Fondi Ue, le Marche dal pantano allo scatto. E soldi spostati per non perderli

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ANCONA Con i bilanci sempre più ingessati, rappresentano la linfa vitale con cui le Regioni riescono ad intervenire sull’economia del territorio. Declinati in bandi destinati ai vari settori della vita produttiva e sociale, nelle Marche i fondi europei hanno avuto un percorso travagliato, fatto di battute d’arresto, traslazioni in altri capitoli di risorse che altrimenti sarebbero andate perse e capacità di spesa ridotta al lumicino.

Almeno fino ad un paio di anni fa, quando la Regione ha deciso di cofinanziare in blocco – con 120 milioni di euro – l’intero settennio 2021/2027 per far partire la programmazione subito con il piede giusto. Buona la seconda, insomma. Ed i risultati iniziano a vedersi. Rispetto al settennio 2014/2020, l’equazione è stata invertita: da ultimi in classifica siamo diventati i primi della classe, centrando il podio nazionale sia nel Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale) che nel Fse+ (Fondo sociale europeo).

Il bilancio

A fornire un aggiornamento ci ha pensato il Rapporto sullo stato di attuazione delle politiche europee per la sessione 2024 che ha esaminato la situazione al 31 dicembre dello scorso anno. Un rendiconto semestrale che dà la misura di quanto stia progredendo o meno la programmazione delle risorse che, nei 7 anni tra il 2021 e il 2027 ammonta a 881 milioni di euro tra Fesr (585,7 milioni) e Fse+ (296,1 milioni). Partiamo dal Fesr, che destina la maggior parte delle risorse a due capitoli: 307,4 milioni vanno a sostegno di ricerca, innovazione, digitalizzazione e competitività del sistema produttivo marchigiano; 223,9 milioni ad interventi in materia di energia, clima, prevenzione e gestione dei rischi, gestione delle risorse idriche e tutela della biodiversità. Un sostanzioso pacchetto che vede risorse attivate per il 71% del totale (417.219.615 euro) e già pagate per il 10% (58.433.021 euro). Quanto all’Fse+, i due macro capitoli che intercettano la maggior parte dei fondi sono le politiche di occupazione (104,6 milioni di euro) e di inclusione sociale (91 milioni). In questo caso, le risorse attivate sono 164.373.894 euro (56%) ed i pagamenti effettuati 50.080.608 euro (17%). Fin qui i freddi numeri, che raccontano di una programmazione a tappe forzate. Ma solo una volta completata potrà dimostrare se è stata davvero utile ad aumentare la competitività della nostra regione, scivolata nel gruppo di quelle in transizione. Perché finanziare bandi a pioggia non serve a nulla senza una strategia precisa alle spalle. Senza una visione complessiva che individui i segmenti su cui scommettere per rilanciare le Marche. L’altro aspetto, più prosaico, è lo scontro politico manicheo secondo cui o è tutto perfetto o è tutto da buttare. Della prima parrocchia è Andrea Putzu, consigliere regionale di FdI e presidente della commissione Sviluppo economico, secondo cui «quello delle Marche è un modello virtuoso nell’impiego e nella programmazione dei fondi europei».

Le posizioni

E ancora: «Siamo terzi in Italia per avanzamento del programma Fesr e primi per l’Fse+. Stiamo lavorando per semplificare le procedure attuative, per rendere più agevole l’accesso alle risorse europee così che arrivino il prima possibile alle imprese marchigiane». A fare da controcanto ci pensa il consigliere del Pd Antonio Mastrovincenzo, vicepresidente della stessa commissione, che ricorda come «questa giunta abbia trasferito risorse da Fesr e Fse 2014-2020 al Programma operativo complementare, un escamotage che ha consentito lo spostamento di 170 milioni di euro evitando sostanzialmente di perderli, visto che erano in forte ritardo e non si sarebbe potuto rispettare la deadline prevista dall’Ue». Da che punto guardi il mondo tutto dipende. Ma la matematica non è un’opinione e alla fine sarà lo stato di salute della nostra economia a fare da cartina tornasole, stabilendo chi aveva ragione.





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