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In tema di export l’Umbria ha le carte in regola per sorprendere: nel 2024 il valore delle esportazioni regionali ha toccato quota 4 miliardi di euro, pari allo 0,9% del totale italiano. Una quota apparentemente modesta, ma che nasconde fermento, dinamismo e un potenziale ancora inespresso. E’ quanto emerge dal rapporto Unioncamere realizzato dal Centro studi delle Camere di Commercio. L’Umbria conta oggi 142 imprese “aspiranti esportatrici”, divise equamente tra industria e servizi. Si tratta di aziende che hanno tutte le caratteristiche per affacciarsi con successo sui mercati esteri, ma che ancora non l’hanno fatto o lo fanno solo occasionalmente. Molte sono micro o piccole aziende artigiane, spesso radicate nei distretti territoriali e con una forte specializzazione manifatturiera. Nel dettaglio provinciale, il quadro congiunturale è positivo. Secondo i dati del rapporto, tra il 2023 e il 2024 le esportazioni sono aumentate del 5,7% a Perugia e del 4,3% a Terni, ben sopra la media nazionale (+1,5%). Si tratta di segnali incoraggianti, specie se considerati insieme alla crescita dell’occupazione (+1,8% Perugia, +7,7% Terni) e al boom di entrate previste per nuovi lavoratori (+50,3% e +15,8%). La provincia di Perugia sconta un netto calo di startup innovative (-29,4%) mentre Terni mostra un crollo più contenuto (-20,8%), ma entrambe sembrano aver agganciato un trend di crescita dell’export. I settori trainanti restano acciaio, meccanica di precisione, agroalimentare, tessile e arredamento. Emergono comparti ad alto contenuto tecnologico: componentistica elettronica, chimica verde, servizi digitali. E’ qui che si gioca la scommessa dell’innovazione applicata all’export. Un tesoretto da valorizzare. L’Umbria con 142 imprese potenzialmente esportatrici, su 17mila a livello nazionale, rappresenta l’ 1,8% del totale nazionale. Il dato chiave è l’equilibrio tra industria e servizi, segno di una struttura economica mista. Le micro e piccole imprese umbre, spesso artigiane, hanno un potenziale ancora inespresso ma reale. Il 97,5% ha meno di dieci addetti, serve un salto di qualità con interventi sistemici, alleanze locali, università e Its. La presenza di 142 aspiranti esportatrici offre alle istituzioni un’occasione: intervenire in modo mirato. Le basi ci sono: tessuto imprenditoriale compatto, cultura del lavoro, aziende pronte al salto. Ora tocca alla politica, alle istituzioni e al sistema camerale.
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