Finti lavori per intascare i bonus. Nella trappola anche due riminesi

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Lavori edili mai eseguiti. Finte ristrutturazioni simulate per incassare sostanziosi bonus pubblici. Ci sono anche alcune famiglie riminesi tra quelle cadute nel trannello messo in atto da alcuni imprenditori, attivi nel ramo edilizio, denunciati dalla Guardia di Finanza. Le Fiamme Gialle di Treviso hanno accusato quattro persone di aver indebitamente percepito fondi pubblici per 2,2 milioni di euro col “bonus facciate“. Si tratta di un italiano (segnalato anche per reati tributari) e tre stranieri, tutti titolari di imprese edili sui quali sono partite le indagini dopo segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio che riguardavano la società edile trevigiana.

La Guardia di Finanza ha scoperto che i tre avevano simulato lavori di ristrutturazione delle facciate delle case di 24 persone. Tra di loro ci sarebbero almeno due riminesi, vittime loro malgrado dell’elaborata truffa portata a galla dai militari delle Fiamme Gialle. I ’clienti’, dal canto loro, hanno negato di aver mai conosciuto o concluso accordi con gli indagati, disconoscendo anche i presunti lavori edili su cui era stata richiesto il “bonus facciate” presente nel loro “cassetto fiscale” – consultabile dal sito dell’Agenzia delle Entrate.

Gli indagati, hanno scoperto le Fiamme Gialle nel corso dell’inchiesta, avevano quindi creato il falso presupposto per ottenere il credito, poi monetizzato dall’azienda trevigiana con la cessione diretta a Poste Italiane e ai tre imprenditori stranieri conniventi che hanno incassato. All’esito delle indagini la società trevigiana, peraltro non in regola con la presentazione delle dichiarazioni dei redditi, è stata anche sottoposta a verifica fiscale per recuperare a tassazione i proventi illeciti conseguiti e per constatare l’emissione di fatture per operazioni economiche inesistenti in favore di alcuni soggetti giuridici trevigiani.

Per compiere l’illecito, gli indagati hanno simulato lavori di ristrutturazione delle facciate di abitazioni sparse in varie province d’Italia. Oltre a Rimini, nell’elenco figurano anche Belluno, Bologna, Gorizia, Massa Carrara, Padova, Pisa, Potenza, Roma, Torino, Vercelli, Verona, Vicenza, Udine. Le indagini proseguono allo scopo di far luce su altri presunti episodi.



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