Il long Covid della Toscana: dal 2020 ripresa debole per l’economia

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Una crescita debole, un modello produttivo che scivola verso servizi a basso valore aggiunto (e bassi salari) mentre le piccole imprese della manifattura soffrono, e l’innovazione sviluppata dei centri di ricerca in Toscana non infonde nuova linfa nelle aziende: non c’è poi così tanto di nuovo, da un anno all’altro, nell’analisi della Banca d’Italia, che nel suo rapporto dedicato all’economia regionale vede un Pil 2024 cresciuto dello 0,6%, meno dello 0,7% nazionale. Una costante, dopo lo spartiacque del Covid: “Dopo la pandemia i tassi di crescita dell’economia toscana sono inferiori a quelli della media nazionale italiana”, ha osservato Vito Barone, responsabile della sede di Firenze di Bankitalia, illustrando i numeri del rapporto.

Dal 2020 il trend del valore aggiunto è sotto media nazionale

E’ proprio dal 2020, secondo i ricercatori, che il valore aggiunto in Toscana ha una dinamica inferiore alla media nazionale. “Dal 2007 al 2019 – ha sottolineato Giuseppe Albanese, nuovo capo area ricerca della sede – è stata sopra la media nazionale e del centronord: poi, in Toscana, la crisi pandemica è stata più forte e la ripresa più modesta”. Per Albanese quella toscana è una crescita debole riconducibile alla stagnazione del sistema industriale, con la crisi del sistema moda in primo piano: e se il fatturato delle imprese industriali è risultato stagnante nel 2024, con investimenti in riduzione, ancora un volta “il fatturato è aumentato per le grandi imprese, e diminuito per le piccole”. Una divaricazione ancora più evidente nell’export: l’1% delle aziende esportatrici toscane genera, da solo, i due terzi dei flussi in uscita.

L’economia toscana, peraltro, beneficia ancora della spinta del settore delle costruzioni: finita nel 2023 l’onda lunga dell’edilizia privata, con il venir meno di gran parte degli incentivi per le ristrutturazioni di casa, nel 2024 sono le opere pubbliche riconducibili agli investimenti del Pnrr a fare la parte del leone, con 2,4 miliardi di euro messi a gara – la gran parte aggiudicati – lavori avviati per la metà delle gare aggiudicate, e completati per un quinto. “La situazione toscana – ha osservato Albanese – è in linea con quella nazionale. Ancora c’è molto da fare, ed è probabile che nel biennio 2025-26 questo darà ancora una spinta positiva all’economia”.

Il calo dell’inflazione dà ossigeno alle famiglie

Nel 2024 l’occupazione regionale è aumentata (+2,5%, col tasso di disoccupazione sceso al 4%), ma il saldo positivo tra assunzioni e cessazioni si è ridotto rispetto all’anno precedente (di circa un terzo), soprattutto nell’industria in senso stretto e nelle aziende di più piccole dimensioni. La quasi totalità dell’aumento degli occupati ha riguardato contratti a tempo indeterminato, con una rilevante quota (presunta) di part-time; circa i due terzi delle attivazioni nette si è concentrato nei servizi e in particolare nei settori del commercio, dei trasporti e dell’alloggio e ristorazione.

Le retribuzioni hanno accelerato per effetto dei rinnovi di alcuni contratti collettivi: la dinamica in regione rimane inferiore a quella del Paese, stante il fatto che gli avviamenti sono concentrati in settori dove i salari sono più bassi. E dunque il reddito delle famiglie toscane è tornato a crescere in termini reali (+1,2%), soprattutto grazie al calo dell’inflazione: tuttavia il potere di acquisto delle famiglie rimane ancora al di sotto dei livelli del 2019. E Bankitalia conferma l’aumento del ricorso agli ammortizzatori sociali, principalmente per le difficoltà del sistema moda.

L’innovazione non si trasferisce all’industria

Ma oltre alle difficoltà recenti di una delle principali specializzazioni produttive del territorio, l’economia toscana paga oggi anche i fattori esogeni legati all’incertezza geopolitica, e ragioni anche di carattere strutturale, come il difficile rapporto con l’innovazione. Infatti, ha sottolineato Barone, la Toscana “è una regione in cui i centri universitari producono ricerca, producono brevetti, ma questa stessa innovazione non si trasferisce o non la ritroviamo nell’industria, nel tessuto produttivo della Toscana”.

Da qui la conclusione del responsabile della sede di Firenze di Bankitalia, con un messaggio inviato alle istituzioni: “I nodi strutturali sono due – ha detto – la frammentazione del sistema produttivo, e l’innovazione, soprattutto nei servizi. Non sono grandi novità, ma restano questi: sono gli aspetti che servono a combattere la rendita su cui questa regione vive”.

Segnali di vita dal credito (ancora di buona qualità)

In questo scenario, a marzo 2025 la domanda di finanziamenti in Toscana ha ripreso a crescere (+0,5%), per effetto della sostanziale stabilizzazione dei prestiti alle imprese e dell’accelerazione di quelli alle famiglie consumatrici. “Potrebbe essere un segnale di un rinnovato interesse per gli investimenti”, ipotizza Barone. Per quanto riguarda le imprese, i prestiti bancari lo scorso dicembre erano diminuiti dell’1,8%, in misura più accentuata per le aziende di piccola dimensione (-6,8). Il costo dei finanziamenti si è comunque ridotto sia per gli investimenti sia per l’operatività corrente. I prestiti erogati alle famiglie da banche e società finanziarie hanno accelerato già a fine anno (+1,5% a dicembre), grazie principalmente alla dinamica del credito al consumo (+7,2%) e alla ripresa dei mutui per l’acquisto di abitazioni (1,3%).

La qualità del credito, secondo il rapporto di Bankitalia, è rimasta pressoché costante su livelli storicamente elevati; è leggermente cresciuto il tasso di deterioramento dei prestiti alle imprese (2,2%), soprattutto quelle di piccole dimensioni (2,8%), mentre il valore dell’indice riferito alle famiglie è rimasto stabile allo 0,7%. Limitando l’analisi ai crediti bancari in bonis, il tasso di ingresso in arretrato è lievemente aumentato, rimanendo su livelli contenuti; il rischio percepito dalle banche ha continuato a scendere, mantenendosi tuttavia ancora al di sopra della media nazionale.





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