Edilizia pubblica, ecco come ripensare i processi di costruzione in chiave digitale

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Ultim’ora news 22 maggio ore 20


L’ottavo rapporto Oice sulla digitalizzazione e sulle gare di building information modeling (bim) restituisce l’immagine di un settore, quello dell’edilizia pubblica, in transizione, dove la digitalizzazione avanza a passo incerto. Infatti, l’incidenza percentuale delle gare che richiedono il bim sul totale di bandi pubblici per servizi di architettura e ingegneria (sai) è in costante flessione dal 2022 (13,2% nel 2024 contro il 13,7% del 2023 e il 18,8% del 2022), riflettendo la difficoltà, per il settore pubblico, di adottare in modo strutturale processi digitali avanzati.

Questo approccio parziale alla digitalizzazione è confermato dalle modalità con cui il bim viene valutato in sede di gara. Sebbene stiano diminuendo le richieste di progettazione in bim poste in modo generico e superficiale, permane una forte disomogeneità nei criteri adottati dalle stazioni appaltanti: una frammentazione che rischia di frenare l’evoluzione del mercato e di ostacolare un’adozione organica degli strumenti digitale.

A questo si aggiunge il progressivo indebolimento della qualità dei bandi. Nel 2024, infatti, il numero di gare che includono un capitolato informativo – documento essenziale per disciplinare la gestione informativa del progetto – è diminuito di 4 punti percentuali, a fronte di un aumento di 10 punti tra il 2022 e il 2023. Questo indica che il bim viene spesso richiesto senza definire chiaramente le modalità per applicarlo in modo efficace e coerente.

Quota rilevante anche in termini economici

Eppure, anche in questo scenario caratterizzato da lungaggini e attività disorganiche, i bandi bim continuano a rappresentare una quota rilevante in termini economici: nel 2024 hanno generato affidamenti per 596,2 milioni di euro, pari al 35,3% del valore complessivo dei bandi sai. Un dato che conferma come il bim venga riservato ai progetti più strategici e complessi, mantenendo un ruolo centrale nonostante la contrazione del mercato.

Ciò avviene grazie ad un contesto normativo ormai maturo che riflette l’importanza dello strumento: dal primo gennaio 2024, con l’entrata in vigore del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, l’adozione del bim è diventata obbligatoria per tutte le stazioni appaltanti, sia per nuove opere sia per interventi su costruito superiori al milione di euro, e per le manutenzioni ordinarie e straordinaria di asset già digitalizzati.

È quindi evidente come l’adozione del bim, e più in generale la gestione informativa via digitale, rappresentino non solo una semplice opportunità strategica, ma un autentico strumento per il potenziamento del business, oltre a costituire un requisito normativo imprescindibile lungo l’intero ciclo di vita delle costruzioni.

Necessario impegno condiviso e continuativo

Guardando avanti, la sfida non sarà soltanto applicare strumenti ormai obbligatori, ma ripensare in chiave digitale l’intero processo edilizio. Digitalizzare significa migliorare la comunicazione tra gli attori coinvolti, ridurre errori e inefficienze, contenere i costi, rispettare i tempi, e soprattutto promuovere una cultura fondata su trasparenza, tracciabilità e qualità.

Le tecnologie oggi disponibili permettono di connettere e semplificare flussi di lavoro ancora troppo spesso frammentati e analogici. Perché la trasformazione sia davvero efficace, è necessario un impegno condiviso e continuativo: dalle istituzioni alle imprese, dai progettisti ai committenti pubblici. La digitalizzazione, dunque, non è più una scelta facoltativa: è la condizione necessaria per costruire un settore delle costruzioni più efficiente, sostenibile e resiliente. (riproduzione riservata)



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