più dipendenti, ma cresce lo spopolamento e calano le famiglie

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Cratere umbro, lavoro in trasformazione: crescono i dipendenti, crollano i familiari.
Nel cratere del sisma in Valnerina, senza Spoleto, +24% di lavoratori subordinati ma -13% di addetti familiari.
La ricostruzione porta imprese strutturate da fuori, ma non basta a trattenere chi se ne va. Con Spoleto nel conteggio, l’intero sistema occupazionale perde oltre 700 addetti.

Il lavoro cambia volto nei comuni terremotati: più contratti stabili, ma meno radicamento

Nei 14 comuni del cratere del sisma in Valnerina – da Norcia a Cerreto di Spoleto, da Sellano a Montefranco – i lavoratori subordinati sono cresciuti del 24,4% in dieci anni, passando da 2.562 nel 2015 a 3.187 nel 2025. Una crescita costante, legata all’attività dei cantieri post-sisma e all’arrivo di imprese esterne, soprattutto del settore edile.

Oggi oltre il 62% degli occupati è dipendente, contro il 53,5% del 2015. Un mutamento profondo per un territorio dove la microimpresa familiare è sempre stata centrale.

“I numeri confermano che la ricostruzione ha innescato un cambiamento strutturale del lavoro nel cratere umbro – spiegano dal progetto Fenice -, ma da sola non basta. Stiamo assistendo a una crescita degli occupati subordinati, segnale incoraggiante, ma resta il rischio di un rimbalzo a vuoto se non ricostruiamo anche comunità e prospettive”.

Crollano gli addetti familiari: imprese svuotate e territori senza eredi

Dal 2015 gli addetti familiari sono diminuiti di quasi il 13%: da 2.229 a 1.945. Una flessione significativa, alimentata da due dinamiche parallele. La prima è nazionale: la crisi delle imprese a conduzione familiare. La seconda è locale: lo shock del sisma e l’esodo delle famiglie, che non hanno ripreso le attività nei luoghi d’origine.

Molti addetti risultano formalmente attivi, ma in realtà non operano più nei territori del cratere. In alcuni casi le imprese sono “fantasma”, con sede amministrativa nei borghi ma produzione altrove.

Il saldo occupazionale è positivo senza Spoleto, ma negativo nel cratere allargato

Escludendo Spoleto, gli occupati totali nei comuni della Valnerina sono passati da 4.791 a 5.132 (+7,1%). Un segnale incoraggiante, che si capovolge includendo la città nel perimetro del cratere: da 16.660 a 15.934, con una perdita di 726 occupati (-4,4%).

Spoleto, con il suo peso demografico e occupazionale, influenza fortemente l’aggregato. Ma qui l’effetto ricostruzione ha inciso meno: i subordinati aumentano solo del 2,1%, mentre gli addetti familiari calano del 16,5%.

Il vero nodo è demografico: Norcia -9,7%, Cascia -7%, Poggiodomo al minimo

Lo spopolamento avanza e minaccia la sostenibilità futura dei territori del cratere. Norcia ha perso il 9,7% dei residenti dal 2016, Cascia il 6,9%. A Poggiodomo vivono 83 persone, con un indice di vecchiaia superiore al 1.100%.

L’età media supera i 60 anni in molti comuni. I giovani non tornano, il saldo naturale resta negativo. I pochi segnali positivi, come un lieve aumento delle nascite a Cascia, non sono sufficienti a invertire la rotta.

“Il Progetto Fenice nasce proprio per questo – dichiarano i promotori -: per trattenere chi vuole restare e attrarre chi può tornare. Investiamo in impresa, formazione e identità, perché senza persone nessun territorio può avere futuro. È il momento di accelerare, con visione e continuità”.

Fenice, la scommessa per ricostruire identità, non solo economia

Fenice è il progetto che punta a rigenerare il cratere del sisma in Valnerina, non solo ricostruendo infrastrutture, ma rilanciando capitale umano e sociale. Promosso dall’Università per Stranieri di Perugia, con il Comune di Norcia, la Camera di Commercio e la Scuola Umbra di Amministrazione Pubblica, il programma lavora su più direttrici: formazione, rilancio delle filiere agricole e turistiche, nuove forme di residenzialità, attrazione di competenze.

Il focus è su Norcia e la Valnerina, con un modello integrato che coinvolge pubblico e privato.

I dati occupazionali mostrano segnali positivi, ma resta il rischio di una crescita effimera. La sfida è evitare che, una volta conclusi i cantieri, il territorio torni a svuotarsi. Serve una governance stabile, investimenti duraturi e una visione a lungo termine.



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