Tax freedom day, perché l’8 giugno è il primo giorno senza tasse

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La Cgia di Mestre ha calcolato quanti giorni di lavoro siano necessari in media per un contribuente italiano per pagare tutte le tasse di un anno, il tax freedom day. Il risultato di questo esperimento ha individuato il 6 giugno come la data in cui scadono i 156 giorni che, mediamente, bisogna lavorare in Italia per pagare le tasse.

Si tratta di una misura del tutto indicativa, che serve a dimostrare quanto del tempo passato a lavorare sia dedicato in realtà al pagamento delle tasse. Un metodo più intuitivo della pressione fiscale, che spesso rimane un numero astratto.

Cos’è il tax freedom day

Per calcolare il tax freedom day del 2025, la Cgia ha stimato in 2.256 miliardi di euro il Pil italiano nel 2025, che suddiviso nei 365 giorni dell’anno permette di ottenere un prodotto interno lordo giornaliero di 6,2 miliardi. Lo studio ha poi estrapolato le previsioni delle entrate tributarie dello Stato, pari a 962,2 miliardi di euro. Dividendo questo dato per il Pil giornaliero, si ottiene il numero di giorni di lavoro necessari per pagare l’interezza del carico fiscale.

Il risultato è, come detto, 156 giorni, che rende il 7 giugno il primo “tax freedom day” del 2025 in Italia. È il risultato del carico fiscale del nostro Paese, che è molto significativo a più del 42%. Come sottolineato anche da Cgia, il calcolo del tax freedom day è soltanto un esercizio teorico, utile a capire quanto le tasse pesino sugli stipendi degli italiani.

Il tax freedom day in altri Paesi

Pur non essendo un dato utilizzato in economia o per le decisioni politiche, il tax freedom day è anche un buon metodo di paragone per capire l’incidenza delle tasse in vari Paesi nel mondo. Non essendo una metrica ufficiale, la sua misurazione non è sistematica e quindi i dati non sono sempre aggiornati. Nel 2023, la classifica dei più grandi Paesi occidentali recitava:

  1. Stati Uniti, 18 aprile,
  2. Regno Unito, 9 maggio,
  3. Spagna, 8 giugno,
  4. Francia, 17 luglio,
  5. Germania, 21 luglio

Come è evidente, l’Italia non è tra i Paesi con il tax freedom day peggiore d’Europa, nonostante l’ammontare delle tasse che pesano sui contribuenti sia spesso ritenuto altissimo.

Il peso delle tasse in Italia

La Cgia ha spiegato questa posizione dell’Italia anche con alcuni interventi mirati a far calare la pressione fiscale negli ultimi anni. Nel 2025 il Governo ha aumentato le detrazioni Irpef e ha previsto un bonus per i redditi da lavoro dipendente fino a 20mila euro, con l’intento di ridurre il cuneo fiscale e a compensazione della decontribuzione. Questo non è però stato l’unico fattore a contribuire alla riduzione della pressione fiscale, come spiegato dallo studio:

Il buon andamento delle entrate fiscali nel 2024 è stato determinato da fattori economici che hanno condizionato la crescita delle imposte sostitutive attinenti ai redditi da capitale. Non va nemmeno dimenticata la crescita registrata dalle retribuzioni; grazie ai rinnovi contrattuali, alla corresponsione degli arretrati nel pubblico impiego e all’aumento del numero di occupati l’Irpef e i contributi previdenziali hanno subito un rialzo positivo.





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