Perché la grande industria in Germania tifa Merz

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito
Abruzzo
Agevolazioni
Agrigento
Alessandria
Ancona
Aosta
Arezzo
Ascoli-Piceno
Aste L'Aquila
Asti
Avellino
Bari
Barletta-Andria-Trani
Basilicata
Belluno
Benevento
Bergamo
Biella
Bologna
Bolzano
Brescia
Brindisi
Cagliari
Calabria
Caltanissetta
Campania
Campobasso
Caserta
Catania
Catanzaro
Chieti
Como
Cremona
Crotone
Cuneo
Emilia-Romagna
Enna
Ferrara
Firenze
Foggia
Forli-Cesena
Friuli-Venezia Giulia
frosinone
Genova
Gorizia
Grosseto
Imperia
Isernia
Italia
La-Spezia
Latina
Lazio
Lecce
Lecco
Liguria
Livorno
Lodi
Lombardia
Lucca
Macerata
Mantova
Marche
Massa-Carrara
Matera
Messina
Milano
Modena
Molise
Monza-Brianza
Napoli
Novara
Nuoro
Olbia Tempio
Oristano
Padova
Palermo
Parma
Pavia
Perugia
Pesaro-Urbino
Pescara
Piacenza
Piemonte
Pisa
Pistoia
Pordenone
Potenza
Prato
Puglia
Ragusa
Ravenna
Reggio-Calabria
Reggio-Emilia
Rieti
Rimini
Roma
Rovigo
Salerno
Sardegna
Sassari
Savona
Sicilia
Siena
Siracusa
Sondrio
Sud sardegna
Taranto
Teramo
Terni
Torino
Toscana
Trapani
Trentino-Alto Adige
Trento
Treviso
Trieste
Udine
Umbria
Valle d'Aosta
Varese
Veneto
Venezia
Verbania
Vercelli
Verona
Vibo-Valentia
Vicenza
Viterbo


Nessuno lo dice apertamente, ma il mondo imprenditoriale tedesco la sua preferenza sul prossimo cancelliere ce l’ha: Friedrich Merz. L’articolo di Pierluigi Mennitti.

Nessuno lo dice apertamente, ma il mondo imprenditoriale tedesco la sua preferenza sul prossimo cancelliere ce l’ha. E sarebbe stato sorprendente se la maggior parte delle aspettative non fosse andata al candidato cristiano-democratico, quel Friedrich Merz che negli anni della sua assenza dalla politica è stato impegnato nel mondo degli affari in un consorzio come Blackrock. Quello che spaventa i movimenti (specie giovanili) di sinistra – lobbismo, frequentazione dei salotti del grande capitale – è per gli imprenditori garanzia di competenza economica e rapporti ad alto livello.

Pur se diplomaticamente coperti (gli imprenditori sanno di dover collaborare con qualsiasi governo e non amano esporsi politicamente), le preferenze vanno a Merz. Anche perché i suoi concorrenti diretti dei partiti tradizionali sono Olaf Scholz e Robert Habeck, il cancelliere e il ministro dell’Economia uscenti, esponenti cui gli industriali imputano parte delle responsabilità della crisi economica attuale.

Chiara (ed anche pubblicamente espressa) è l’ostilità verso qualsiasi integrazione dei partiti estremisti, sia del movimento di sinistra di Sahra Wagenknecht (che galleggia attorno alla soglia di sbarramento del 5%), sia soprattutto dei nazionalisti di AfD, cui invece i sondaggi accreditano – decimale più, decimale meno – il 20%. Qui si è insinuata una piccola spaccatura fra gli stessi industriali. Secondo un recente sondaggio di Handelsblatt, infatti, addirittura il 22% dei manager delle medie e piccole imprese (il famoso Mittelstand) guarda con simpatia il partito di estrema destra; ma fra i grandi gruppi industriali vige un rifiuto assoluto. Un paio di settimane fa, nomi del calibro di Roland Busch di Siemens, Christian Sewing di Deutsche Bank e Ola Källenius di Mercedes, hanno lanciato un vibrante appello contro la xenofobia e l’estremismo, sottolineando l’importanza di difendere i valori democratici e la diversità. Per l’economia, l’immagine di una Germania xenofoba e nazionalista è veleno, tanto più che le imprese hanno bisogno di manodopera qualificata straniera. Ma in questo caso contano anche i principi: la democrazia e la crescita economica sono interdipendenti, hanno scritto i dirigenti dei grandi gruppi, che appena un anno fa hanno dato vita all’iniziativa “Sosteniamo i valori”, appoggiata da oltre 40 aziende, tra cui molte del Dax. L’invito ai partiti democratici è a trattare fra di loro, escludendo ogni ipotesi di accordo con AfD.

