti. E la restituzione all’Europa di circa 20 milioni (la metà dei quali già spesi). Un disastro annunciato, che ha lasciato una scia di polemiche e interrogativi ancora aperti.

Il tour Opportunità coesione si propone come un’occasione di ascolto e dialogo con i territori. E magari qualcosa di buono ne verrà fuori. Ma è evidente che senza una revisione profonda dei meccanismi amministrativi, senza un rafforzamento vero della macchina regionale e senza una selezione rigorosa dei progetti, ogni iniziativa rischia di trasformarsi in una parata, più utile a rassicurare i vertici che a risolvere i problemi. I fondi europei non sono volantini da distribuire, ma leve strategiche da utilizzare con competenza, visione e trasparenza. E questo, al momento, è ancora merce rara.





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