Correttivo: stop proroga Covid e stretta su Aiuti di Stato e attestazioni allegati

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Fine della proroga Covid: 85 giorni in meno dal 2026

Il testo definitivo del Decreto Correttivo approvato dal Consiglio dei Ministri il 4 giugno 2025 sancisce l’eliminazione, a partire dal 1° gennaio 2026, dell’automatismo della proroga di 85 giorni prevista dall’art. 3 c. 3 DL 228/2021 (conv. in L. 15/2022) per gli atti dell’Agenzia delle Entrate.

Questa proroga, introdotta per fronteggiare le difficoltà operative durante il periodo pandemico, ha inciso sul calcolo dei termini decadenziali per notifiche e accertamenti, generando un prolungamento extra dei termini ordinari. L’eliminazione dell’automatismo consente di ristabilire la certezza del diritto e il principio di legalità sostanziale, allineando i termini agli standard ordinari.

In concreto, la proroga di 85 giorni continua a produrre effetti per le dichiarazioni omesse relative all’anno d’imposta 2018, per le quali il termine di decadenza (settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata) scadrà il 31 dicembre 2025. Allo stesso modo, per le omissioni relative al 2017, il termine di decadenza con proroga Covid resta fissato al 31 dicembre 2025.

Diversamente, per gli accertamenti in rettifica – ovverosia  in caso di dichiarazione validamente presentata – l’assenza della proroga comporta che, a partire dall’anno d’imposta 2019, la scadenza tornerà al 31 dicembre del quinto anno successivo, cioè entro il 31 dicembre 2025. L’inefficacia della precedente proroga a cascata sarà rilevante anche per gli anni 2020 e 2021, risolvendo la questione che la Cassazione aveva riaperto estendendo a tutte le unità interessate la proroga Covid (Decreto n. 1630 del 23 gennaio 2025 della Prima Presidente della Corte di Cassazione). Si tratta, prima di tutto, di una regola di buon senso, perché la necessità di ulteriori 85 giorni per emanare un atto impositivo, a distanza di oltre 5 anni dalla presentazione della dichiarazione, può sembrare superflua.

Aiuti di Stato: otto anni per il recupero

Il nuovo impianto normativo rafforza il sistema di controllo e recupero degli aiuti di Stato, stabilendo un termine ordinario di otto anni per l’intervento dell’Amministrazione, calcolato dal momento della fruizione dell’agevolazione e non dalla scoperta dell’irregolarità.

Questa disposizione conferma quanto già stabilito dalla giurisprudenza, secondo cui l’onere di verificare e rispettare i limiti comunitari dell’aiuto grava già al momento della domanda e fruizione. Ne consegue che l’eventuale difetto di autorizzazione, di rispetto del massimale o di notifica all’Anagrafe nazionale degli aiuti (RNA), rende l’agevolazione revocabile anche a distanza di anni.

Il termine di otto anni si applica agli aiuti automatici o semi-automatici per i quali non è prevista una specifica autorizzazione preventiva alla fruizione, come crediti d’imposta, deduzioni e detrazioni fiscali non spettanti, agevolazioni fiscali come aliquote ridotte, esenzioni, tassazioni agevolate o imposte non versate, e contributi e incentivi ottenuti senza averne diritto.

In sintesi, il termine decorre:

  • per gli atti di recupero, dall’anno di percezione o violazione dell’aiuto;
  • per gli avvisi di accertamento, dall’anno di presentazione della dichiarazione.

Si tratta di una misura volta a dare certezza temporale al potere di controllo del Fisco, in linea con l’aumento delle contestazioni relative agli aiuti Covid percepiti tra il 2020 e il 2022.

Attestazione di conformità degli allegati nel PTT: chiarimenti

Un’importante novità riguarda il processo tributario telematico (PTT). Il decreto correttivo interviene sull’art. 25 c. 5-bis D.Lgs. 546/92, introducendo un nuovo obbligo per i difensori: nel caso di allegati trasmessi in formato digitale (PDF), il difensore dovrà attestare la conformità “all’originale” del documento analogico da cui è stato estratto.

La ratio della norma è coerente con la logica della trasposizione documentale: il difensore attesta ciò che ha materialmente acquisito in forma cartacea e che egli stesso ha trasformato in digitale (anche nel caso in cui l’originale sia cartaceo e venga trasportato nel processo digitale con scansione a cura dell’assistito). Non avrebbe senso, invece, attestare la conformità di un documento che è già nato digitale e non può subito alterazioni, che verrebbero rilevate dal sistema di firma digitale. Si tratta di una coerenza sistemica con quanto già previsto per il visto di conformità fiscale rilasciato dai commercialisti e dai CAF: anche in quel contesto, il professionista verifica un documento cartaceo presentato dal contribuente, per poi essere trasferito nei modelli dichiarativi a cura dell’intermediario.

La novità chiarisce le modalità di costituzione nel processo tributario, ma al tempo stesso valorizza la responsabilità del difensore, che diventa garante dell’autenticità documentale anche in assenza di firma digitale sull’allegato. Ne deriva una maggiore chiarezza sul piano probatorio e una riduzione del rischio di inammissibilità legata alla documentazione.

In sintesi, tra le varie novità, il decreto porta un pacchetto di misure che mira a rafforzare il principio di responsabilità, sia per il contribuente che per il difensore, in un contesto sempre più digitale, formalizzato e orientato alla certezza del diritto.



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