Denatalità, un terzo delle imprese soffre la mancanza di ricambio generazionale

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In Italia, il 30,2% delle imprese è in condizione di criticità a causa dell’invecchiamento degli occupati e della scarsa presenza di giovani sotto i 35 anni. A rilevarlo è il Rapporto annuale dell’Istat. Questo fenomeno minaccia la continuità aziendale, soprattutto nelle microimprese e nei settori tradizionali, con possibili effetti negativi sulla produttività e sulla competitività economica.

Imprese a rischio: quando l’età degli occupati diventa un problema

Le imprese in condizione di criticità sono quelle in cui gli addetti con 55 anni e oltre rappresentano più della metà della forza lavoro e il rapporto tra lavoratori over 55 e under 35 è pari o superiore a 1,5. La mancanza di giovani nel mercato del lavoro aggrava la situazione, limitando il ricambio generazionale e l’innovazione interna.

Nel complesso, il 31,2% delle imprese ha più della metà degli addetti ultra 55enni, ma la larghissima maggioranza di queste non conta dipendenti sotto i 35 anni. Se si considerano gli addetti coinvolti, la quota di imprese critiche scende all’11,8%, poiché il problema è più concentrato nelle aziende di piccole dimensioni.

Le imprese con meno di tre addetti sono le più vulnerabili: il 35,1% si trova in condizioni di criticità. Queste realtà, spesso legate all’autoimpiego del titolare, si concentrano nei servizi. La quota scende al 17,4% per le microimprese (3-9 addetti), al 3,7% per le piccole aziende e allo 0,8% per le medie e grandi imprese. Complessivamente, le aziende critiche impiegano 2,1 milioni di persone, di cui 1,4 milioni operano in imprese con meno di 3 addetti.

Settori più colpiti dall’invecchiamento della forza lavoro

L’impatto dell’età avanzata dei dipendenti è maggiore nelle costruzioni e nei servizi, mentre risulta più contenuto nei comparti industriali. I settori a maggiore intensità tecnologica sono meno esposti, così come quelli con un forte ricambio occupazionale, come alloggio e ristorazione.
Un caso significativo è rappresentato dalle attività professionali, scientifiche e tecniche. Sebbene strategiche per la produttività e l’occupazione qualificata, queste imprese sono caratterizzate da dimensioni ridotte (in media 1,7 addetti). In questo settore, quasi un’impresa su cinque è in condizioni di criticità, coinvolgendo l’8,9% degli addetti.

Le difficoltà si concentrano negli studi legali e di contabilità, con il 26,3% delle aziende in crisi e il 18,7% degli occupati coinvolti, oltre alle attività veterinarie, seppur con impatto minore.

Come le imprese stanno affrontando il ricambio generazionale

Secondo la Rilevazione multiscopo associata al Censimento permanente delle imprese del 2022, l’8,4% delle microimprese (con 3-9 addetti) e il 13,2% delle piccole stanno già attuando strategie di ricambio generazionale per garantire la continuità aziendale e la competitività sul mercato.

L’innovazione e la digitalizzazione sono elementi fondamentali per le aziende che vogliono affrontare il problema dell’invecchiamento della forza lavoro. Le imprese senza criticità hanno livelli più elevati di digitalizzazione rispetto a quelle in difficoltà. Secondo il Censimento permanente delle imprese del 2018, il 56,5% delle aziende industriali e dei servizi ha investito in tecnologie digitali tra il 2016 e il 2018, ma solo due terzi hanno ottenuto benefici concreti. Diversi studi hanno dimostrato che la presenza di giovani lavoratori incide positivamente sulla probabilità di investire con successo nella digitalizzazione, indipendentemente dal livello complessivo di capitale umano. Inoltre, le imprese più produttive, con maggior fatturato e appartenenti a gruppi aziendali ed esportatrici hanno maggiori possibilità di innovare con successo.

Durante la pandemia, le tecnologie digitali hanno permesso alle aziende di riorganizzare la produzione e la vendita con maggiore flessibilità. La presenza di una forza lavoro giovane e qualificata ha amplificato gli effetti positivi di questo processo, favorendo la crescita e la resilienza aziendale.



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