Una posizione condivisa anche dal mondo finanziario. In report pre-elettorale pubblicato da Deutsche Bank l’ipotesi (considerata comunque praticamente impossibile) di una partecipazione di AfD al governo viene considerata come “rischio assoluto”.

Speranze e realismo agitano gli imprenditori. Per la grande maggioranza di loro il governo dei sogni vedrebbe i liberali dell’Fdp come partner ideale di un governo a due guidato da Cdu-Csu. Ma i liberali sono stati finora in tutti i sondaggi costantemente sotto la soglia del 5% e rischiano di non entrare neppure in parlamento. Così gli occhi sono rivolti ai partiti di centro-sinistra: i socialdemocratici, potenziali alleati dei conservatori in una riedizione della Grosse Koalition (sarebbe la quarta in sei governi) o i Verdi, in un’inedita (a livello federale) alleanza nero-verde. C’è un altro incubo, minore rispetto a quello di un governo con i nazionalisti, per che questo sì si fa sempre più minaccioso: il bisogno per Merz di imbarcare tutti e due questi partiti. Un nuovo governo tripartito che non partirebbe certo sotto i migliori auspici dopo l’esperienza fallimentare dell’esecutivo semaforo. Per i cultori della simbologia politica tedesca, si chiamerebbe governo Kenia, dai colori dei tre partiti uguali a quelli della bandiera keniana.

Sempre il report di Deusche Bank si sofferma sugli scenari possibili, puntando innanzitutto il dito sul dato più atteso che uscirà dal voto: il risultato dei partiti più piccoli, Bsw, Linke e Fdp. Dipenderà dalla loro capacità di superare la soglia di sbarramento, e quindi di conquistare seggi parlamentari togliendoli ai partiti più grandi, la suddivisione totale dei parlamentari e quindi il fatto che possa risultare matematicamente impossibile un governo a due. Il mondo economico teme questo scenario. Gli analisti della Deutsche Bank ritengono che, nel caso di trattative a tre, i negoziati per la coalizione potrebbero richiedere diverse settimane, con compromessi difficili. Per il momento, lo scenario più plausibile disegnato dalla banca tedesca è quello di una “grande coalizione” a due, con Cdu/Csu a braccetto con Spd, opzione ritenuta più solida per garantire stabilità. Ma non si escludono soluzioni a tre, come appunto la Kenya (Cdu/Csu-Spd-Verdi) o anche una Germania (con i liberali al posto dei Verdi, qualora l’Fdp dovesse superare il 5%). Ma il rischio paventato è di una litigiosità che potrebbe vanificare ambizioni e riforme. A meno che Cdu/Csu non ottenga un risultato talmente superiore a quello dei suoi potenziali futuri partner da poter di fatto imporre i propri programmi politici.

Che al mondo economico, in generale, piacciono. I capi d’azienda chiedono la riduzione della burocrazia e meno regolamentazione, tesi presenti nel programma elettorale di Merz. Secondo Deutsche Bank, un governo guidato da Cdu/Csu potrebbe perseguire tagli alle imposte sulle società e riduzioni dei prezzi dell’energia, mentre è improbabile una riforma pensionistica di rilievo. Gli analisti concludono prevedendo una crescita del Pil dello 0,5% nel 2025, con un potenziale di espansione più forte nel 2026 se aumenteranno gli investimenti finanziati dal debito. Senza tali riforme, la Germania rischia una stagnazione strutturale.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link