A due anni dall’alluvione a Ravenna emerge la coesione sociale, ma servono investimenti

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A due anni dall’alluvione che ha segnato profondamente la Romagna, il territorio ravennate fa i conti con ferite ancora aperte. Le immagini delle campagne sommerse e dei centri abitati invasi dall’acqua sono ancora vivide. La crisi ha fatto emergere, da una parte, la forza dei legami comunitari, la capacità di mobilitarsi, la disponibilità a sostenersi reciprocamente; dall’altra, ha fatto affiorare fratture latenti, disuguaglianze, situazioni di fragilità che rischiano di essere lasciate ai margini.

Lo rivela il 1° Rapporto Cassa di Ravenna-Censis Ravenna. Ripartire dal territorio, che analizza la situazione post-emergenza con dati aggiornati, voci del territorio e uno sguardo di lungo periodo.

Rischio idraulico strutturale e cambiamento climatico accelerato

Il 22,2% del territorio provinciale di Ravenna è classificato a pericolosità idraulica elevata, con punte del 47% nei comuni di Conselice e Alfonsine e del 33,1% a Cervia. In totale, oltre 15.000 edifici si trovano in aree a rischio elevato e circa 90.000 in zone a media esposizione. Anche il patrimonio culturale è vulnerabile: 183 beni in aree ad alto rischio, 1.496 a medio rischio.

Il clima cambia in fretta: +1,2°C la temperatura media nel 2024 rispetto al periodo 2001-2020, con punte di +1,5°C in ambito costiero. Le piogge si concentrano in eventi intensi e ravvicinati: nei bacini del Lamone, Senio e Montone si sono superati i 230 mm in 48 ore durante i picchi alluvionali del 2023 e 2024. Le giornate con precipitazioni estreme sono in aumento, e i suoli ormai impermeabili non sono più in grado di assorbire l’acqua. Il suolo è saturo e la provincia presenta un’urbanizzazione abbastanza fragile: il consumo di suolo a Ravenna, cioè quel fenomeno associato alla perdita di una risorsa ambientale fondamentale, dovuta all’occupazione di superficie originariamente agricola, naturale o seminaturale, e quindi l’incremento della copertura artificiale di terreno legato alle dinamiche insediative, è pari al 10,3%, rispetto all’8,9% dell’Emilia-Romagna e al 7,2% a livello nazionale.

Il ritmo di crescita del suolo impermeabilizzato è del +2,8% tra il 2017 e il 2023, contro l’1,8% della media italiana. Il 7,7% del suolo consumato si trova proprio in aree a pericolosità idraulica frequente.

Un sistema economico sotto pressione

Negli ultimi dieci anni, le imprese attive in provincia di Ravenna sono calate del 9,4%, più della media regionale (-5,9%) e nazionale (-1,9%). Tra i settori più colpiti: agricoltura (-20,4%), commercio (-18,8%) e trasporti (-22,3%). Il tessuto produttivo resta abbastanza frammentato: la dimensione media delle imprese è di 4,1 addetti. L’impatto delle alluvioni si inserisce in un processo di trasformazione economica che lascia emergere nuove fragilità, soprattutto per le realtà più piccole.

Un territorio che ha reagito, ma non può bastare

Il rapporto evidenzia l’efficacia della risposta territoriale. La rete di volontariato con le tante associazioni presenti nella provincia di Ravenna, le amministrazioni locali, le forze dell’ordine, la Protezione Civile, la Croce Rossa, hanno garantito tempestività e coordinamento nelle fasi più critiche. Una mobilitazione collettiva che ha impedito che la crisi degenerasse.

Non tutte le aree però hanno reagito allo stesso modo. Dove esistono reti relazionali dense, infrastrutture solide e un’amministrazione cooperativa, la risposta è stata più efficace. Altrove, soprattutto nelle zone più isolate, si sono registrate difficoltà operative, ritardi negli interventi e limitazioni nell’accesso ai ristori. La fragilità sociale si è intrecciata con quella ambientale.

Una crisi che aggrava le tendenze preesistenti

La crisi non ha fatto che accelerare processi già in corso: ridimensionamento del tessuto produttivo tradizionale, spopolamento delle aree collinari, diseguaglianze sociali latenti. Le misure di ristoro, inoltre, hanno mostrato molti limiti iniziali: lentezze procedurali, poca flessibilità, criteri non sempre calibrati sulle micro-realtà locali.

La normalità dell’eccezione

Tre sono le chiavi di lettura che emergono dal rapporto: sul piano economico sono diversi i segnali di trasformazione verso comparti della conoscenza e della cura, ma il rischio di marginalizzazione è concreto per molte piccole imprese; sul piano sociale, forte la reattività civica, ma si acuiscono le fratture e il rischio di esclusione per le fasce più vulnerabili; sul piano politico-istituzionale, nonostante Ravenna abbia avuto la forza di attivare un dialogo continuo tra enti e società civile,  ciò che serve oggi è una nuova stagione di investimento, non solo economico ma progettuale.

Una stagione in cui la cura del territorio diventi criterio guida dell’azione pubblica, in cui le politiche climatiche siano integrate in ogni scelta infrastrutturale, in cui la sicurezza non sia più pensata come semplice protezione, ma come capacità di abitare in modo equo e sostenibile uno spazio in trasformazione.



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