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Il patrimonio personale dell’ex «primo consigliere» è precipitato di 33 miliardi di dollari in un solo giorno. Ma se il presidente Usa dovesse davvero rescindere i contratti delle sue aziende con il governo federale, la cifra potrebbe lievitare
Elon Musk si è spesso presentato come paladino dei tagli alla spesa pubblica e ha fatto del ridimensionamento delle agenzie federali una delle principali missioni del Doge, il Dipartimento di efficienza governativa da lui diretto fino a poche settimane fa. Ma la verità è che negli ultimi due decenni l’imprenditore americano è stato tra i più grossi beneficiari dei fondi governativi dedicati alle imprese. Al punto che la faida a colpi di post sui social tra lui e Donald Trump potrebbe costargli molto cara: «Il modo più semplice per risparmiare denaro nel nostro bilancio, miliardi e miliardi di dollari, è quello di porre fine ai sussidi e ai contratti governativi di Elon. Mi ha sempre sorpreso che Biden non l’avesse fatto!», ha scritto il presidente americano in risposta agli attacchi del suo ormai ex collaboratore.
Tutti i fondi e i prestiti del governo Usa alle aziende di Musk
Ma quanti soldi rischia di perdere davvero Elon Musk su Trump decidesse davvero di rescindere tutti i contratti del governo federale con le sue aziende? Arrivare a una stima esatta è pressoché impossibile, ma ci sono abbastanza elementi per avere almeno un’ordine di grandezza. Lo scorso febbraio, per esempio, il Washington Post aveva rivelato come i diversi marchi di proprietà di Elon Musk avessero ricevuto complessivamente almeno 38 miliardi di dollari da contratti governativi, prestiti, sussidi e sgravi fiscali. Soltanto nel 2024, il patron di Tesla e SpaceX ha ricevuto almeno 6,3 miliardi di dollari da enti locali e governativi, la cifra più alta degli ultimi due decenni. Attualmente, sono circa una cinquantina i contratti ancora in essere, che potrebbero far finire nelle casse di Musk altri 11,8 miliardi nei prossimi anni.
Gli incentivi alle auto elettriche di Tesla
Tutte queste stime si basano sull’analisi dei contratti resi pubblici, mentre quelli che riguardano progetti nei settori della difesa o dell’intelligence restano protetti da segreto. Tra i fondi che Musk ha ricevuto dal governo ci sono anche 11,4 miliardi di dollari finiti nelle casse di Tesla e provenienti dai programmi federali per incentivare la transizione verso le auto elettriche, tra cui lo sgravio fiscale da 7.500€ per chi acquista un veicolo a batteria che ora Trump vuole eliminare una volta per tutte. Nel 2010, il colosso automobilistico di Musk ha ricevuto circa mezzo miliardo dal Dipartimento per l’energia che ha permesso all’azienda di acquistare una fabbrica a Fremont, in California, e di quotarsi in Borsa pochi mesi più tardi. A guardare bene, i bilanci di Tesla hanno sempre potuto contare su generosi aiuti di Stato e sgravi fiscali. Dal 2014, per esempio, circa un terzo dei 35 miliardi di utili generati dall’azienda sono arrivati dalla vendita di quote di CO2 alle case automobilistiche rivali, sia in Europa che negli Stati Uniti.
La mano tesa della Nasa a SpaceX e le minacce di Musk sul progetto Dragon
L’altra azienda di Musk che più ha beneficiato dei fondi governativi è SpaceX, la prima azienda aerospaziale privata ad aver spedito una navicella alla Stazione spaziale internazionale. Dal 2003 ad oggi, SpaceX ha ricevuto decine di miliardi di dollari, principalmente dalla Nasa e dal dipartimento della Difesa. Pochi minuti dopo la minaccia di Trump di annullare tutti i contratti del governo federale con Tesla e SpaceX, Musk ha risposto annunciando che avrebbe avviato immediatamente la dismissione della navicella spaziale Dragon, a oggi l’unico mezzo statunitense in grado di trasportare astronauti verso la Stazione spaziale internazionale. Poche ore più tardi, l’ex consigliere di Trump si è rimangiato tutto. Rispondendo a un utente che su X lo esortava a «calmarsi e fare un passo indietro per un paio di giorni», Musk ha scritto: «Ottimo consiglio. Ok, non dismetteremo Dragon».
Il crollo di Tesla (e del patrimonio personale di Musk)
Gli affari di Musk potrebbero subire un contraccolpo a prescindere da cosa farà davvero Trump in merito ai contratti con il governo federale. Nella seduta di giovedì 5 giugno, giorno della rottura definitiva tra il presidente americano e il suo ex consigliere, le azioni di Tesla sono precipitate in Borsa del 14,2% facendo perdere circa 152 miliardi di dollari di valore all’azienda. Secondo il Bloomberg Billionaires Index, il crollo in Borsa del colosso automobilistico ha fatto calare il patrimonio netto di Musk di circa 33 miliardi in un solo giorno. Il patron di Tesla resta di gran lunga la persona più ricca del mondo, con un patrimonio netto di 335 miliardi di dollari, ma ha appena subito una delle peggiori perdite di sempre.
Nel caso di Tesla, va detto che in realtà gli affari stavano andando piuttosto male anche durante il periodo di “luna di miele” tra Musk e Trump. Da quando l’imprenditore originario del Sud Africa si è avvicinato al presidente americano, la sua casa automobilistica ha subito un’importante emorragia di clienti, ha visto le proprie vendite crollare in Europa e ha dovuto fare i conti con diverse campagne di boicottaggio. Prima che i dissidi tra Musk e Trump diventassero di dominio pubblico, l’allontanamento dalla Casa Bianca era stato spiegato proprio con la volontà dell’imprenditore di tornare a occuparsi più da vicino delle sue aziende. Invece, almeno a giudicare dalla reazione dei mercati, Tesla continua a navigare in acque agitate anche dopo la fine del sodalizio tra il suo patron e Donald Trump.
Foto copertina: EPA/Francis Chung | Elon Musk, ex consigliere di Donald Trump, durante una conferenza stampa nello Studio Ovale, 30 maggio 2025
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