Imprese familiari a rischio, il 92% delle PMI italiane affronta la sfida della successione

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Il tessuto imprenditoriale italiano rischia di sgretolarsi sotto il peso di un problema sempre più urgente: il passaggio generazionale nelle imprese familiari. I numeri sono allarmanti: solo il 30% delle aziende familiari sopravvive al primo cambio di leadership e appena il 13% riesce ad arrivare alla terza generazione. Un dato che assume contorni drammatici se si considera che il 92% delle PMI italiane ha carattere familiare, rappresentando la spina dorsale dell’economia e dell’occupazione nel nostro Paese. Ogni anno circa 35mila aziende familiari avviano un processo di successione, ma solo un terzo di queste riesce a completarlo con successo. La pandemia ha accelerato questo fenomeno, con il tasso di passaggi generazionali che è passato dall’1,5% annuo nel periodo 2013-2019 al 2,1% nel triennio 2020-2022, secondo i dati dell’Università Bocconi.

‘Il problema principale è che solo il 18% delle aziende familiari ha pianificato un processo strutturato di transizione generazionale’, afferma Cristiano Pusca, esperto di passaggi generazionali e autore del libro ‘La fiducia conditio sine qua non‘. ‘La fiducia è il valore dei valori, la condizione base necessaria per qualsiasi passaggio di testimone. Se c’è fiducia, le cose scorrono; quando ce n’è poca, rallentano; quando manca, si fermano completamente’. La questione non è solo economica ma profondamente etica e sociale. Dietro ogni azienda familiare ci sono decine, talvolta centinaia di famiglie che dipendono dalla sua continuità. Il fallimento di un passaggio generazionale non rappresenta solo la fine di un’impresa, ma la perdita di posti di lavoro e know-how accumulato in decenni.

‘Fare un’impresa vuol dire impegnarsi, sacrificarsi e la leadership che hanno non si può trasferire per dono, ma con dedizione e passione’, spiega con franchezza Pusca. ‘Non è che per la sola imposizione delle mani io ti trasferisco tutta una serie di competenze. È necessario un percorso di accompagnamento strutturato che può durare da uno a tre anni, a seconda delle dimensioni dell’azienda’. Secondo l’esperto, il processo di successione si basa su tre pilastri fondamentali: fiducia, valori condivisi e un processo strutturato di delega. ‘Dopo aver sistemato la fiducia affinché abbiano una visione condivisa, si fa un lavoro sui valori, cioè le cose che per ognuno sono importanti’, continua Pusca. ‘È fondamentale allineare il significato profondo dei valori tra generazioni diverse, perché spesso entrambe le parti possono condividere gli stessi principi ma interpretarli e metterli in pratica in modi completamente diversi’.

Un esempio concreto? ‘Il figlio che dice: papà, siccome noi rispettiamo i collaboratori, il sabato mattina non lavoriamo più e li lasciamo con le loro famiglie. Il papà risponde: ma tu vuoi farmi fallire? Tutti e due hanno rispetto per i collaboratori, ma agiscono in maniera diversa’. Il terzo elemento è la delega, che non deve essere confusa con lo ‘sbolognamento’ delle responsabilità. ‘La delega non è dare le chiavi dell’azienda e andare ai Caraibi a godersi la pensione. È un accompagnamento strutturato che prevede l’estrazione del know-how dal titolare e il suo trasferimento al successore’.

Non sempre, però, i figli sono la scelta migliore per la successione. ‘Devi avere determinate attitudini per fare impresa, devi sapere gestire il rischio in una certa maniera’, sottolinea Pusca. ‘In alcuni casi, dopo un’attenta analisi comportamentale, ho suggerito all’imprenditore di vendere l’azienda o di inserire un manager esterno, perché i figli non avevano le caratteristiche necessarie per fare gli imprenditori’. Il concetto chiave, secondo l’esperto, è ‘modernizzare senza tradire le radici‘. ‘Innovare nel senso della tradizione è un concetto basilare: non si butta mai via niente, prendi quello che è buono, migliora e vai avanti. Il padre ha permesso al seme di diventare albero, il figlio è cascato vicino ma non può fare strada lontano dalle radici’.

Le prospettive future per il mercato dei passaggi generazionali sono complesse ma non prive di speranza. Con l’invecchiamento della generazione di imprenditori che ha guidato il boom economico italiano, nei prossimi dieci anni si stima che oltre 2,5 milioni di imprese familiari dovranno affrontare questo delicato processo. Un’opportunità di rinnovamento che, se gestita correttamente, potrebbe portare a una nuova fase di sviluppo per l’economia italiana.

Il ruolo etico e sociale delle imprese familiari nel mantenimento dell’occupazione passa quindi attraverso una pianificazione attenta e professionale del passaggio generazionale, che tenga conto non solo degli aspetti economici e finanziari, ma anche e soprattutto di quelli umani e valoriali. Solo così sarà possibile garantire la continuità di quel patrimonio di competenze, relazioni e valori che rappresenta la vera ricchezza del nostro sistema produttivo.



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