Crollo spread sotto 100 punti non interessa solo i mercati

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Nella seduta di ieri lo spread ha subito un crollo fino ai 94 punti base o 0,94% tra BTp e Bund a 10 anni. Dovremmo tornare indietro di oltre 4 anni per trovare un dato più basso. Il rendimento decennale italiano è sceso sotto il 3,50%, mentre a marzo era salito quasi al 4%. Con la Francia le cose vanno ancora meglio. I rendimenti italiani lungo la curva offrono un premio minimo da 15 anni a questa parte. Chi legge, può trovare di scarso interesse queste cifre. In fondo, si chiederà cosa cambi per la sua quotidianità. Tutta roba apparentemente per chi investe o chi campa di politica.

Non è per niente così e ve lo spieghiamo in modo semplice.

Rendimento in funzione del rischio

Cos’è questo famoso spread di cui parliamo da fin troppi anni e che sta registrando ultimamente un crollo impensabile fino a poco tempo fa? Gli investitori, compresi noi tutti, acquistiamo sul mercato titoli di stato per ottenere un certo rendimento. Più alto è il rischio che il governo non ce li rimborsi, maggiore il rendimento che pretendono. Se la Germania paga un tot percento e l’Italia il 2-3% in più per un titolo con simile scadenza, significa che, evidentemente, gli investitori ritengano il debito della seconda più rischioso.

Distanze ridotte con altri stati

Il crollo dello spread già in sé sarebbe una buona notizia. Implica che il rischio percepito si sta abbassando in relazione a quello degli altri stati europei. In questi anni è stato alto, perché abbiamo un debito pubblico notevole: 135% del Pil contro il 63% della Germania o il 113% della Francia. Il solo fatto di essere considerati meno a rischio default dovrebbe farci contenti.

Spenderemo di meno per emettere nuovo debito. Gli interessi risparmiati negli anni si tradurranno, ceteris paribus, in maggiore spesa pubblica legata ai servizi o minori imposte o minore deficit.

Non è tutto. Il settore privato ha bisogno ogni giorno di prestiti per investire (imprese) e acquistare beni durevoli (famiglie). Il costo dei prestiti è esso stesso legato ai rendimenti sovrani. Un’impresa che chiede soldi al mercato o in banca, pagherà un interesse a premio rispetto al tasso “risk free” per antonomasia, cioè al titolo di stato di pari durata. Più alto lo spread e più relativamente costoso il credito in Italia rispetto alle controparti estere. In pratica, noi tutti cittadini e imprese paghiamo un di più per investire e anche solo accendere un mutuo rispetto ai nostri colleghi francesi, tedeschi, ecc.

Crollo spread accresce competitività imprese

Ecco perché il crollo dello spread è una buona notizia. Esso ci consente di finanziarci a tassi più simili alle altre nazioni. A sua volta, ciò si traduce in una minore perdita di competitività per le imprese italiane. A tassi perfettamente uguali competeremmo alla pari. Più i nostri tassi sono maggiori e meno probabilità hanno le nostre imprese di competere con quelle straniere. Il trend positivo di questa fase riduce le distanze e libera possibilmente risorse nei bilanci aziendali.

Più investimenti equivalgono a maggiore crescita, la via principale per abbattere il rapporto tra debito e Pil, a sua volta indispensabile per alimentare l’ottimismo sui nostri titoli di stato.

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