Dazi, Ue stufa delle minacce di Trump: contro tariffe dal 150 mld e web tax per indebolire Usa

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L’ipotesi zero dazi per zero dazi portata avanti e difesa dall’Unione europea sembra ormai un lontano ricordo. Donald Trump ha deciso per tutti ed ha annunciato che gli Usa avranno la loro vendetta dopo decenni di soprusi commerciali messi in atto dal Vecchio Continente. I dazi annunciati lo scorso 2 aprile, prima del 20% e poi ridotti al 10%, ora sono arrivati al picco del 50%.

Un rialzo piuttosto potente che ha mandato in fumo miliardi di euro nelle Borse europee. Un rischio da prendere in considerazione quando a capo degli Stati Uniti c’è un presidente imprevedibile come Donald Trump. Il Tycoon si sarebbe stufato di rimanere in attesa dei negoziatori europei, dal suo punto di vista troppo lenti e poco efficienti, e avrebbe quindi nuovamente mischiato le carte in tavole, anche con l’obiettivo di attirare nuovamente l’attenzione su un argomento che piano piano stava divenendo marginale.

L’Ue deve ora cercare una nuova soluzione all’attacco di Trump, al fine di proteggere e salvaguardare le industrie che saranno inevitabilmente colpite dall’ultima aggressione di Trump. La scadenza è dietro l’angolo, visto che i dazi entreranno in vigore il prossimo 1 giugno. Il commissario per il commercio, Maros Sefcovic, è al lavoro da giorni per individuare un compromesso che sia conveniente per entrambe le parti.

Dazi, le soluzioni in Italia

Nel frattempo, in Italia si riflette su quale sia la strategia migliore da adottare per evitare che i dazi vadano ad intaccare la competitività e la produttività delle aziende italiane. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è ancora convinto che un accordo tra Usa e Ue sia possibile, tanto da sostenere che si possa arrivare a dazi reciproci del 10%.

In questi giorni, però, si riflette anche sullo scenario peggiore, ovvero quello in cui un accordo con Trump non viene individuato e quindi l’Italia deve trovarsi a fare i conti con tariffe maggiorate. L’idea del governo sarebbe quella di inserire degli incentivi per industrie e aziende nella revisione del Pnrr che è prevista per il prossimo giorno.

Si tratterebbe di stanziare 15 miliardi di euro, di cui 6 miliardi provenienti dal fondo Transizione 5.0, destinato alle imprese ma ancora chiuso a causa di alcune vicende burocratiche. Questa sembra la soluzione più efficace visto che altrimenti si dovrebbe procedere con una nuova legge di bilancio, i cui margini però sarebbero strettissimi.

Mentre l’esecutivo ragiona su possibili soluzioni giunge anche la voce critica del vicepremier Matteo Salvini, insoddisfatto di come fino ad ora sia stata gestita la situazione. “Il problema è chi sta trattando, conto che Bruxelles abbia la linea telefonica diretta con gli Usa“, ha tuonato il leader leghista, convincendo ad intervenire Antonio Tajani, altro vicepremier, a favore dell’Ue: “La linea anti europeista non mi ha mai convinto, lavoriamo per aiutare l’Europa a raggiungere il migliore obiettivo possibile“.

Dazi, i motivi dietro il rialzo dei dazi di Trump

A Bruxelles si riflette anche sui motivi che avrebbero spinto Trump ad aumentare le tariffe, nel tentativo di comprendere in che modo si possa agire per porre fine alla questione. Si è ipotizzato innanzitutto che dietro la mossa del Tycoon vi sia la trattativa sull’Ucraina e l’aumento delle spese militari. Una sorta di scossone necessario a portare l’Ue esattamente nella condizione da lui auspicata.

Un secondo punto potrebbe essere invece l’acquisto di gas naturale liquido. Dalla chiusura del gasdotto ucraino, l’Ue è rimasta sprovvista di gnl, che ora cerca in altri potenziali paesi alleati. Gli Usa, invece, vorrebbero che Bruxelles lo acquistasse in grandi quantità dagli Usa. Un’ipotesi da valutare, visto quanto l’Ue sia restia sulla possibilità di avere nuovamente un solo partner commerciale per prodotto.

Il timore che si presenti una nuova guerra o un conflitto commerciale o qualunque altra ipotesi che metta in pericolo l’approvvigionamento del gas sembra ora un rischio troppo grande. Da qui deriva la lentezza dei negoziati e la conseguente frustrazione di Trump e dei suoi negoziatori.

La preoccupazione dell’Italia, invece, riguarda le prossime mosse dell’Ue. Nonostante le costanti invocazioni alla prudenza, sembra che Bruxelles sia pronta a scendere sul piede di guerra. Se Trump non annullerà le sanzioni, allora è possibile che anche l’Ue proceda con nuove tariffe contro gli Usa, mostrando il pugno duro. Prima entrerebbe in vigore la lista dei contro dazi, dal valore potenziale di 150 miliardi, poi si potrebbe riflettere sulle Big Tech e le tasse che le coinvolgono.

La prossima settimana la Commissione Ue proverà a mettersi nuovamente in contatto con la Casa Bianca, mentre Ursula Von der Leyen riflette sulla possibilità di prendere il dossier nelle sue mani e trattare direttamente con Trump.



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