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Una selezione di studi e ricerche su business e finanza responsabili che ETicaNews ha incontrato nell’ultimo periodo. In questo numero: Review of Finance – Fondo Italiano d’Investimento Sgr – Human Foundation – Bfinance – ShareAction – Banca d’Italia
Nella sua attività quotidiana, ETicaNews riporta o menziona con continuità ricerche, analisi, report sul business sostenibile e responsabile. Di seguito, riportiamo una selezione relativa alle ultime settimane, con una breve sintesi del contenuto e con un rimando al relativo articolo. Questi report sono una minima parte delle centinaia di ricerche che ETicaNews ha incrociato nel suo percorso, e costituiscono una parte rilevante del data base accessibile ai registrati ET.pro.
ABBIAMO PARLATO DEL PAPER…
“Executive compensation with environmental and social performance” (Review of Finance)
ARTICOLO: Retribuzioni Esg, come superare il “gaming”
Negli ultimi anni, molte imprese hanno legato la retribuzione dei manager a indicatori di performance ambientale e sociale (Esp). Il paper analizza attraverso un modello teorico se e quando tali incentivi possano creare valore. Gli autori mostrano che, sebbene l’inclusione di metriche Esp possa promuovere investimenti sociali, esiste il rischio di “gaming”: i manager ottimizzano la propria remunerazione seguendo formalmente le metriche, ma con impatti reali minimi. Poiché le misure Esp sono imperfette, il contratto ottimale prevede una bassa sensibilità della retribuzione a queste metriche, a meno che il board non desideri un livello di investimento sociale superiore a quello che massimizza il valore delle azioni. L’uso di punteggi Esp multipli e poco correlati riduce il rischio di comportamenti opportunistici, migliorando l’efficienza degli investimenti. Il paper evidenzia che i contratti devono essere attentamente progettati: legare la retribuzione alla sostenibilità non è sempre utile, ma può diventarlo se supportato da metriche robuste e da obiettivi chiari del board.
ABBIAMO PARLATO DELLO STUDIO…
“Ricerca e analisi sul mercato degli investimenti a impatto” (Fondo Italiano d’Investimento Sgr e Human Foundation)
ARTICOLO: L’investimento “reale” spinge l’impact
Il mercato dell’impact investing in Europa ha raggiunto i 230 miliardi di euro nel 2023, triplicando rispetto al 2021, e mostra una crescita significativa anche in Italia, dove è passato da 5,8 miliardi nel 2020 a 9,3 miliardi nel 2022. Questo sviluppo è trainato dall’interesse verso i private market, dal coinvolgimento di investitori istituzionali e dall’adozione di nuovi strumenti finanziari, in un contesto di crescente connessione tra finanza ed economia reale. Lo studio evidenzia che il 79% degli investimenti avviene tramite debito e il 21% in equity. Tra gli strumenti più utilizzati: social bond, microcredito, equity crowdfunding e fondi di private equity a impatto. Fondo Italiano d’Investimento gioca un ruolo chiave con il fondo Fof Impact Investing, lanciato nel 2022, che investe in fondi art. 9 focalizzati sulla sostenibilità. A fine 2024, il fondo ha raggiunto 84 milioni di euro, contribuendo a mobilitare oltre 702 milioni e generando un potenziale di investimento superiore a 1 miliardo di euro.
ABBIAMO PARLATO DELL’INDAGINE…
“Poll Reveals Heightened Geopolitical Concerns, Nuanced ESG Reassessment” (Bfinance)
ARTICOLO: Bfinance: gli istituzionali restano Esg
Secondo la survey condotta a marzo 2025 su 168 investitori istituzionali in 34 Paesi, non si assiste a una ritirata dall’Esg, ma a una sua rivalutazione. Il 49% sta riesaminando le strategie Esg, mentre solo il 24% ritiene questi temi meno interessanti rispetto a inizio anno e il 9% li considera più attrattivi. La maggioranza degli investitori europei mantiene l’impegno Esg, a differenza di quelli americani, influenzati da un contesto politico più controverso. Il rischio geopolitico è percepito in aumento dall’82% degli intervistati, ma la propensione al rischio resta stabile per il 75%. Gli approcci Esg variano per tipologia di investitore: tra i fondi pensione il 45% segnala interesse invariato, il 24% ridotto; tra gli assicuratori il 57% lo mantiene stabile. Le fondazioni, più orientate alla mission, si mostrano più resilienti, mentre fondi e assicurazioni, più vincolati da performance e normative, tendono a rivalutare le proprie posizioni. In generale, si conferma una revisione critica delle strategie ESG, più che un disimpegno.
ABBIAMO PARLATO DELLO STUDIO…
“Point of No Returns 2025: A responsible investment benchmark of 76 of the world’s largest asset managers” (ShareAction)
ARTICOLO: ShareAction boccia le Sgr sugli Esg
Secondo lo studio la maggior parte delle Sgr non raggiunge nemmeno la metà dei 20 standard ESG minimi, con un progresso fermo e scarso impegno concreto. Solo 10 su 76 gestori superano la soglia, mentre i quattro più grandi risultano tra i peggiori. L’integrazione ESG riguarda solo una minoranza dei fondi, mentre gli investimenti in settori dannosi (carbone, combustibili fossili e armi) restano diffusi. La biodiversità continua a essere ignorata: oltre la metà delle Sgr non soddisfa neanche uno standard base. Nonostante dichiarazioni di impegno, mancano azioni concrete, escalation e obiettivi chiari. ShareAction critica l’ipocrisia di molte politiche “responsabili” che non trovano riscontro nella pratica e invita asset owner e politici ad agire per un cambiamento sistemico. Il questionario, compilato da ShareAction e inviato ai gestori, ha ricevuto risposta solo da 54 su 76, evidenziando scarsa trasparenza e coinvolgimento.
ABBIAMO PARLATO DELLA RICERCA…
“Modelling transition risk-adjusted probability of default” (Banca d’Italia)
ARTICOLO: Bankitalia, così la Co2 incide sui default
La transizione climatica comporta effetti differenziati sul rischio di insolvenza delle imprese. Banca d’Italia propone una nuova metodologia per stimare la probabilità di default integrando il rischio di transizione in modo più accurato, utilizzando dati sulle emissioni di Co₂ a livello aziendale (Scope 1), anziché medie settoriali. Il metodo, applicato al sistema di rating dell’Istituto, si basa sui dati verificati del sistema europeo Eu-Ets e considera l’impatto della volatilità del prezzo del carbonio. Rispetto agli scenari Ngfs, il modello bottom-up mostra una maggiore sensibilità, distinguendo tra imprese con basse e alte emissioni. Le prime possono migliorare il rating vendendo quote in eccesso, le seconde affrontano maggiori rischi e costi. L’approccio consente una valutazione più realistica e simmetrica del merito creditizio, migliorando l’accesso al capitale per le imprese virtuose e allineando l’analisi al tipico orizzonte annuale delle valutazioni creditizie.
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